venerdì 9 ottobre 2015

DI SETTEMBRINE MALINCONIE E FASTIDIOSI BAMBUCCI

ATTENZIONE: questo post è stato pubblicato originariamente il 9 settembre 2013. Lo ripropongo ora per rimediare ad un erronea eliminazione. Sorry.

Bello l'autunno, con la sua idea di qualcosa che ricomincia per tutti. Tecnicamente, lo so, non siamo affatto in autunno e non ci saremo ancora per un po' e sento fin da qui le grida indignate di quanti non sono ancora andati in vacanza, stanno per e non ne vogliono sapere di sentirsi dire che partono che è già autunno. Se ne facciano una ragione, le stagioni sono argomento incerto e visto che diamo per assodato che le mezze non ci sono più, allora io faccio partire l'autunno a sentimento, cioè quel sentimento di malinconia-freschino-buiopresto che tanto mi piace e mi riempie di aspettativa.
Il che prova che il tempo passa per tutti (osservazione di inaudita originalità, si comincia con il citare gli umarelli e si finisce per camminare con le mani giunte sulla schiena): finchè c'era la scuola l'aspettativa era un sentimento riservato soprattutto ai mesi di aprile-maggio, quando si cominciava a sentire in lontananza l'odore del mare di giugno con tutto quel che ne poteva venire; all'università l'aspettativa mi slittava quasi tutta verso luglio, tempo di ultimo appello e di qualche fuga vacanziera in montagna; durante il mio periodo di collaborazione in altrui studi legali l'aspettativa era definitivamente fissa con lo sguardo su agosto, unico periodo di lungo distacco dal lavoro, dalle scadenze, dalle cancellerie.
Oggi, che nella mia vita non è più fisso nemmeno l'arredamento della mia camera da letto (mi piace ruotarlo di tanto in tanto, mi dicono non essere un buon segno di equilibrio e stabilità) l'aspettativa l'ho parcellizzata a casaccio durante l'anno e compare quando pare a lei, di solito quando meno ne ho sentore, ad esempio in questo periodo. Non devo andare in vacanza da nessuna parte, non sto per mollare lo studio e dare fuoco ai faldoni, eppure l'inizio di settembre non mi mette il senso di tristezza da crollo imminente del benessere e inizio di un altro lungo periodo di apnea. Non mi viene da piangere a vedere gli ombrelloni chiusi sulla spiaggia, nè mi trema il mento al rumore della serranda della sala giochi in cui andavo da bambina che chiude fino al prossimo maggio. Al contrario, tutto questo mi mette gioia e aspettativa. 
Non è che sono sadica e mi piace vedere gli altri soffrire di mal da fine dell'estate (be', sì, magari un pochino, ma soltanto per una cerchia selezionatissima di fieri rompiballe), è proprio che ricollego l'autunno a sensazioni piacevoli, di inizio di un nuovo anno, attività in cui settembre è molto più ferrato di gennaio. Riprendere la scuola come riprendere le lezioni all'università mi è sempre piaciuto, mi pareva un passo in più verso la mia crescita (prima che la bastarda si facesse cambiare il nome, a mia insaputa, in "invecchiamento"), ugualmente mi piaceva ritornare in studio dopo la chiusura estiva, all'epoca in cui ancora credevo che il mio impegno sul lavoro avrebbe prodotto un riconoscimento, magari economico, magari superiore ai 200 euri mensili lordi. Era pure però, lo ammetto, lo stesso periodo in cui non capivo cosa facesse ridere nella frase "lei suona il piano, lui la tromba", tanto in voga tra i miei allora amici, frase che per le mie orecchie, angeliche ed un filo stordite, parlava soltanto di due distinte passioni musicali. 
Altri tempi, altra capacità di analisi, altri problemi. Ma l'aspettativa di settembre la sento ancora oggi e mi piace. Nella sua aria fredda, nel suo sole tiepido, nella sera che scende prima e tu credevi soltanto di non aver aperto gli scuri (mica avevi capito che era già finita la luce), ci sento la speranza per cose che ancora non so, ma che mi piacciono già. Anzi, una la so: ho la forte, determinata speranza che quel portatore sano di mononeurone ipotrofico che è il bambuccio rintanato nell'appartamento sopra al mio studio torni alla scuola, all'università, al carcere, al campo di estirpamento barbabietole da cui è stato prematuramente strappato causa vacanze ed ivi risieda il più a lungo possibile, impegnato in qualsiasi attività gli garbi, anche se penalmente rilevante, purchè la smetta di allietare tutte le mie ore lavorative con la sua scelta musicale, la quale è senz'altro vasta (andiamo dal jazz, all'house, al rock, al raggae, ai musical di Sir Andrew Lloyd Webber), ma pecca di volume smodato e regolazione dei bassi effettuata sul presupposto di una riedizione moderna di "Anna dei miracoli", in cui è lo stereo a dare la scossa definitiva alla povera bimba. Esperimenti che il giovane di speranze più che bruttine pare riservare all'estate. Durante l'inverno, infatti, quasi non mi accorgo della sua esistenza, non fosse per la sua insana passione per le abluzioni pomeridiane, che lo porta a far scorrere acqua in una vasca per almeno un'oretta. Il che porta me alla considerazione successiva: o la vasca l'ha comprata dalla Pellegrini ed è dotata di 6 corsie da 50 metri e relativi blocchi per il tuffo di partenza, o il poverino non ha mai risolto problemi di matematica alle elementari e per questo non conosce l'uso del tappo.Ma pazienza: meglio il rasserenante scroscio dell'acqua che quei beoti dei genitori si troveranno meritatamente a pagare, che le urla di Marilyn Manson in hd. Se scopre Cristina D'avena giuro che sposto lo studio. 

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