venerdì 27 aprile 2018

LA GIORNATA WILMA GOICH



Peggio del GDPR, dei giorni uggiosi e delle scadenze di fine mese, per me, c'è soltanto la giornata Wilma Goich. 

Se considero che oggi devo affrontare le informative da GDPR, che il cielo è nero come se stesse arrivando la strega dell'Est, che devo regolare pagamenti e fatture di fine mese e che, senza ombra di dubbio, è una giornata Wilma Goich, mi viene solo voglia di rannicchiarmi in un angolo del piatto doccia a piangere tutte le mie lacrime. Tipo Ace Ventura.

Chi è Wilma Goich

Quando ero bambina, verso la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, andava fortissimo l'effetto nostalgia del ventennio '60/'70. Sarà stato merito dei Vanzina e dei vari Sapore di Mare, fatto sta che era tutto un fiorire di rotonde sul mare, di cieli nella stanza, perfino di animamianonandarevia. Gruppi e cantanti quasi tutti al maschile, tra cui spiccava lei, il caschetto biondo più a prova di bomba della televisione: Wilma Goich.

Wilma Goich ha avuto una carriera notevole, ha cantato i testi di grandi autori e ne ha scritti lei stessa. Ha pure scritto e cantato una cover della canzone The winner takes it all degli Abba e su questo ha davvero vinto tutto. S'è sposata Vianello, il che dimostra una tempra invidiabile. Prima ancora è uscita con Teo Teocoli, nonostante questi indossasse dei terribili dolcevita a collo alto infilati dentro i pantaloni, dando prova di grande tolleranza estetica. 

Ma soprattutto, Wilma Goich ha cantato Se stasera sono qui, scritta da Luigi Tenco. Una canzone che tradisce l'origine maschile nel verso "perché tu hai bisogno di me, anche se non lo sai".  Superata la fase da "io ti salverò", attraversata da tutte le donne della generazione Candy Candy, il verso che ha segnato la mia esistenza è stato un altro: per me essere qui è stato come scalare/la montagna più alta del mondo. Eccolo qui, l'Annapurna dell'esistenza. La giornata Wilma Goich.

La giornata Wilma Goich

Una giornata Wilma Goich non è semplicemente dura, non è solo faticosa, non è neppure semplicemente una sofferenza da brutto tempo. La giornata Wilma Goich è il Sacro Graal dell'alpinismo dell'anima; è quella giornata che non vorresti mai cominciare. Ogni passo della giornata Wilma Goich contiene il sudore e il bruciore ai polmoni di una corsa per la stazione centrale di Bologna, con il trolley sulla testa e le scarpe che scivolano sui gradini, all'inseguimento dell'unico treno in orario, il tuo. Qualunque compito, nelle giornate Wilma Goich, ti viene facile come ridare la maturità 20 anni dopo, senza preparazione e senza dizionari. 

Io le giornate Wilma Goich le riconosco così: guardo mia figlia, so che la devo vestire per accompagnarla all'asilo entro un certo orario e penso che non ce la farò mai. Non è un banale pensiero pigro o disfattista, è proprio la sensazione di dover affrontare qualche cosa che è molto al di là delle mie possibilità. Scegliere i vestiti, trovare il modo di infilarglieli senza averla prima incatenata ad un ceppo di quercia, portarla a scuola dribblando tutti i "mamma guarda!" e i "mamma, perché?". In effetti, facevo più fatica a riconoscere le giornate Wilma Goich quando non ero madre.

Nella giornata Wilma Goich qualsiasi cosa abbia più o meno tollerato in vita mia e fino a quel momento, dal pelo del cane in giro per casa fino all'Inquisitore Spagnolo che guarda Il federale e sentenzia che una volta i rapporti erano più veri (sponsored by: Sistavameglioquandosistavapeggio), diventa improvvisamente insopportabile. La mia intera esistenza è una maglietta di cotone grezzo sulla schiena ustionata dal sole. Voglio sfilarla e lanciarla il più lontano possibile.

Come sopravvivere alla giornata Wilma Goich

Di magliette in cotone grezzo me ne sono sfilate parecchie, negli anni. A volte ho fatto bene, altre penso che avrei potuto aspettare e ragionare un momento, prima di rimanere tette al vento. Perché nelle giornate Wilma Goich fare la cosa giusta è più questione di culo che altro. 

Sopravvivere alla giornata Wilma Goich è durissima ma non impossibile. Credo che il segreto ce l'abbia svelato proprio la cara Wilma, con la sua canzone: bisogna essere un po' montanari. Bisogna fare come quando si è partiti da appena mezz'ora, il sentiero comincia a stringersi e a essere soffocato dai pini mughi, il sole batte sulla testa, la cima non la vedi più perché ci sei sotto e tu continui a guardare l'orologio o l'altimetro per capire quanto manca al rifugio. Ogni passo è pesante e il respiro pare non adeguarsi alla salita. Che fai?

La tecnica della sosta rigenerante non funziona, te lo dico subito. Pensi con ottimismo che fermarti un attimo all'ombra di quell'albero e bere un sorso di acqua fresca ti darà nuova carica per proseguire. Magari appoggi pure le chiappe su quel sasso piatto e ti concedi un quadratino di Ritter Sport, che il cervello ha bisogno di zuccheri. Eh già. Peccato che non sia il cervello a portarti a spasso e quando riparti da una sosta di questo tipo scopri di fare ancora più fatica e ti ritrovi a fermarti di nuovo, poi di nuovo, poi un'ultima volta ancora e alla fine sentenzi che la montagna non fa per te e torni indietro. Ti salutano i monti, Heidi, che tanto la cima non la vedrai mai.

La tecnica dello sportivo in tessuto tecnico a volte funziona (le famose volte di culo, di cui sopra), a volte ti recapita al traumatologico più vicino. Perché voler essere forti a tutti i costi, veloci a tutti i costi, in forma smagliante sempre e comunque, porta a non ascoltare il proprio corpo. A non capire che ci sono momenti in cui la versione migliore di se stessi è quella col profilo più basso e meno figo.

Quindi io, alla fine, applico la tecnica di Sara che non ne ha: ogni tanto mi capitano, anche in montagna, le giornate in cui non vado. Le gambe non spingono, il fiato non si adatta, lo zaino non si posiziona bene sulla schiena. Quando realizzo che non è giornata, innesto la marcia Panda, lenta ed inesorabile, piccoli passi uno dietro all'altro, senza interruzioni. Mi concentro sul respiro, sull'adeguarlo al ritmo della camminata, non sul fatto di sentirmelo mancare. Canto nella mia testa una canzone che abbia il ritmo del mio passo (e che non mi faccia schifo) e mi concentro soltanto su quella, sul portarla avanti e andarci dietro. Non guardo la cima, non guardo l'orologio, non controllo l'altitudine, non cambio posizione allo zaino e no, non bevo. Perché non tutti i momenti di merda devono o possono essere risolti nel momento in cui li vivi. A volte devi semplicemente aspettare che passino per capire quello che ne vuoi fare.

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