domenica 11 ottobre 2015

LO SCONSIGLIO HORROR DELLA SETTIMANA: HONEYMOON

Ormai sono famelica di film dell’orrore, e lo sono con grande democrazia, spaziando dal capolavoro d'autore al finalista del Ciofeca Film Festival. Ho visto persino quel film, che credo si chiami Unfriended, in cui un fantasma uccide i compagni di liceo attraverso Facebook e Skype. Se non è apertura mentale questa.
Come al solito, lo sconsiglio di oggi è merito di un’oculata scelta dell’Inquisitore Spagnolo. Diciamocelo, con gli Anzianotti già entrati in letargo e la mia attuale impossibilità di andare in palestra, non saprei di che scrivere, senza di lui. Grazie, mio gramo compagno.
Questa settimana il mio sconsiglio horror è Honeymoon.
Un film del 2014,diretto da Leigh Janiak, che mi ha regalato zero brividi ma molte grattate: il fastidio urticante di questa pellicola ricorda da vicino i problemi primaverili con le fragole. Ma andiamo con ordine.
La storia inizia con la visione di un video di nozze, girato da due giovani sposini al termine della propria festa, in cui si alternano lui e lei a raccontare del loro primo incontro. Di lui, che non regge il cibo indiano e passa la nottata sulla tazza invece che, eventualmente, su di lei; e di lei, che si ammala proprio quando dovevano andare in campeggio (chiaramente un malanno opportuno, per schivare la tenda, l’umido e gli insetti. Massima comprensione), rovinando i piani di lui, che improvvisa una tenda con le lenzuola del letto di malattia di lei e lì sotto, tra aspirine e tazze di tè, le chiede di sposarlo. Ho provato subito un’antipatia spontanea verso questo siparietto e credevo fosse per la melassa da storiella di Dawson’s Creek. Ma poi ho capito che ad innervosirmi era soprattutto lei, con le sue smorfiette storte, quei capelli rossi, quelle ciglia chiare, praticamente bianche, che mi ricordano tanto una varietà di mucche allevata in alto Adige e…CAZZO È LA TIPA DI GAME OF THRONES! La protagonista del nostro vincitore settimanale dell’angolo dello sconcerto cinematografico è infatti l’attrice che impersona Yngritte in Game of Thrones (al secolo, Trono di Spade). Credevo di non sopportarla nella serie tv per via della parte che le avevano assegnato: una bruta vestita di pelli che fa la dura e la figa, senza averne titolo, spernacchiando tutto il tempo un disorientato Jon Snow, per poi finire a pronunciare la frase più riciclata, soprattutto in ambito comico, ovvero “tu non sai un bel niente Jonsnow”. Notare il nome scritto tutto attaccato, tanto nella serie lo chiamano quasi sempre così, come ad un appello scolastico, nome e cognome in fila.
E quindi è ufficiale, lei è antipatica di suo, anche spogliata di vello animale e con la pelle un filo più idrata di quando fingeva di vivere tra gli iceberg. Insopportabile. Sarà che fa pure un altro orrido siparietto, in cui giocano sul nome di lei, che è Bea e si pronuncia come Bee (ape) e lui la chiama ape regina e lei gli risponde facendo “bzzzz” e posandogli le dita, come un insetto vagante, sulle labbra. Sguardo intenso da “ci ameremmo tutta la vita, se questo non fosse un film horror e il finale non fosse destinato ad essere tanto tragico quanto smelenso è l’inutile prologo”. La mia mente invece non ha potuto evitare di correre con il ricordo ad un libro della serie Bridget Jones, credo fosse il primo, in cui lei, in un attimo di sconforto e per risollevarsi il morale, rispolvera dal passato il suo ex storico, che aveva lasciato e che continuava ad amarla, con il quale si chiamavano rispettivamente Apina e Vespino.
Terminto l'inutile siparietto da vomitata di gruppo, i due sciroccati sposi partono felici per una bella luna di miele in Canada, in uno chalet della famiglia di lei, all’interno di una foresta fitta e buia, con la compagnia soltanto di un videoregistratore molto vintage. Si capisce che non sono attenti e non hanno una buona cultura cinematografica: da che mondo e mondo, e comunque da oltre 10 anni, il binomio chalet nel bosco + videoregistratore ti fa subito The Ring e quello sì che faceva paura e quindi meglio dirottare la luna di miele su una bella spiaggetta di Cesenatico, luminosa e affollata. Ma loro niente, passano diversi minuti di film a trombare come se non ci fosse un domani, a chiamarsi “marito” e “moglie”, a preparare insieme colazioni che il mio cane rifiuterebbe e che Bastianich tirerebbe contro il muro, a fare giretti in barca sul lago deserto perché siamo fuori stagione, a ritrombare come se non ci fosse nemmeno un dopodomani.
Finalmente, dopo un periodo di tempo indefinito e comunque troppo lungo, succede qualcosa di losco: mentre i due sciroccati dormono con le tende delle finestre spalancate sul bosco, si vede all'esterno una luce fortissima, tipo faro, che inizia a percorrere la stanza, soffermandosi sui loro volti. Li  guardi perplessa e ti dici: ora si svegliano, hanno un faro da confine di zona militare puntato sugli occhi, se ne accorgeranno. Avranno mica le palpebre schermate in piombo? Forse sì, perché nemmeno si rivoltano nel sonno.
Poi capita la seconda cosa incomprensibile e allarmante della pellicola: lui si alza per andare a pescare. E viene subito da pensare che quelli con il faro fossero zombie e che gli abbiano mangiato il cervello. Perché per quale ragione un maschio, mingherlino, pallido, che non è mai stato in quella zona e che non aveva mai visto una barca in vita sua (al punto che al primo giro che fanno aveva buttato l’ancora senza prima legarla al mezzo) dovrebbe alzarsi alle 3 e 45 di notte, vestirsi, rubare una canna da pesca dalla collezione del padre di lei, facendo cadere tutte le altre, inciampare sulla soglia di casa rovesciando un secchio di vermi (tutto vero), per andare da solo e senza motivo alcuno a pescare? Per fortuna dura poco: il meschino esce nel bosco, constata che è un filino troppo buio, si gira rientra in casa e scopre che tutti gli orologi elettrici della casa, sveglia inclusa, erano saltati per un black out e che quindi era notte fonda. Probabilmente usare il cellulare sembrava troppo poco rude per uno che voleva giocare a Bear Grylls nei boschi canadesi.
Rientrato in casa scopre che lei è sparita. Dopo una serie di richiami a base di “bzzz”, smette di fare il minchione, capisce che la situazione è seria ed esce correndo nel bosco. Dove, come già detto, non è mai stato, che non conosce e che è buio come il fondo di un pozzo. Eppure magia, dopo molte inquadrature di urli la trova, nuda, in piedi su un mucchio di foglie, con il capo chino per cui ti aspetti che alzi il viso di colpo, rivelando un fantasma, piaghe incurabili, occhi bianchi o una maschera da ex presidente degli Stati Uniti, ma niente. Era solo sonnambula. Lui la riporta a casa in braccio e lei appare stranetta sin da subito, parla in maniera ancora più irritante, sembra smarrita e, ciò che più di tutto allarma il nostro Bear, non vuole più scopare. Niente. Nemmeno un assaggino di sesso orale, un po’ di petting, nulla di nulla. Finalmente, il nostro protagonista maschile si preoccupa seriamente e fa quello che ogni maschio del suo calibro fa quando è seriamente preoccupato da una situazione che non comprende: mette su il broncio. Invece di fare qualcosa, tipo portarla a forza in ospedale visto che si comporta come se fosse posseduta e, soprattutto, visto che ha strane ferite infette nell’interno coscia, lui fa l'offeso. E qui, in base alla mia personale esperienza di uomini demmerda, passiamo dall'horror al documentario di denuncia. Basta saperlo.

Come va a finire (pratica il salto del paragrafo se vuoi tenerti cara la sorpresa)

Si sarebbe portati a pensare che la parte in cui giocano agli sposi felici sia la più mortale, per i livelli di noia indotti. Invece, che dire, il meglio deve ancora a venire.
Recuperata Bea, stranita e graffiata, i due protagonisti cercano di riprendere da dove avevano interrotto, nonostante il broncio da duenne di lui. Cioè, sostanzialmente, cucinare cose improponibili con ingredienti lasciati lì dai nonni di lei e copulare ripetutamente. Ma lei pure è di colpo regredita all'età preadolescenziale, per cui oltre il bacio niente. Lui la becca anche mentre, da sola in bagno, recita allo specchio la balla preserva illibatezza che ha intenzione di rifilargli per la serata. Astuto come un cervo (cit.) le tende anche una trappola, le chiede che fine ha fatto la camicia da notte "speciale" che lei aveva portato e indossato la prima notte e che aveva addosso l'ultima volta che l'aveva vista prima della sparizione nel bosco. Notazione trascurabile ma necessaria: la camicia da notte "speciale" era un capo indecente, in tessuto acrilico, di quelli che consentono di accendere i fiammiferi sfregandoceli sopra. Lei, che pare in stato confusionale ma determinata a negare qualunque evidenza, dice di averla messa a lavare. Lui la tira fuori da dietro la schiena, dopo averla trovata nel bosco, cosparsa di un muco appiccicoso e trasparente davvero disgustoso.
Il film prosegue così per tanti, tantissimi minuti, con lei che fa cose strane (pare avere perso anche quei pochissimi rudimenti di cucina che aveva e brucia fette di toast meglio dell'Inquisitore Spagnolo), dimostra di non ricordarsi dettagli recenti della loro storia, non vuole fare sesso e tiene un quaderno in cui annota frasi ripetitive che la riguardano. A parte quest'ultimo particolare, gli altri farebbero pensare soltanto che ha capito l'errore fatto e vuole prendere le distanze il prima possibile dall'imbronciato compagno. Il nostro Bear, deciso ad andare a fondo della questione, va invece a trovare gli unici vicini che aveva individuato nei primi giorni, una coppia che gestisce un ristorante. Quando vi arriva è tutto buio, quasi abbandonato, lui è sparito e lei è sola, con faccia emaciata e sconvolta, e gli dice che il marito si è "nascosto" (particolare gustoso da tenere a mente). Bear, a cui non sfugge nulla, scopre che anche lei tiene un quadernetto su cui scrive ossessivamente frasi dello stesso genere dell'altra, cioè appunti su chi è, come si chiama e con chi è sposata. Come se non fosse più lei e avesse bisogno di ricordarselo, si potrebbe pensare. O come una che non ci crede di chiamarsi Bea e di aver sposato la versione bianchiccia di Bear, dico io.
Bear torna allo chalet e trova lei che cerca di infilarsi in vagina un tagliere da salmone. Non sto ironizzando, è il film. Pozza di sangue. Uno normale la piglia, la carica a forza sulla macchina, e la porta nel primo avamposto ospedaliero che riesce a trovare, anche per evitare la morte per emorragia prima della consulenza psichiatrica. Non Bear, però, che la trascina a forza fuori dal bagno, la lega al letto mani e piedi ed inizia ad interrogarla (con grandissima delusione dell'Inquisitore Spagnolo, che aveva sperato in un'inattesa svolta porno). Poi, in un impeto sadomaso, le infila una mano tra le cosce e la ritira coperta di quel muco schifosetto di cui sopra. Anche su incitazione di lei (che improvvisamente è ritornata in sé? Non è chiaro), va più a fondo nella faccenda e le estrae dalla zona pubica quello che sulle prime a me pareva un cordone ombelicale. Improbabile, con la pancia piatta di lei, ma plausibile rispetto alla teoria di un misterioso aborto, collegato alla sua passione per il legno infilato nei genitali. Dopo altri lunghi minuti di sfilamento di questo cavo, scena grazie a cui sappiamo già di che parlerà il prossimo Scary Movie, lo toglie tutto e si capisce finalmente cosa sia: una sorta di vermone, un lunghissimo parassita, con tentacoli ancora mobili in cima, che si era attaccato dentro di lei.
Momento di entusiasmo del pubblico: dai che adesso ci arriva e la porta in ospedale. O almeno butta il vermone lontano un paio di miglia per lo schifo e scappano. NO. Bear lo appoggia stancamente sul letto di fianco a lei e fa l'arrabbiato, come se fosse colpa di lei che va in giro ad infilarsi invertebrati parassiti nelle parti intime. Lei si libera ed inizia un altro penoso siparietto, con lei completamente imbrattata di sangue e muco, e lui che  gioca a I dolori del giovane Werther, mostrandosi musone e risentito perché lei è andata nel bosco, la famosa notte, a farsi penetrare da un vermone di incerta provenienza e non gli ha nemmeno chiesto se voleva andare con lei. La poverina tenta di spiegargli che non riusciva a dirglielo, ma quello tiene una testa di legno massello. Seguono altri minuti di conversazioni irritanti, in cui magari stava tutto il senso del film, ma ammetto che me li sono persi. Ero troppo impegnata a vedere fino a quanto riuscivo a disarticolare le mandibole nello sbadiglio per prestare attenzione. Saltiamo dritti alla scena finale, dove lei, nonostante l'eliminazione del vermone travestito da cordone ombelicale (ne aveva altri? Quello estratto le si è infilato di nuovo fino alle tonsille? Non c'entrava niente con la sua stranezza, era uno strano caso di tenia pelvica?), sembra di nuovo posseduta e, dopo aver preso a manganellate in testa lui e averlo lo stordito, lo lega mani e piedi e lo porta in barca. Lui si sveglia sereno e le chiede imbronciato che vuole fare. Lei, sempre impiastricciata di muco e sangue, gli dice che lo vuole nascondere e tenere al sicuro (ah-ah! Come il vicino scomparso con moglie emaciata!). Nel mentre, gli lega l'ancora ai piedi. E lui ancora la fissa torvo come chi pensa "sei una pessima moglie: spacchi i maroni e non ME LA DAI MAI". Ci vuole il lancio dell'ancora fuori bordo e il suo sguardo interdetto che va dalla corda che scorre veloce sul bordo della barca all'altro capo della stessa corda, saldamente legato ai suoi piedi, per dargli il tempo necessario a capire che lei lo sta per trasformare in una boa subacquea. Finalmente si rianima, scalcia e urla. E si arriva al vero paranormale: lei, piccolina e magra, che pare un grillo rossiccio, riesce a spingere fuori dalla barca lui, che per quanto tisico è alto il doppio, largo il doppio ed è, perdinci, un uomo. Stupore in sala, mentre lui scompare nell'acqua, tra molte bollicine.
Chiusura con scene che passano dal presente - con lei che, sempre in sudicia camicia da notte, sale nel bosco, di notte, insieme all'altra sciroccata moglie del vicino, verso la luce che si vedeva passare all'inizio sulle loro facce mentre dormivano - al passato, attraverso l'ennesima proiezione del video del matrimonio. Inquadratura finale con primo piano del suo viso, ora bianco e mangiucchiato, che fissa una sagoma apparentemente maschile stagliata nella luce che seguiva, mentre in sottofondo sempre lei, ma nel video, dice che prima era sola e ora non lo è più.

Il vero sconsiglio

Questa volta non c'è niente da salvare, questo film è uno sconsiglio purissimo. Noioso, ridicolo, fastidioso, per nulla spaventoso, ginecologicamente splatter, non si fa mancare proprio nulla per essere cestinato dai titoli di testa in poi. Eppure un motivo per parlarne c’è: è un film denuncia. Ciò che denuncia è un problema troppo a lungo taciuto, un dramma consumato nell’ombra di qualche colpo di scena da salto sulla sedia. Il dramma del Pallosissimo Prologo Felice. È una sorta di legge non scritta: tutti film horror di serie Z cominciano con un prologo felice, che serve a far vedere quanto stavano bene i nostri eroi prima di incappare nella strega/ostello/fantasma/demone/televisore impazzito. Non si sfugge a questa regola.
E più il film fa schifo, più il Pallosissimo Prologo Felice risulta allungato, smelenso e noioso. Ma Honeymoon credo detenga un record personale, perché possiede il prologo più lungo e noioso in cui mi sia mai imbattuta. Batte perfino i film horror per teenager, quelli che partono con un numero di amici tra 3 e 6, giovani carini e accoppiati ma pure un po’ promiscui, che si mettono in macchina ridendo sereni con la prospettiva di un week end fichissimo o di un favoloso viaggio post diploma e si avviano verso le braccia della morte più raccapricciante possibile. In Honeymoon metà del film è prologo felice. È come se avessero innestato Love story sul finale di un Jeepers Creepers a caso. Inevitabile la voglia di vedere entrambi i protagonisti finire in una pozza di sangue e budella macilente.
Questo film possiede anche la seconda, in ordine di fastidio, delle sciagure da horror: il finale controverso. Nelle ultime scene dovrebbe esserci la chiave di ciò che è loro capitato, ma in realtà non si capisce una sonora minchia. La spiegazione potrebbe essere di qualunque genere e andare da Jurassic Park ad Incontri ravvicinati del terzo tipo, passando per The Blair Witch Project. Quindi vi scongiuro, in nome della dipendenza trash: qualcuno lo guardi, oltre a me, e mi faccia la cortesia di dirmi cosa significa il finale. Che qui c’è gente che non dorme per la paura che regista e sceneggiatori non abbiano intenzione di fermarsi qui.


4 commenti:

  1. Film ridicolo,dialoghi pessimi, un film davvero da non guardare,non succede assolutamente nulla per tutta la durata del film! Ma zero di zero

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  2. Esatto. Eppure, per quanto incredibile, ne ho trovato uno peggiore. A breve la nuova recensione, con quello che già si annuncia come lo sconsiglio del 2016.

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  3. Mah,io titubante,tanto per non lasciare nulla al caso e per sfociare nel cliché,propongo una bella invasione aliena..la piglianno,la fecondano e poi track!fatto fuori il coniuge, si unisce alla setta only man degli alieni. Almeno si spiegherebbe perché solo donne vengono reclutate e i maschietti accoppati nel lago. Inoltre qualcuno mi spiega il motivo di portare microshorts giro passerina con ferite infette all'aria?! Credo davvero sia invasione alie a,almeno si giustificherebbe la frase finale in cui enuncia che la sua solitudine è finita..

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  4. bellissima recensione!! ahhahaha mi hai fatto proprio ridere :) e' quello che penso anche io di questo film, non si capisce tra i due protagonisti chi e' il piu' cretino...

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Sono cinica, ma non ottusa. Quindi, niente paura, dimmi cosa ne pensi!