lunedì 3 febbraio 2014

APPASSIONATA CRITICA CINEMATOGRAFICA IN CUI PARLO DI "AL DI LA'DI TUTTI I LIMITI" E NE SVELO IL FINALE, OLTRE AD UN ACCENNO PURE AL FINALE DI "AMERICAN PSYCHO". CHI NON LI HA VISTI, LEGGA A SUO RISCHIO E PERICOLO E CONTINUI COSI'.

Nei cestoni dei dvd a 2 euro e 99 che ogni tanto espongono nei supermercati, ho trovato un film che non avevo mai nemmeno sentito nominare: Al di là di tutti i limiti, tratto dal romanzo Less than zero di Bret Easton Ellis. Non so come mai, ma gli anni '80 hanno un certo nostalgico potere su di me, anche se all'epoca ero una bambina e non si può certo dire che li abbia vissuti. Inoltre, non mi capita spesso di trovare film che non ho mai nemmeno sentito nominare. Tutto questo, unito al fatto che la locandina esponeva un Robert Downey Jr. ultra giovane e labbruto, un Andrew McCarthy dall'occhio spiritato e deliziosamente chiaro
e un James Spader ingellato e viscido, mi ha convinto all'acquisto. Il cast annoverava anche una giovane Jemi Gertz, che io non ho mai sopportato, ma ho sperato fosse di scarsa rilevanza.
Finalmente ieri sera riesco a guardarlo. La storia è subito di un telefonato incredibile: tre amici, cioè appunto il buon Robert, il buon Andrew e la simpaticissima Jemi, conquistano il diploma in un liceo fighetto di Los Angeles e festeggiano a suon di champagne, tra genitori divorziati, assenti ingiustificati, bancomat viventi, pronti a conquistare il mondo. Per l'occasione, si fanno una caratteristica foto da trafiletto di cronaca, cioè una di quelle foto che sembrano scattate apposta per corredare sul giornale l'annuncio della morte dei protagonisti. A questo punto, e siamo solo ai primi 5 minuti di film, si apre il toto scommesse su chi dei tre morirà per primo. Considerata l'aria da pazzo, il fatto che accompagna all'aeroporto l'amico, che parte per il college, vestito solo di una svolazzante camicia aperta sul davanti e che, invece di studiare, vuole dedicarsi alla discografia/apertura locali (?), Robert Downey Jr si candida immediatamente come il più ammazzabile. Ma mi pare talmente scontato che mi aspetto la svolta tutta opposta.
La storia compie un balzo di sei mesi avanti, alle prime vacanze di natale post diploma, dove troviamo il compunto McCarthy che torna a casa dal college, con un bel taglio di capelli e una collezione di giacche una più larga dell'altra. Con una serie di studiati flash black, apprendiamo che la bella Jemi, che era sua fidanzata e che lo aveva scaricato alla vigilia della partenza per l'università per restare a fare la modella a Los Angeles, dopo pochi mesi dalla sua partenza, si era già consolata con il sobrio Robert. Scatta quindi il triangolo, in un'alternanza di gelosia e forte legame amicale, il tutto servito con un contorno di droghe sniffate nei locali più alla moda, genitori superficiali e menefreghisti ma imballati di soldi all'inverosimile, macchine e appartamenti di lusso. Cioè gli stessi, avvincenti temi con cui Beverly Hills 90210 ci ha martoriato gli attributi per oltre dieci anni, gli stessi argomenti riciclati pure da Dawson's Creek, sebbene in versione meno abbiente e più piagnona. 
Siamo sì e no alla prima mezz'ora di film, quindi ancora non ho perso la speranza che la trama sia un'altra, anche perché da oltre dieci minuti Jemi Gertz la va menando in ogni inquadratura che Andrew McCarthy deve assolutamente salvare il loro amico Robert che è in guai grossi, molto grossi, davvero molto grossi. Insomma, grossi. Io guardo il bel Robert, che fuma crack in tutti i luoghi e in tutti i laghi, senza nascondere minimamente questa sua passione. Poi guardo il bel Andrew, che ritornato a Los Angeles saluta amichevolmente lo spacciatore del gruppo, il viscido James Spader, come se svolgesse un'attività un po' schifosetta ma tutto sommato lecita. E mi dico: non è possibile che i grossi guai di cui parla la simpaticissima Jemi siano di dipendenza dalla droga, ogni volta che li cita sembra accennare ad un segreto turpe ed inconfessabile, mentre qui la coca circola che è uno spettacolo, ci sarà dell'altro. La stessa Jemi pippa serena ad ogni angolo di strada, quindi ci deve essere dell'altro, per forza, qualcosa che ha indotto i critici cinematografici a definirlo un bel film.
Non c'è. I guai molto grossi, ci rivela Jemi dopo infiniti passaggi da feste mondane e piscine (con scena vagamente scopiazzata da Il Laureto), sono proprio quelli di droga, in conseguenza dei quali il bel Robert è sempre strafatto, stra sudato, con la stessa camicia per tutto il film, dedito a marchette, con delle lesioni biancastre agli angoli della bocca davvero impressionanti e con la matita per gli occhi che gli cola. Il collegamento tra uso di droghe-applicazione della matita per gli occhi, lo ammetto, mi è completamente sfuggito. Tra una vomitata e l'altra i tre superano la crisi di astinenza dell'amico in una sola notte. Segue parentesi felice in cui sembra che tutto si risolva: Andrew e Jemi parlano di sposarsi, Robert abbraccia entrambi (forse un po' di più lei, ma son dettagli) promettendo sobrietà ed impegno, si riconcilia pure con il padre, altro abbraccio, promessa che il papi gli coprirà tutti i debiti contratti con l'ingellato spacciatore. Tra l'altro, sarà un caso, ma il ricco genitore è interpretato dallo stesso attore che qualche anno dopo farà il rettore dell'Università frequentata da quel Topolino secchione di Brandon, in Beverly Hills 90210. 
Se il film fosse davvero finito così, l'avrei giudicato originale. Invece ovviamente no, perché Robert decide di andare a spiegare allo spacciatore che ora è sobrio e papino pagherà tutto (in sottofondo la voce di Aldo Baglio che esclama "non ci andare!Non ci andare!"), ci ricasca (ma dai?) e si fa un bella pipetta di crack, a seguire marchetta salda-conto, a seguire intervento maschio di Andrew che lo trascina via, si scazzotta con James Spader e finalmente gli dice che è un viscido (e, probabilmente in una scena tagliata, gli urla anche la verità e cioè che stava meglio con la cofana cotonata che sfoggiava in Bella in rosa, dove pure finivano a sputarsi in faccia) e poi via, tutti e tre gli amici, a bordo di una cabriolet rosso fuoco, attraverso il deserto. Dove, dopo qualche ora di viaggio, finalmente, come annunciato fin dai titoli di testa, Robert schiatta di overdose, con la matita per gli occhi che gli cola sullo zigomo. Piange Andrew, piange Jemi, la chiudevano qui ed eravamo a posto. Ma no. A sorpresa mi ritrovo la scena di commemorazione del defunto, al cimitero, con i due superstiti seduti su una panchina e Andrew McCarthy che indossa degli occhiali da sole improponibili e muove la testa a scatti come se fosse Ray Charles. Mi ha fatto persino venire il dubbio che mi fossi persa qualcosa e che lui fosse diventato cieco, magari a seguito di un mal riuscito tentativo di distribuirsi la matita nera nella palpebra inferiore in ricordo dell'amico defunto. Colpo di scena finale: i due cominciano a parlare e realizzo che la scena è in lingua originale, non doppiata, forse perché inedita. Tale poteva restare, ai fini del racconto non aggiunge una mezza virgola, se non un ricordo di quanto era tosto Robert quando erano bambini e la richiesta a Jemi di venire via con lui, verso una bella e ricca università dell'Est, dove le droghe non esistono e gli uccellini volano in alto nel cielo. Stacco su viale palmato e decappottabile in corsa, fine.
Pochi i punti interessanti della vicenda:
a) ambientazione e musica anni '80 davvero notevoli, ti fanno venire voglia di acquistare capi a pois e non guardare mai più un film se non c'è Molly Ringwald ad interpretarlo;
b) la scena inedita mi ha svelato che il bel Andrew McCarthy, per cui avevo già una cotta a dieci anni, ha una ridicola vocetta acuta e strozzata, per la quale dovrebbe correre a stringere la mano al suo doppiatore italiano;
c) il fatto che abbia trovato tutte le mìse di Jemi Gertz interessanti, per nulla datate, a tratti ammirevoli, conferma il terribile dubbio che covavo in segreto: gli anni '80 stanno tornando, striscianti e subdoli. Ci hanno venduto che le panta sono sexy chiamandole leggins, tra un po' ci ritroveremo a pensare che le spalline sotto il maglione non sono poi così grottesche, puntualizzando che sono una cosa diversa da quelle di una volta, perché non sono spalline ma shoulderings;
d) mi sono fatta un giro di immagini in internet e, a dispetto del reale consumo di droghe, ho potuto verificare che Robert Downey Jr.è più figo oggi che non a vent'anni, quando sembrava avere la faccia di pongo. Stessa cosa dicasi per Andrew McCarthy, al quale le rughe hanno migliorato l'espressione. Spero gli siano venute anche sulle corde vocali e abbiano fatto qualcosa per la voce. La bella Jemi Gertz ha chiaramente fatto un patto con il diavolo, a cui non deve aver chiesto di saper recitare come Meryl Streep (l'Inquisitore Spagnolo ha autorevolmente osservato che ha lo sguardo pallato ed espressivo di una cernia), ma di restare identica a dispetto dei quasi cinquant'anni. Esaudita. Unico punito dal destino cinico e baro è James Spader, una volta infido e sexy, oggi inquietante e pelato, forse cliente dello stesso personal trainer di Dan Akroyd.;
e) non ho amato, finora, nemmeno uno dei film tratti dai libri di Bret Easton Ellis, ne avevo dedotto di non amare lo stesso scrittore. Ma per curiosità mi sono letta la trama di Less than zero e ho scoperto che l'unica cosa che ha in comune con la versione cinematografica è il nome del protagonista, Clay, l'ambientazione durante le vacanze natalizie e i nomi degli amici che incontra. Il personaggio di Robert Downey Jr. non pare nemmeno esistere, la trama da soap opera pare essere un parto degli sceneggiatori cinematografici. Ebbene, se questo film ha un merito, è di avermi incuriosito abbastanza da farmi pensare di comprare il libro da cui è tratto;
f) in tema di film presi dai libri di Bret Easton Ellis, chiedo l'aiuto del pubblico: se qualcuno ha capito il finale di American Psycho, vi prego, me lo spieghi, in particolare chiarendomi se i delitti siano reali e ci sia un papi risolutore che fa sparire tutto o se sia tutto nella testa sballata del bellissimo Christian Bale. Grazie.

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