ATTENZIONE: questo post è stato pubblicato originariamente il 23 gennaio 2014. Lo ripropongo ora per rimediare ad un erronea eliminazione. Sorry.
Dopo le guide dicembrine e queste ultime settimane, in cui il mondo si è appena ricordato che esiste una vita all'infuori di casa e del panettone, ne ho la certezza: Fiat non è un marchio, non è un acronimo, nè tanto meno il richiamo ad una squisitezza di cioccolato e grassi saturi. No, Fiat è un anatema, un incrocio ben riuscito tra un'imprecazione e una maledizione, ma di quelle temute, quelle che portano i presenti a sgranare gli occhi e toccare con mano salda legno, ferro o carne, a seconda della credenza vissuta come più autentica. Sul punto mi sento ingannata:
anni di rassicuranti pubblicità a sfondo maschilista-familiare, tentativi di associare i relativi mezzi ad un'immagine più giovane ed i(n)spirata come quella di Lapo e la verità è ben diversa. La verità è che, quando vedo quella quattro lettere davanti a me, mi si accappona la pelle, soprattutto se le sto guardando dall'interno della mia auto, perché dall'anatema vengono solo disastri. Che poi era da dire, Fiat è anche una forma verbale latina e, come insegna Harry Potter, tutte le peggiori maledizioni sono in quella lingua.
Dopo le guide dicembrine e queste ultime settimane, in cui il mondo si è appena ricordato che esiste una vita all'infuori di casa e del panettone, ne ho la certezza: Fiat non è un marchio, non è un acronimo, nè tanto meno il richiamo ad una squisitezza di cioccolato e grassi saturi. No, Fiat è un anatema, un incrocio ben riuscito tra un'imprecazione e una maledizione, ma di quelle temute, quelle che portano i presenti a sgranare gli occhi e toccare con mano salda legno, ferro o carne, a seconda della credenza vissuta come più autentica. Sul punto mi sento ingannata:
anni di rassicuranti pubblicità a sfondo maschilista-familiare, tentativi di associare i relativi mezzi ad un'immagine più giovane ed i(n)spirata come quella di Lapo e la verità è ben diversa. La verità è che, quando vedo quella quattro lettere davanti a me, mi si accappona la pelle, soprattutto se le sto guardando dall'interno della mia auto, perché dall'anatema vengono solo disastri. Che poi era da dire, Fiat è anche una forma verbale latina e, come insegna Harry Potter, tutte le peggiori maledizioni sono in quella lingua.
Le prove sull'efficacia dell'anatema sono quotidiane: se ho fretta perché ho un appuntamento e mi sono già goduta una mezz'ora di tangenziale intasata, dilapidando l'anticipo da ansia con cui parto da casa, e sto facendo psicologicamente conto sulle stradine senza semaforo che portano in studio, è garantito che al primo incrocio mi si piazza davanti una bella Punto a metano, color grigio smunto, dotata di cruise control, ahimè bloccato sui 35 chilometri orari. Alla guida un Candido Anzianotto, cranio soffuso di piumosa peluria bianca e altezza inferiore al metro e cinquanta, che inchioda ad ogni stradina/passo carraio/fermata di autobus vuota/rientranza per i bidoni dell'immondizia, nel dubbio che possa uscire qualcuno all'improvviso. Ne deduco che l'Anzianotto Candido è un credente di Star Trek, pensa che gli ostacoli si materializzino d'improvviso da una dimensione parallela e, nel dubbio, si astiene da ogni forma di circolazione ordinaria. Anche una volta verificato che nessun pedone assatanato sta per uscire a sorpresa dal bidone dei rifiuti organici, la ripartenza non è immediata. L'Anzianotto Candido deve prima fare mente locale sul fatto di essere in macchina, quindi la spegne nel tentativo di accenderla, perché credeva fosse spenta, poi passa alcuni minuti a preoccuparsi che la carburazione non funzioni, perché preme l'acceleratore a vuoto, infine si accorge che ciò su cui affonda il piede è in realtà l'alluce valgo della moglie, che giace addormentata e sbracata accanto lui. Segue un insulto borbottato pianissimo in direzione della donna, guai a svegliarla, che sono botte date con la borsa del lavoro a maglia e lì ci sono pure i ferri, dopodiché finalmente muove i primi timidi giri di ruota. Così per oltre 5 chilometri. Quando arrivo a destinazione il cliente, che all'epoca dell'appuntamento originale aveva 25 anni, mi accoglie con lo spumante perché è diventato nonno per la seconda volta.
Se capita la mattina che parto di casa rilassata, con meta in una via non distante, alla terza rotonda è quasi scontato che mi si pari davanti un bel Doblò. Purtroppo, essendo che a Longailand, Comune di Calderara, le prime due rotonde ce le hai nel cortile condominiale e la terza è di fianco ai parcheggi, è chiaro che non ho fatto molta strada quando l'Artigiano occupa il mio campo visivo con il suo mezzo. Sulle prime non mi allarmo, di solito l'Artigiano ha il piedino pesante e più fretta di me, per cui mi aspetto di vederlo scomparire all'orizzonte entro pochi secondi, il tempo di inserire la Velocità Smodata. Per questo motivo, unitamente al fatto che sto controllando nello specchietto come mi sta il lucidalabbra, quasi gli salto nel retro, realizzando così che la sua velocità di crociera oscilla tra i 40 e i 50 orari in strade di campagna che vedono più spesso ricci che non essere umani. Alle rotonde è ancora peggio, entra sicuro, ed io con lui, e poi inchioda in mezzo, anche se non c'è nessuno in vista per i due paesi successivi. Ad ogni incrocio spero di vederlo svoltare lontano da me, ma invano: il Doblò mi perseguita fino alla destinazione, salvo poi proseguire sereno e fischiettante.
Il mezzo più temuto, la regina delle maledizioni motorizzate, è la Panda. La Panda è il vero capolavoro Fiat, è il mezzo trasversale, l'asso pigliatutto che piace al Giovane Scanzonato come pure all'Anzianotto Pensionato, passando per l'Ex Giovane Attempatello. Una macchina che non ha età e non conosce fallimenti, piace sempre e comunque e, ciò che davvero è grave, resiste sempre e comunque. La Panda è come un De Beers, è per sempre, una volta entrata in una famiglia ci rimane per un minimo di due decenni buoni, passando di padre in figlio.Il che, tra l'altro, non è un detto maschilista, ma una solida realtà: la Panda, nonostante dimensione e recenti colorazioni, piace di più all'uomo di casa. Il suo essere così trasversale è la cifra della sua pericolosità. Quando una macchina così si pone tra te e il tuo destino non hai nessuna idea di cosa aspettarti: potrebbe trattarsi del tranquillo Pensionato, e qui si torna al punto sopra, ma potrebbe trattarsi anche del ragazzo con foglio rosa, che la P di Perchècazzoguidisustrada dovrebbe tatuarsela sulla fronte, o ancora dell'ex galeotto pluri sfregiato, che si immette tagliando la strada agli altri e facendo peli agli angoli della carrozzeria. Manovre per cui ci vuole della concentrazione e molte doti naturali, figuriamoci se in tutto questo poteva trovare anche il tempo di inserire la freccia. E comunque il fatto che al successivo semaforo si metta sulla destra non può essere elemento dirimente per escludere a priori che, sempre senza freccia, non abbia invece intenzione di girare a sinistra, che lui è libero di andare dove gli pare.
L'anatema circolante ha un nemico naturale e non sono io. Per citare De Andrè, le mie contromisure si limitano all'invettiva e a parecchia osservazione a scopo scientifico. Ma c'è chi si dedica con passione a combattere, insultare e sverniciare in velocità il possessore di Fiat: la sua nemesi, il Golfista. Qui non è colpa del mezzo, non è che uno diventa Golfista perché compra la relativa auto, bensì ci nasce (cioè un po' truzzo e incurante delle altrui esigenze esistenziali ) ed è questo il motivo per cui poi si compra proprio quel mezzo. Il Golfista mette le proprie chiappe sulla Golf non appena materialmente possibile, quindi in molti casi fin dai 17 anni e tre quarti. Da lì in poi lo attende una lunga (perché di solito il Golfista gli incidenti li causa, non li subisce) e gloriosa carriera fatta di dadi pelosi appesi allo specchietto, luci blu sotto la macchina, vetri oscurati, alettoni performanti sul tetto e minigonne ribassate. Queste ultime spero di averle chiamate nel modo giusto, non sono Golfista e non ho mai capito a che servissero, se non a rendere parecchio discutibile l'estetica del mezzo.
Si capirà, dalla tecnicità del mio linguaggio, che ho frequentato un Golfista e sono sopravvissuta per raccontarlo. Sicuramente a lui va il merito di uno svezzamento della mia guida, raggiunto con incoraggianti "ma dormi?! Lo vuoi superare?! Ci passa un treno in quella spazio!", nonché il vanto scientifico di aver messo fine ai miei problemi di mal d'auto, perché come lui soltanto il Blu Tornado di Gardaland. E poi un Golfista cambia tutta la tua prospettiva, ti toglie quel noioso vezzo di voler mantenere una distanza di sicurezza tra te e l'auto davanti e t'insegna che lo spazio d'arresto non è mai superiore ai 10 cm. Poi c'è anche tanto esercizio fisico: rotazione del volante con il ginocchio, con il gomito, con lo zigomo, cambio della marcia con colpo d'anca, il parcheggio in massimo due manovre nello spazio di un soffio (nel senso, parcheggio di così ridotte dimensioni che entra l'auto ed esce l'aria). Sono stati bei momenti, che lascio senza rimpianto perché 35 anni, quasi 36, è una stupenda età, ma non per lasciarci le penne. Il cuore, poi, non è più quello di una volta.
Oggi, per par condicio, sono passata ad un possessore di Fiat Punto a gpl. Non si tratta di un lavoro da badante per un arzillo signore di 80 anni, ma di appaiamento ad un giovane uomo di 32, che pensa sia normale guidare una macchina così con un discreto anticipo sul primo by pass. Conducenti di questo tipo sono rari, anche se mai abbastanza, stravaganti, ma esistono, e ti insegnano la bellezza della varietà: quella data dal guidare una deliziosa scatoletta di tonno, mentre gli altri vanno in macchina; quella di guidare ai 50 orari sulla trasversale di pianura (praticamente un'autostrada non ufficiale) e agli 80 nel traffico della San Donato; quella di stare sempre in coda a tutti, salvo effettuare il sorpasso di un macchinario agricolo soprannominato "il Mammut" in vetta ad un ponte, subito prima della discesa e con un incrocio ad appena pochi, trascurabili metri di distanza; quella di distrarsi nel meditare su chi abbia inventato i guard rail e fare un paio di chilometri a cavallo della linea di mezzeria. Chissà, se continuo in questa mia vertiginosa ascesa verso la sperimentazione più spregiudicata, non è escluso che finisca addirittura a testare un conducente di Multipla. Forse però è meglio evitare: certi mostri sacri vanno vissuti a rispettosissima distanza, hai visto mai che la pancetta e il doppio collo sfoggiati dalle carrozzeria siano contagiosi anche per i trasportati.
Il mezzo più temuto, la regina delle maledizioni motorizzate, è la Panda. La Panda è il vero capolavoro Fiat, è il mezzo trasversale, l'asso pigliatutto che piace al Giovane Scanzonato come pure all'Anzianotto Pensionato, passando per l'Ex Giovane Attempatello. Una macchina che non ha età e non conosce fallimenti, piace sempre e comunque e, ciò che davvero è grave, resiste sempre e comunque. La Panda è come un De Beers, è per sempre, una volta entrata in una famiglia ci rimane per un minimo di due decenni buoni, passando di padre in figlio.Il che, tra l'altro, non è un detto maschilista, ma una solida realtà: la Panda, nonostante dimensione e recenti colorazioni, piace di più all'uomo di casa. Il suo essere così trasversale è la cifra della sua pericolosità. Quando una macchina così si pone tra te e il tuo destino non hai nessuna idea di cosa aspettarti: potrebbe trattarsi del tranquillo Pensionato, e qui si torna al punto sopra, ma potrebbe trattarsi anche del ragazzo con foglio rosa, che la P di Perchècazzoguidisustrada dovrebbe tatuarsela sulla fronte, o ancora dell'ex galeotto pluri sfregiato, che si immette tagliando la strada agli altri e facendo peli agli angoli della carrozzeria. Manovre per cui ci vuole della concentrazione e molte doti naturali, figuriamoci se in tutto questo poteva trovare anche il tempo di inserire la freccia. E comunque il fatto che al successivo semaforo si metta sulla destra non può essere elemento dirimente per escludere a priori che, sempre senza freccia, non abbia invece intenzione di girare a sinistra, che lui è libero di andare dove gli pare.
L'anatema circolante ha un nemico naturale e non sono io. Per citare De Andrè, le mie contromisure si limitano all'invettiva e a parecchia osservazione a scopo scientifico. Ma c'è chi si dedica con passione a combattere, insultare e sverniciare in velocità il possessore di Fiat: la sua nemesi, il Golfista. Qui non è colpa del mezzo, non è che uno diventa Golfista perché compra la relativa auto, bensì ci nasce (cioè un po' truzzo e incurante delle altrui esigenze esistenziali ) ed è questo il motivo per cui poi si compra proprio quel mezzo. Il Golfista mette le proprie chiappe sulla Golf non appena materialmente possibile, quindi in molti casi fin dai 17 anni e tre quarti. Da lì in poi lo attende una lunga (perché di solito il Golfista gli incidenti li causa, non li subisce) e gloriosa carriera fatta di dadi pelosi appesi allo specchietto, luci blu sotto la macchina, vetri oscurati, alettoni performanti sul tetto e minigonne ribassate. Queste ultime spero di averle chiamate nel modo giusto, non sono Golfista e non ho mai capito a che servissero, se non a rendere parecchio discutibile l'estetica del mezzo.
Si capirà, dalla tecnicità del mio linguaggio, che ho frequentato un Golfista e sono sopravvissuta per raccontarlo. Sicuramente a lui va il merito di uno svezzamento della mia guida, raggiunto con incoraggianti "ma dormi?! Lo vuoi superare?! Ci passa un treno in quella spazio!", nonché il vanto scientifico di aver messo fine ai miei problemi di mal d'auto, perché come lui soltanto il Blu Tornado di Gardaland. E poi un Golfista cambia tutta la tua prospettiva, ti toglie quel noioso vezzo di voler mantenere una distanza di sicurezza tra te e l'auto davanti e t'insegna che lo spazio d'arresto non è mai superiore ai 10 cm. Poi c'è anche tanto esercizio fisico: rotazione del volante con il ginocchio, con il gomito, con lo zigomo, cambio della marcia con colpo d'anca, il parcheggio in massimo due manovre nello spazio di un soffio (nel senso, parcheggio di così ridotte dimensioni che entra l'auto ed esce l'aria). Sono stati bei momenti, che lascio senza rimpianto perché 35 anni, quasi 36, è una stupenda età, ma non per lasciarci le penne. Il cuore, poi, non è più quello di una volta.
Oggi, per par condicio, sono passata ad un possessore di Fiat Punto a gpl. Non si tratta di un lavoro da badante per un arzillo signore di 80 anni, ma di appaiamento ad un giovane uomo di 32, che pensa sia normale guidare una macchina così con un discreto anticipo sul primo by pass. Conducenti di questo tipo sono rari, anche se mai abbastanza, stravaganti, ma esistono, e ti insegnano la bellezza della varietà: quella data dal guidare una deliziosa scatoletta di tonno, mentre gli altri vanno in macchina; quella di guidare ai 50 orari sulla trasversale di pianura (praticamente un'autostrada non ufficiale) e agli 80 nel traffico della San Donato; quella di stare sempre in coda a tutti, salvo effettuare il sorpasso di un macchinario agricolo soprannominato "il Mammut" in vetta ad un ponte, subito prima della discesa e con un incrocio ad appena pochi, trascurabili metri di distanza; quella di distrarsi nel meditare su chi abbia inventato i guard rail e fare un paio di chilometri a cavallo della linea di mezzeria. Chissà, se continuo in questa mia vertiginosa ascesa verso la sperimentazione più spregiudicata, non è escluso che finisca addirittura a testare un conducente di Multipla. Forse però è meglio evitare: certi mostri sacri vanno vissuti a rispettosissima distanza, hai visto mai che la pancetta e il doppio collo sfoggiati dalle carrozzeria siano contagiosi anche per i trasportati.
Secondo me, dalla domanda "chi ha inventato il guardrail", deve essere un ingegnere...
RispondiEliminaAnche se forse l'ingegnere si sarebbe chiesto chissà quanto regge il guardrail...con tentazioni sperimentali successive...
Trattasi di perito meccanico, non so se i due ambiti siano in qualche modo vicini. Sicuramente ha una mente non convenzionale e molta (troppa) fantasia.
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