giovedì 5 novembre 2015

DI CARRELLI, AMNESIE, MODA' E BAMBUCCI MONOMANIACALI

ATTENZIONE: questo post è stato pubblicato originariamente il 15 gennaio 2014. Lo ripropongo ora per rimediare ad un erronea eliminazione. Sorry.

Tra i buoni propositi per il nuovo anno, ci ho infilato pure quello di scoprire un orario in cui un rinomato supermercato, che chiameremo con l'enigmatico nome di Straesse (copyright di mio padre) per rispetto della privacy dei carrelli,  è abbordabile e non intasato. Ad oggi avevo provato la mattina presto (errore madornale, terra dell'Anzianotto Pensionato, che attende il suo turno avvinghiato alle serrande fin dalle 6.30, livido in volto per freddo e rabbia, perché nessuno gli apre. Soprattutto il lunedì mattina, quando l'apertura è pomeridiana), l'orario promiscuo tra le 17 e le 18.30 (doppio errore madornale con carpiato, l'orario dei lavoratori ordinari, che escono dagli uffici e piovono direttamente dentro il supermercato) e l'ora tarda, tra le 20 e le 21 (errore imperdonabile,
essendo un orario che accomuna un po' tutti, dal lavoratore finoatardi al discotecaro che si è svegliato una mezz'ora prima, al maschio cazzaro che "certo che li compro io i tovaglioli di carta, vuoi che non ci riesca?! Mi fai cretino?!" e si risveglia dal coma da Playstation alle 20.50). Ieri credevo di aver avuto il colpo di genio: le 14.30. Voglio dire, chi, a parte un disperato avvocato che ha ormai smarrito il concetto di pausa pranzo e di pranzo in generale e forse persino di alimentazione in generale, potrebbe mai avere opportunità e movente per fare la spesa a quell'ora.? Infatti, nessun altro. Il problema è che a Bologna gli avvocati sono più di quattromila, molti dei quali oggi stazionavano nel pregiato supermercato, come mi ha subito informato la sfilarata di borse Piquadro che mi colpivano ripetutamente le gambe e il gran svolazzare di eterei foulard animalier che riempivano i miei occhi. Il dato positivo è che gli avvocati, qualunque cosa facciano, la fanno al triplo della velocità di chiunque altro, per cui non si correva il rischio di rimanere bloccati nelle corsie da persone stanziate in maniera semipermanente davanti ai sacchetti del sale di Cervia, perché tutti sfrecciavano, frenetici e taglienti, dribblando i dipendenti Straesse, sempre a rischio di venire travolti  o mutilati .
Sopravvissuta al test di orario, mi sono trascinata la borsa della spesa fino alla macchina. Ogni volta faccio lo stesso errore: valuto se prendere o no il carrello, considero che alla fine devo comprare tre cose (cotone idrofilo, guanti di di lattice e yogurt), le quali pesano poco e non ha dunque senso trascinarsi dietro un bolide dalla ruota storta, quando posso usufruire del comodo cestino di plastica (sebbene la Straesse sia rimasta la sola ad avere cestini senza rotelline, che al secondo vasetto di di marmellata diventano insollevabili). Tutto giusto, non fosse per l'istinto da affastellamento compulsivo che mi invade superate le barriere dell'ingresso, in risposta al quale compro merce per almeno 30 euro, scegliendo accuratamente le cose più pesanti, tra le quali non mancano mai un paio di chili di pompelmi rosa e una confezione multipla di detersivo da lavatrice in bottiglioni. Solo quando ho pagato e tento di sollevare le maniglie del borsone, che paiono saldamente ancorate al pavimento, ricordo di avere parcheggiato la macchina all'angolo estremo del cortile. Credo che questo rapporto tra amnesia temporanea e acquisto improvvisato di merci pesanterrime meriti un approfondimento scientifico. 
Raggiunto gloriosamente il bagagliaio, mi siedo al volante e, tra un rantolo e l'altro, considero che nonostante tutto, mi sento positiva e piena di aspettative verso qualcosa di bello, che ancora non so cos'è. In cerca di una risposta a questa mia premonizione, pigio il tasto della radio ed è subito chiaro che il mio sesto senso non era indirizzato alla musica: speravo in qualcosa di ritmato ed allegro, mi imbatto invece nei Modà. La voce piangente del cantante latra addolorata il verso "Tuuuuuu...così forte e sola...tuuuuu" ed io mi ritrovo a riflettere sul perché del successo di questo gruppo, che oltre a fare armonie sempre abbastanza simili, sforna testi di cui spesso mi sfugge il senso e la grammatica. Già il precedente vaneggiare di campi di fragole non mi aveva convinto, ma stavolta sono andati oltre, perché a chi diavolo parla il nostro Francesco Silvestre, in arte Kekko (...) quando dice che lei lo attraversa? Ad un fantasma? Ad un'ex inviperita, che tenta di piallarlo con una schiacciasassi e uniformarlo all'asfalto della strada? Non sono un'esperta di rapporti romantici, ma se un tizio mi attraversa, io quantomeno mi preoccupo, fosse anche solo per l'italiano, che è un attimo ritrovarsi sui viali trafficati di Bologna, con lui che premurosamente ti aggancia dicendoti "dai la mano a Kekko, che t'attraversa".
Comunque, come ci sono le giornate no, ci sono pure quelle sì, che lo sono a prescindere dai fatti, Modà compresi, ragione per cui ho mantenuto intatto il mio umore gioioso fino al rientro in studio. Lì non c'è più stata gara, ha vinto lo sconcerto. La metamorfosi del vicino bambuccio del piano di sopra è ormai preoccupante, al limite dello sdoppiamento di personalità. Ricapitolando, il bambuccio nell'ultimo anno ha dimostrato una passione compulsiva per (in ordine di apparizione): a) abluzioni pomeridiane, con lodevole cura dell'igiene personale, ma dispendio di molti litri di acqua rumorosamente versati sulla mia testa; b) tutta la musica ad altissimo volume, da Jovanotti a Miles Davis, passione che aveva indotto più volte i miei colleghi a suonargli festosamente il campanello, al fine di esprimergli le più vive felicitazioni per la scelta del motivetto reggae con cui ha martellato i timpani di due scale di condominio per una settimana intera; c) nelle festività natalizie, forse per un richiamo alla natività, produzione artigianale di suoni, grazie al sesso più rumoroso che mi sia mai capitato di ascoltare; d) novità dello scorso pomeriggio, ripetuti esercizi al piano del manuale Clementi. Io sono contenta, davvero, che abbia inclinazione per così tante arti, dalla selezione musicale, all'utilizzo del proprio strumento, al suono del pianoforte, ha senz'altro una vita e una mente ricca, sebbene non sempre in maniera motivata. Però a tutto c'è un limite e io credo che, quando ti ritrovi a rimpiangere Kekko che, un po' cafonamente, interrompe la tipa che lo attraversa per spiegarle che "non esiste il mondo perché per prima esisti tu" (concetto pericolosissimo, da non esprimere ad alta voce, soprattutto nella fila spedizioni e pacchi degli uffici postali), si sia di fronte alla prova tangibile che quel limite è stato ampiamente superato.

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