tag:blogger.com,1999:blog-22260915523727610282024-03-13T20:38:19.201+01:00Appunti di cinismo varioDi amorazzi e malinconie. Di lavoro da suogno e surreale diversità dei sessi. Di film e sconsigli. Ne parlo qui, come e quando mi gira(no). Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.comBlogger57125tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-22216824523213060372020-06-29T11:36:00.000+02:002020-06-29T11:36:27.104+02:00L'ANNO CHE VOLEVO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifTyMczgTkSENwbC1bl72vSqegLuOKHnnNfrTjDmpG55xwwI4xP_sHN54doDvdADI8fRxGen3zU4ilq8lViwwywhXgJXyPubmghyphenhyphenA9CXmGHO_TpCpzI5pu9bq9bN5UyGstPSIjqCxRFi4/s1600/IMG_20200102_121739.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifTyMczgTkSENwbC1bl72vSqegLuOKHnnNfrTjDmpG55xwwI4xP_sHN54doDvdADI8fRxGen3zU4ilq8lViwwywhXgJXyPubmghyphenhyphenA9CXmGHO_TpCpzI5pu9bq9bN5UyGstPSIjqCxRFi4/s320/IMG_20200102_121739.jpg" width="240" /></a></div>
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<span style="font-size: large;">Quello nella foto, rosso ed inquietante, è un <b>Daruma</b>, un oggetto della tradizione Giapponese portatomi da mia sorella l'anno scorso. Non ho approfondito esattamente origine, funzione e storia del mostriciattolo, mi sono fidata di ciò che mi è stato riferito e questo post potrebbe contenere imprecisioni o perfino oneste sciocchezze sul poverino. Lo dico per correttezza e perché i commenti a tema "a dire il vero il Daruma è (segue saggio di 30.000 battute sul mostriciattolo da parte di laureat* all'università della vita)" mi annoiano tanto. Anche perché la tradizione giapponese non è al centro di questo post.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Come dicevo, mia sorella me lo ha portato dal Giappone a inizio 2019 e mi ha spiegato cosa dovevo farci: esprimere un desiderio/obiettivo per l'anno, disegnargli uno dei due occhi e poi metterlo in un punto alto della casa, in modo che stesse al di sopra della mia testa. Trovare un mobile più alto di me non era difficile, molto meno facile era capire cosa esprimere con l'occhietto del Daruma. Non sapevo cosa volevo e non sapevo cosa volere. Avevo un paio di idee in testa, nebulose, nessuna delle quali mi convinceva. Ma lasciarlo senza occhi non mi pareva di buon auspicio e nemmeno rassicurante, faceva troppo film dell'orrore giapponese. E i film dell'orrore giapponese non finiscono mai bene.</span><br />
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<a name='more'></a><span style="font-size: large;"><br /></span><br />
<span style="font-size: large;">Alla fine, per esclusione e con pochissima convinzione, avevo ridotto il campo a due desideri del momento: trovare una casa nuova e avere un secondo figlio. Il primo obiettivo mi sembrava generico e superfluo. Nonostante da anni vada auspicando la mia dipartita da Argelato, la verità è che non avrei saputo dire, allora, che casa volessi e dove la volessi. In città? In campagna? Grande o piccola? Indipendente o condominio brulicante di umarelli? Cosa esprimevo a fare un desiderio che neppure io riuscivo a vedere?</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Sul figlio mi pareva di essere un po' più sicura: certo, era un momento di crisi tra me e l'Inquisitore Spagnolo, ma il desiderio di un secondo figlio c'era. Anzi, era l'unico punto su cui fossimo d'accordo. Nemmeno sul figlio avevo certezze, non riuscivo a vederlo, a sentirmi se fosse un maschio o una femmina, mentre con la Pesticciola avevo avuto un'immagine chiarissima della piccola selvaggia che poi è diventata, da molto prima che il test si facesse positivo. Ma quello c'era e quello formulai, disegnando l'occhietto nero.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Il figlio non è mai arrivato. In compenso, è arrivato il 2019 in tutto il suo cambiamento, per cui alla fine mi trovo a scrivere questo post seduta sul divano da sola, mentre la Pesticciola trascorre il week end con sua padre, nella nuova casa di Bologna.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Ho scoperto tardivamente che il Daruma va affidato al suo destino, che potrebbe essere tornare al tempio come pure finire nell'umido, anche se il desiderio è rimasto tale (e allora il poveretto mi rimane membro del club Il Ciclope). Nessuna proroga, nessuna secondo opportunità. Ho quindi preso in mano il mio Daruma mono-oculato con una certa tristezza, per affidarlo ad un destino di visione singola.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Poi ho avuto un pensiero nuovo e gli ho disegnato anche il secondo occhio. Non sono incinta e no, non ho barato. Ho improvvisamente sentito che quel voto di avere un figlio non era stato fatto con superficialità come avevo creduto (ciao, sono Sara, e adoro giudicarmi severamente), ma era stato fatto con l'istinto, che non sempre si spiega bene bene. Ho sentito con certezza che era stato il voto giusto, perché una nascita questo 2019 me l'ha portata ed è stata per me più importante e più difficile del dare alla luce un altro essere vivente.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Ho capito, anzi ho saputo senza più un dubbio, che l'obiettivo di quest'anno è stato dare alla luce me stessa, portarmi fuori a fatica e insegnarmi a respirare. Come tutti i parti, è stato doloroso e faticoso, lunghissimo e con molti momenti di disperazione. Proprio come un parto, nel momento in cui ho pensato di non essere in grado di farcela, ci sono finalmente riuscita. E, in accordo con questa nuova vita, anche Frankie mi ha lasciato, con tanta dolcezza e uno sguardo che per me ha significato "ora ce la puoi fare anche senza di me, vado via tranquillo".</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Dopo la nascita, proprio come con un figlio, è arrivato il bello, sotto forma del 2020. Quel fatidico momento in cui guardi la nuova arrivata e ti chiedi "e mo'?". In cui scopri che le tante teorie che hai messo insieme nei mesi di attesa sono inutili. Il momento in cui, non sapendo cosa fare, segui le voci degli altri, provi tutti i sistemi che le altre madri e padri ti assicurano essere miracolosi, ti senti inadeguata, ti comporti in maniera inutilmente severa soltanto perché senti lo sguardo giudicante degli altri che ti pesa. Come se non bastasse già la fatica e la responsabilità di crescere una creatura nuova di zecca. Il momento in cui maledici quel giorno in cui ti è venuta l'insana idea di fare una cosa simile.</span><br />
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<span style="font-size: large;">E poi, come ogni madre, ho capito. Ho capito che gli altri possono essere un arricchimento, e allora vanno colti e accolti, o un inutile peso, e allora vanno mollati a terra come uno zaino. Ma questa è un'altra storia e forse ne riparleremo. Quello che conta, ora, è che so che all'esterno posso attingere per nuovi insegnamenti, per crescere me stessa, anche per ricevere aiuto, non per farmi indicare la strada giusta da percorrere. Quella la posso scegliere soltanto io, ascoltando con attenzione, sbagliando con entusiasmo. Essendo grata per tutti gli errori che la vita generosamente mi ha inviato finora e da cui ho imparato tanto, molto più di quando non mi presentavo ad un esame universitario se non ero certa di aver studiato anche tutte le note a piè di pagina e la bibliografia, sentendomi al sicuro dietro una perfezione fatta di fumo. E il fumo, si sa, a lungo andare fa piangere e tossire, due cose da confino, in tempo di pandemia.</span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-17496141576216719312019-02-13T11:35:00.000+01:002019-02-13T11:36:25.201+01:00Liberate gli anni '80<span style="font-size: large;">Ciao, nostalgici degli anni '80. Sì, lo ammetto, non vi capisco. Non capisco voi e non capisco neppure tutto quel rimestare magoni lacrimosi con la testa rivolta ad un passato puro, ingenuo, autentico. Non capisco nemmeno di autentico cosa ci fosse.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Ricapitoliamo brevemente.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Andavano le <b>spalline</b>, cioè delle protesi in gommapiuma, democraticamente alla portata di tutti, che consentivano di fare le spalle mostruosamente larghe, la vita improvvisamente stretta (con cinturina elasticizzata "respira, se ne hai il coraggio") e il fianco più stretto per effetto ottico.</span><br />
<a name='more'></a><br />
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<span style="font-size: large;">Andava il ciuffone, la <b>banana </b>da onda finale de La tempesta perfetta, svettante ed immobile. Oggi sappiamo che il buco dell'ozono è colpa nostra, di quelle bombolette di lacca così generosamente sparate in fronte, con un duplice risultato: capello immobilizzato per un paio di generazioni e fronte ricoperta da un film lucido ed impermeabilizzante. Se non ho rughe, è merito della L'Oreal.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Andava di moda essere daltonici, per cui il colore più ricercato era il <b>verde fluo</b>, abbinato con il rosa fluo, con il viola fluo o con il blu elettrico. Credo che la Stabilo Boss avesse distribuito mance generose agli stilisti, in quegli anni. E se non ti piaceva sembrare la sorella maggiore dei tuoi evidenziatori, c'era l'altro lato della moda, lo scialbo-chic. Quelle belle camicine in flanella, da fare pendant con le lenzuola che ti comprava la mamma, con fantasie incomprensibili e sbiadite anche da nuove, nelle tonalità "terra bruciata morta ammazzata", "bordeux sangue coagulato da giorni" e "blu notte senza stelle né speranze di sorta". E ancora vi chiedete perché adoravamo il bianchetto.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Andava fare finta che la <b>natura </b>non esistesse. Come se i polli venissero al mondo già arrostiti o le fave di cacao fossero prodotte direttamente dai Trancini della Mulino Bianco. Nemmeno sapevamo cosa fossero, le fave di cacao. E ciò nonostante avessi la nonna pugliese, per la quale le merendine, che non contengono cipolla e non sono fritte, non erano cibo. E poi via, di gomme da masticare tossiche, in prima fila i celebri Spinaci di Braccio di Ferro, che non producono più da quando hanno inventato le etichette adesive per vestiti. Vi siete chiesti come fanno a restare attaccate anche dopo 40 lavaggi? Se non sapete rispondere, vuol dire che non vi è mai capitato di far scoppiare un gigantesco pallone di Spinaci di Braccio di Ferro direttamente sui capelli. Un'esperienza che meriterebbe un gruppo Facebook.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Andava molto andare ai <b>lidi ferraresi </b>d'estate e fare il bagno nel petrolio delle piattaforme che vedevi al largo. Le quali, invece di sciacquare i panni in Arno, sciacquavano le cisterne nel mare. Nessuno lo riteneva dannoso, per cui la balneazione continuava imperterrita e l'unica contromisura era farsi la doccia con ettolitri di docciaschiuma Nivea. Il petrolio contro il petrolio, praticamente omeopatia prima che qualcuno sapesse cosa voleva dire. E così si sopperiva anche alla mancanza di giochi per i bambini. Perché la doccia, che scolava direttamente nella sabbia, creava deliziosi fiumiciattoli di schiuma, da arginare e indirizzare con dighe e ponticelli. Almeno finché non venivi beccato dal bagnino, che, digiuno dei precetti montessoriani, ti rincorreva col remo per spiegarti che no, le pozzanghere di acqua sporca e saponata non erano un valore aggiunto per i bagnanti della prima fila di ombrelloni.</span><br />
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<span style="font-size: large;">D'inverno, andava la <b>montagna</b>. Dove ricordo la neve ben poche volte. In compenso ricordo che Moena era avvolta in una nube di gas di scarico che faceva tanto moderno, e così pure tutti i passi da cui partivano piste e impianti di risalita. Al punto che a me, ancora oggi, l'odore di sgasata di una Renault del 1985 ricorda immediatamente il freddo del Passo Rolle. Altra cosa di modissima era sciare con i jeans. Credo fosse una questione di sicurezza: dopo un paio di piste i jeans, già rigidi e freddi di loro, diventavano un'armatura scricchiolante e non c'era il rischio di rompersi una gamba. L'ipotermia era tutt'altra questione, ma quella in fondo si risolveva con un paio di grappe. Sì, anche ai minorenni, giuro. Per questo non mi sento in colpa per tentato di fare assaggiare il vin brulè a mia figlia di tre anni.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Andava molto la <b>televisione</b>. Ricordo pomeriggi di cartoni animati strappalacrime, in cui l'amore finiva sempre con la morte di uno dei due, di solito lui. Il parental control era ancora da venire e quindi, proseguendo nella programmazione serale, ho visto cose che voi genitori umanissimi di oggi non potete neanche immaginare. Per questo, da mamma geriatrica quale sono, il mio esempio genitoriale è Leland Palmer, non so se mi spiego. Mentre voi, giovani genitori degli anni '90, ancora pensate, col groppo in gola, al padre di Dawson che si schianta alla guida dell'auto con un cono gelato in mano. Ricordo bene quella puntata. Io e mia sorella davanti alla televisione, o meglio, sotto la televisione, sdraiate dalle risate, nel vederlo andare incontro al Creatore con i vestiti sporchi di vaniglia.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Erano proprio bei tempi. O no?</span><br />
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<br />Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-8168096265033058142018-07-08T13:36:00.002+02:002018-07-08T13:36:49.764+02:00METODOLOGIA DEL LASCIARSI <span style="font-size: large;">Il verbo lasciare lo coniugo proprio maluccio. Non so lasciarmi andare, né lasciarti andare. Sono più brava a stringere i denti, delicata come un Bull Terrier, a tirare, strappare. A trattenere tutto, che tu sia una persona o la maledetta acqua intracellulare delle cosce. Sono un boa constrictor in formato donna, vi stritolo e mi stritolo fino a all'ultimo millimetro cubo di aria nei polmoni.</span><br />
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<span style="font-size: large;">Mobbasta, però (cit.).</span><br />
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<span style="font-size: large;">Voglio diventare esperta dell'abbandono impenitente, del mollare senza rimorsi e nemmeno un accenno di rimpianto. Voglio mollare la presa, rinunciando definitivamente al free climbing nella vita e nell'anima. Voglio lasciare spazio alla spensierata cazzona che attende in me da anni e non sentire nessun senso di colpa per questo. Voglio smettere di rincorrere tutto il tempo chi non c'è</span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;"> e fermarmi ad abbracciare chi mi segue con pazienza da sempre.</span><br />
<span style="font-size: large;">E quindi si parte, beccatevi 'sto manifesto dell'abbandono.</span><br />
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<li><span style="font-size: large;">ABBANDONO DELL'OGGETTINO PICCINO TANTO CARINO</span></li>
</ul>
<span style="font-weight: 400;"><span style="font-size: large;">Amiche, lo so che siete lì, ve lo dico col cuore: piantiamola di tenere le cosucce graziose perfettamente inutili, a volte perfino dolorose. La scheda telefonica istoriata (per te, donna d'annata e dannata) di quando lo abbiamo chiamato per la prima volta dalla cabina di Gatteo a Mare nel '95. La boccettina mignon di J'Adore che ci siamo rovesciate addosso quella sera che doveva essere un'uscita tra amici ma speravamo tanto in un limone selvaggio con il belloccio della compagnia. Il bigliettino di auguri stitico del "tre rose come i nostri tre anni insieme", giunto in cambio del tetrametro giambico in 18 strofe che abbiamo incautamente scritto dopo aver visto la puntata finale di Una Mamma per Amica.</span></span><br />
<span style="font-weight: 400;"><span style="font-size: large;">Fare spazio e la prima regola per far sì che la vita ti recapiti qualcosa di più interessante. Sgombrate i cassetti e lasciati gli stitici ai loro problemi di dosaggio del Gutalax.</span></span></h4>
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<li><span style="font-size: large;">ABBANDONO DEL VESTITO CHE PRIMA O POI</span></li>
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<span style="font-weight: 400;"><span style="font-size: large;">Alzi la mano chi non ha nell'armadio il capo "prima o poi mi capita l'occasione" o, peggio ancora, il capo "prima o poi dimagrisco". Lo so, il recente ritorno dei pantaloni a vita alta abbinati ai toppettini in maglia e alle maglie che sembra siano state sforbiciate all'altezza dell'ultima costola, fa maledire la volta in cui abbiamo cestinato tutte quelle canotte tricot con cui ci abbigliavamo negli anni '90. E parrebbe anche andare contro questo punto del manifesto. Ma invece no, perché:</span></span><br />
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<li><span style="font-weight: 400;"><span style="font-size: large;">sono passati i '90 e anche i 2000, con i loro colori pastello, le gonnellone lunghe e dritte, i maglioni informi. Passerà anche questo scempio;</span></span></li>
<li><span style="font-weight: 400;"><span style="font-size: large;">la memoria è fallace e temo ci siamo tutte dimenticate di quanto fossero sintetiche le maglie che indossavamo negli anni '90. Se penso a quanto fumavo all'epoca, capisco di essere una sopravvissuta. E comunque, se proprio ci tenete, è quasi sicuro che possiate ritrovare i vostri capi datati in quell'isolotto di plastica in mezzo al mare con cui ogni tanto ama terrorizzarci Green Peace.</span></span></li>
</ol>
<span style="font-weight: 400;"><span style="font-size: large;">Buttate senza pietà. E alle prime 10 che dicono "<i>ma questa maglia del 1987 sembra nuova</i>" un santino animato di Enzo Miccio che vi urla "<i>tana per l'orrore!</i>".</span></span></h4>
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<li><span style="font-size: large;">ABBANDONO DEGLI AMICI CHE "FATTI SENTIRE"</span></li>
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<span style="font-weight: 400;"><span style="font-size: large;">Sono quegli amici lì (ma davvero vogliamo chiamarli così?), quelli che frequentavi un tempo, spesso in giovane età, magari in compagnia di un ex. Quelli che una volta vedevi tutti i fine settimana e che improvvisamente avvisti soltanto se ci sbatti per sbaglio contro uscendo da Media World. Quelli che "dai, vediamoci per un aperitivo". E tu, ligia secchiona avvinghiata alle abitudini del tempo che fu, ci provi ad invitarli fuori per bere uno spritz. Anche se quando raccontano l'ultima avventura che gli è capitata sei così interessata che, senza accorgertene, ti ritrovi a contare i peli che ti sono ricresciuti sulla gamba dall'ultima ceretta. Eppure niente, vai di whatsapp, di gruppi facebook, di sms per i più anziani, di telegrammi. E ti trovi di fronte al paradosso: il rimpallo totale. Oggi non posso, domani nemmeno, forse tra 6 mesi, se la luna sarà in trigono con Uranio. E tu, che nemmeno li volevi vedere, perdi tempo e salute a rincorrerli.</span></span></h4>
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<span style="font-weight: 400;"><span style="font-size: large;">Ecco, lo so: dopo questo post diverse persone si renderanno conto di essere per me amici del "fatti sentire". Me ne farò una ragione. Conoscervi è stato un piacere, evitare di fingere che non ci sia un motivo dietro al fatto che non ci frequentiamo più lo sarà altrettanto.</span></span></div>
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<li><span style="font-size: large;">ABBANDONO DELL'AMICA "POI CI VEDIAMO CON CALMA"</span></li>
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<span style="font-weight: normal;"><span style="font-size: large;">Siamo tutti freneticamente impegnati, ma sono giunta alla drammatica conclusione che se una persona ti sta a cuore, per qualsiasi motivo che vada dall'amicizia al gusto di ubriacarsi in compagnia, il tempo per condividere qualcosa lo si trova. No, amica, non mi interessa sapere quante ore passi al lavoro, quanti incarichi complessi e di responsabilità tu abbia, né il numero di figli, mariti e amanti che porti avanti. Se non hai tempo per me lo comprendo, ma non stiamo più a prenderci per le natiche, che tra l'altro nemmeno serve a rassodarle.</span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span>
<span style="font-weight: normal;"><span style="font-size: large;">Perché alla fine si riduce tutto ad una semplice domanda: crediamo davvero che le nostre vite e le nostre energie siano infinite? Se la risposta è no, converrete con me che conviene decidere bene come e dove investire le nostre risorse. Se la risposta è sì, dimmi quante sostanze stupefacenti assumi che almeno ti calcolo gli anni di galera che rischi.</span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span>
<span style="font-weight: normal;"><span style="font-size: large;">Vado, che s'è fatta una certa.</span></span></h4>
Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-47784092630197923412018-04-27T10:52:00.002+02:002018-04-27T10:52:36.233+02:00LA GIORNATA WILMA GOICH<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJc5r-4qjqgNMWOrjSpA4XkJeUeABxyhx1idHysEZCEc0qgm8D4MRF1XTgRlRujOx123iWmPaEUoCnfA32xYH4Zb8owBIw2RyUP4ReONeFXfxmHM0Q3CzciEOrm5zvWGSUQTr5E7ngu2M/s1600/IMG_20180120_134233.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJc5r-4qjqgNMWOrjSpA4XkJeUeABxyhx1idHysEZCEc0qgm8D4MRF1XTgRlRujOx123iWmPaEUoCnfA32xYH4Zb8owBIw2RyUP4ReONeFXfxmHM0Q3CzciEOrm5zvWGSUQTr5E7ngu2M/s320/IMG_20180120_134233.jpg" width="240" /></a></div>
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<span style="font-size: large;">Peggio del GDPR, dei giorni uggiosi e delle scadenze di fine mese, per me, c'è soltanto la <b>giornata Wilma Goich. </b></span><br />
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<span style="font-size: large;">Se considero che oggi devo affrontare le informative da GDPR, che il cielo è nero come se stesse arrivando la strega dell'Est, che devo regolare pagamenti e fatture di fine mese e che, senza ombra di dubbio, è una giornata Wilma Goich, mi viene solo voglia di rannicchiarmi in un angolo del piatto doccia a piangere tutte le mie lacrime. Tipo Ace Ventura.</span><br />
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<h3>
<span style="font-size: large;">Chi è Wilma Goich</span></h3>
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<span style="font-size: large;">Quando ero bambina, verso la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, andava fortissimo l'effetto nostalgia del ventennio '60/'70. <a name='more'></a>Sarà stato merito dei Vanzina e dei vari Sapore di Mare, fatto sta che era tutto un fiorire di rotonde sul mare, di cieli nella stanza, perfino di animamianonandarevia. Gruppi e cantanti quasi tutti al maschile, tra cui spiccava lei, il caschetto biondo più a prova di bomba della televisione: Wilma Goich.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Wilma Goich ha avuto una carriera notevole, ha cantato i testi di grandi autori e ne ha scritti lei stessa. Ha pure scritto e cantato una cover della canzone<b> <i>The winner takes it all</i> degli Abba</b> e su questo ha davvero vinto tutto. S'è sposata Vianello, il che dimostra una tempra invidiabile. Prima ancora è uscita con Teo Teocoli, nonostante questi indossasse dei terribili dolcevita a collo alto infilati dentro i pantaloni, dando prova di grande tolleranza estetica. </span></div>
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<span style="font-size: large;">Ma soprattutto, Wilma Goich ha cantato <i><b>Se stasera sono qui</b></i>, scritta da<b> Luigi Tenco</b>. Una canzone che tradisce l'origine maschile nel verso "<i>perché tu hai bisogno di me, anche se non lo sai". </i> Superata la fase da "io ti salverò", attraversata da tutte le donne della generazione <a href="http://appuntidicinismovario.blogspot.it/2015/10/addio-mio-terence-addio.html" target="_blank">Candy Candy</a>, il verso che ha segnato la mia esistenza è stato un altro: <b>per me essere qui è stato come scalare/la montagna più alta del mondo</b>. Eccolo qui, l'Annapurna dell'esistenza. La giornata Wilma Goich.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">La giornata Wilma Goich</span></h3>
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<span style="font-size: large;">Una giornata Wilma Goich non è semplicemente dura, non è solo faticosa, non è neppure semplicemente una sofferenza da brutto tempo. La giornata Wilma Goich è <b>il Sacro Graal dell'alpinismo dell'anima</b>; è quella giornata che non vorresti mai cominciare. Ogni passo della giornata Wilma Goich contiene il sudore e il bruciore ai polmoni di una corsa per la stazione centrale di Bologna, con il trolley sulla testa e le scarpe che scivolano sui gradini, all'inseguimento dell'unico treno in orario, il tuo. Qualunque compito, nelle giornate Wilma Goich, ti viene facile come ridare la maturità 20 anni dopo, senza preparazione e senza dizionari. </span></div>
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<span style="font-size: large;">Io le giornate Wilma Goich le riconosco così: guardo mia figlia, so che la devo vestire per accompagnarla all'asilo entro un certo orario e penso che non ce la farò mai. Non è un banale pensiero pigro o disfattista, è proprio la sensazione di dover affrontare qualche cosa che è molto al di là delle mie possibilità. Scegliere i vestiti, trovare il modo di infilarglieli senza averla prima incatenata ad un ceppo di quercia, portarla a scuola dribblando tutti i "mamma guarda!" e i "mamma, perché?". In effetti, facevo più fatica a riconoscere le giornate Wilma Goich quando non ero madre.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">Nella giornata Wilma Goich qualsiasi cosa abbia più o meno tollerato in vita mia e fino a quel momento, dal pelo del cane in giro per casa fino all'Inquisitore Spagnolo che guarda Il federale e sentenzia che una volta i rapporti erano più veri (sponsored by: Sistavameglioquandosistavapeggio), diventa improvvisamente insopportabile. La mia intera esistenza è una maglietta di cotone grezzo sulla schiena ustionata dal sole. Voglio sfilarla e lanciarla il più lontano possibile.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<h3>
<span style="font-size: large;">Come sopravvivere alla giornata Wilma Goich</span></h3>
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<span style="font-size: large;">Di magliette in cotone grezzo me ne sono sfilate parecchie, negli anni. A volte ho fatto bene, altre penso che avrei potuto aspettare e ragionare un momento, prima di rimanere tette al vento. Perché nelle giornate Wilma Goich fare la cosa giusta è più questione di culo che altro. </span></div>
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<span style="font-size: large;">Sopravvivere alla giornata Wilma Goich è durissima ma non impossibile. Credo che il segreto ce l'abbia svelato proprio la cara Wilma, con la sua canzone: <b>bisogna essere un po' montanari</b>. Bisogna fare come quando si è partiti da appena mezz'ora, il sentiero comincia a stringersi e a essere soffocato dai pini mughi, il sole batte sulla testa, la cima non la vedi più perché ci sei sotto e tu continui a guardare l'orologio o l'altimetro per capire quanto manca al rifugio. Ogni passo è pesante e il respiro pare non adeguarsi alla salita. Che fai?</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;"><b>La tecnica della sosta rigenerante</b> non funziona, te lo dico subito. Pensi con ottimismo che fermarti un attimo all'ombra di quell'albero e bere un sorso di acqua fresca ti darà nuova carica per proseguire. Magari appoggi pure le chiappe su quel sasso piatto e ti concedi un quadratino di Ritter Sport, che il cervello ha bisogno di zuccheri. Eh già. Peccato che non sia il cervello a portarti a spasso e quando riparti da una sosta di questo tipo scopri di fare ancora più fatica e ti ritrovi a fermarti di nuovo, poi di nuovo, poi un'ultima volta ancora e alla fine sentenzi che la montagna non fa per te e torni indietro. Ti salutano i monti, Heidi, che tanto la cima non la vedrai mai.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><b>La tecnica dello sportivo in tessuto tecnico</b> a volte funziona (le famose volte di culo, di cui sopra), a volte ti recapita al traumatologico più vicino. Perché voler essere forti a tutti i costi, veloci a tutti i costi, in forma smagliante sempre e comunque, porta a non ascoltare il proprio corpo. A non capire che ci sono momenti in cui la versione migliore di se stessi è quella col profilo più basso e meno figo.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Quindi io, alla fine, applico <b>la tecnica di Sara che non ne ha:</b> ogni tanto mi capitano, anche in montagna, le giornate in cui non vado. Le gambe non spingono, il fiato non si adatta, lo zaino non si posiziona bene sulla schiena. Quando realizzo che non è giornata, innesto la marcia Panda, lenta ed inesorabile, piccoli passi uno dietro all'altro, senza interruzioni. Mi concentro sul respiro, sull'adeguarlo al ritmo della camminata, non sul fatto di sentirmelo mancare. Canto nella mia testa una canzone che abbia il ritmo del mio passo (e che non mi faccia schifo) e mi concentro soltanto su quella, sul portarla avanti e andarci dietro. Non guardo la cima, non guardo l'orologio, non controllo l'altitudine, non cambio posizione allo zaino e no, non bevo. Perché non tutti i momenti di merda devono o possono essere risolti nel momento in cui li vivi. A volte devi semplicemente aspettare che passino per capire quello che ne vuoi fare.</span></div>
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Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-74794865991172668442017-10-03T19:18:00.000+02:002017-10-04T10:50:31.676+02:00LA LOBBY DELL'INDIGNICAZZONE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA37IIeK9wxZarYJnouKevVu8CkNIQLsWUcSujqfBICilrn-H0zjKLY87Jxeknnx2WYK8cxnFMw9vuoOFuHleXK_R-RlBUV1RZFKgSNM8LnHVeS7JF3B8pLC3hBidJPEsSHV-Oz0YlDeE/s1600/20171003_191054_Richtone%2528HDR%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="900" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA37IIeK9wxZarYJnouKevVu8CkNIQLsWUcSujqfBICilrn-H0zjKLY87Jxeknnx2WYK8cxnFMw9vuoOFuHleXK_R-RlBUV1RZFKgSNM8LnHVeS7JF3B8pLC3hBidJPEsSHV-Oz0YlDeE/s320/20171003_191054_Richtone%2528HDR%2529.jpg" width="180" /></a></div>
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Forse il complottismo non è tutta fuffa. Forse qualche setta segreta qua e là esiste davvero e il fatto che non lo sappiamo con certezza è la prova che il loro porco lavoro di sotterfugi lo sanno fare proprio bene.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Non dico di credere alle scie chimiche o a Dan Brown, questo no. Ma qualche perplessità comincia a sorgermi, perbacco. In fondo io leggo tanto, mi documento, studio, approfondisco in internet che, si sa, ha sostituito perfino l'Università della Vita. Quindi alla fine ho diritto a formulare le mie teorie, perché non ho più solo una laurea, ho un dottorato di ricerca a vanvera e un doppio master carpiato con avvitamento. Dai, lo dico.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Mi sono convinta che esiste una lobby della indignazione a casaccio. Un gruppo occulto, i cui membri lavorano in gran segreto (e molto bene, va riconosciuto) per suscitare sdegno anche di fronte al puro nulla. Ombre, capaci di risvegliare il moralizzatore sopito in tutti noi e dileguarsi proprio un attimo prima che sia possibile chiedergli se è poi vero che la Ferragni è incinta. Tra l'altro peccato, poteva nascerne una grandiosa indignazione di gruppo su questi Vip che uniscono con incoscienza patrimoni economici e genetici.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Io la chiamo la <b>LOBBY DELL'INDIGNICAZZONE.</b></span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Penso ci siano loro dietro il 90% delle discussioni isteriche che circolano sui social. Arrivano, accendono la miccia e via! più veloci della luce verso la prossima polemica superflua. I loro capolavori sono sotto gli occhi di tutti, continuamente. Vediamoli insieme, amici complottisti.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
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<span style="font-size: large;">
L'incenerimento da Buondì</span></h3>
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<span style="font-size: large;">La pubblicità del Buondì è ormai questione nota e sviscerata in tutti i suoi superflui aspetti. Ho avuto la fortuna di essere connessa alla sua prima circolazione sul web, ho potuto gustare lo sdegno di tante donne e madri di fronte all'incenerimento della mamma appassionata di ikebana. Adesso che l'infiltrato della lobby malefica si è già spostato altrove, riflettete con me amiche indignate. La pubblicità si apre con una bambina bionda e petulante, che spara alla madre un pistolotto su una colazione sana ma golosa, il tutto mantenendo una paresi facciale da nervo trigemino reciso. A lei risponde questa madre mechata e phonata, che di professione infilza fiori senza ragione, che invece di invitarla ad andare a giocare dove ci sono i tombini scoperchiati (cit.) le risponde, condiscendente ed irritante, che una colazione così non esiste e che Mazinga Zeta la pialli con un meteorite se esiste. Un tipica imprecazione di uso comune. Inaspettatamente (...) la signora dei fiori recisi finisce sotto un sassone incandescente.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Ora: tutto ciò fa pensare ad una offesa con vilipendio della figura femminile e materna? O non fa invece pensare ad una fiacca presa per i fondelli di 40 anni di pubblicità leziose a base di famiglie inamidate, che invece di rotolare giù dal letto grugnendo saltellano deliziose per casa, con cartelle e cravatte coordinate, addentando pezzi di polistirolo decorati con cioccolato ai conservanti? Ci siamo capite.</span><br />
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<span style="font-size: large;">
L'incenerimento dell'incenerimento da Buondì</span></h3>
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<span style="font-size: large;">Come detto, l'indignazione iniziale è già sopita, qualche donna si è ritrovata urlante con un reggiseno bruciato in mano mentre tutti già sghignazzavano, costretta a colpi di tosse e frasi imbarazzate. E dove è finito l'infiltrato della lobby, l'accenditore di micce a tradimento?</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">Come al solito, mentre ancorava infuriava lo sdegno più inutile, l'infiltrato è filato via, passando direttamente all'altro fronte e accendendo lo sdegno dello sdegno: come avete potuto, stolti, indignarvi per una simile scemenza? E via di contro commenti e contro post in cui i pubblicitari del Buondì sono passati dall'essere maschilisti arretrati e possibili fomentatori di femminicidio (giuro, l'ho letto), all'essere geni all'avanguardia che hanno abbattuto decenni di maschilismo arretrato e di fomentazione del femminicidio.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">Naturalmente ora si sta spegnendo anche la contro indignazione. Ma io ho un sospetto sulla prossima mira dell'infiltrato: credo abbia puntato tutto sull'ultima versione della pubblicità, in cui ad essere asfaltato è il simpatico postino (personaggio di fantasia, la scienza ci insegna che i postini non sanno sorridere). Quindi a breve la rivolta pro postini e, più in generale, pro onesti lavoratori, schiacciati da questa reclame organizzata dai poteri forti e che certo non sta dalla parte degli sfruttati. Perché i padroni ci vogliono tutti piatti, come sogliole cosmiche.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<h3>
<span style="font-size: large;">
E poi (come mi chiede sempre mia figlia)?</span></h3>
<div>
<span style="font-size: large;">Dove altro arriveremo? Non so, ma ho un suggerimento per prendere in contropiede l'infiltrato della lobby: nella prossima pubblicità la bambina petulante e con paresi mandiamola a parlare con i dirigenti di Trenitalia. Sospetto che l'unica indignazione possibile sarà perché il meteorite non era abbastanza rovente.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">Quindi, che ne penso? Penso che indignarsi sia una delle attività più inutili e che qualcuno se ne sia accorto già da un po', ad esempio De Andrè. Ricordate il testo della canzone "Don Raffaè"?</span></div>
<blockquote class="tr_bq">
<blockquote class="tr_bq">
<i><span style="font-size: large;">Prima pagina venti notizie </span></i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i><span style="font-size: large;">ventuno ingiustizie e lo Stato che fa </span></i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i><span style="font-size: large;">si costerna, s'indigna, s'impegna </span></i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i><span style="font-size: large;">poi getta la spugna con gran dignità </span></i></blockquote>
</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Ecco. Solo che anche per gettare la spugna con dignità ci vuole un certo talento.</span></div>
</blockquote>
Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-59982955879867313792017-05-25T11:39:00.000+02:002017-05-25T11:43:53.441+02:005 COSE CHE NON RICORDAVO DI TWIN PEAKS<div class="" data-block="true" data-editor="5n62t" data-offset-key="925g1-0-0" style="background-color: white; color: #4b4f56; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; white-space: pre-wrap;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNQDNuz4G2Tn1g99Fq6Xb9TIsBWdVqhF7mNNlKqkAfALJCsOGSEjbij3Z-yRtZha355YGsfxCCITajZOK2VS5aQgMsKSeNcmVMGuJo21NSTInB7jO7ZiwFjpuYxr10JtTJCL-UWJT5Jcg/s1600/cooper.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="900" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNQDNuz4G2Tn1g99Fq6Xb9TIsBWdVqhF7mNNlKqkAfALJCsOGSEjbij3Z-yRtZha355YGsfxCCITajZOK2VS5aQgMsKSeNcmVMGuJo21NSTInB7jO7ZiwFjpuYxr10JtTJCL-UWJT5Jcg/s320/cooper.jpg" width="180" /></a></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="925g1-0-0" style="direction: ltr; font-family: inherit; position: relative;">
<ol>
<li><span style="font-size: large;"><b style="font-family: inherit;">Tra la fine della prima stagione di Twin Peaks e l'inizio della seconda</b><span style="font-family: inherit;">, momento che nella storia occupa lo spazio di un paio d'ore, Donna passa da un caschetto morbido ad una cofana bisognosa d'anticrespo, da maglioni a campana e giacche da boscaiolo a pullover attillati e minigonne, dallo stile catechista alle sigarette lascive condite da occhiali da sole in ogni ambiente. Immagino ci sia un senso in tutto ciò, tipo una metafora del male che si fa strada. <a name='more'></a>Perché il male è sempre annunciato dalle sigarette, come ci insegna Beautiful.</span>Ma non posso fare a meno di pensare quanto fossero più avanti Beverly Hills 90210 e Dawson's Creek, che per questi salti estetici ed emotivi sfruttavano le vacanze estive.</span></li>
<span style="font-size: large;">
</span>
<li><span style="font-size: large;"><b style="font-family: inherit;">Leland Palmer</b><span style="font-family: inherit;"> è un avvocato. UN AVVOCATO. Questo spiega tantissime cose, tra cui forse la mia laurea e sicuramente il risultato del mio test "Quale personaggio di Twin Peaks sei".</span></span></li>
<span style="font-size: large;">
</span>
<li><span style="font-size: large;">Ventisei anni fa guardavo Twin Peaks in cucina, arrampicata su sedie scomodissime, facendomela sotto dalla paura e cascando comunque dal sonno. Avevo dimenticato la sensazione della <b style="font-family: inherit;">tv scomoda</b><span style="font-family: inherit;">. Perché la tv negli anni '80 e 90 era sofferenza e senza nemmeno l'aiuto di una De Filippi o di una D'Urso a caso. </span>Ieri sera ho recuperato questo prezioso ricordo, insieme a mia sorella, grazie all'Inquisitore Spagnolo: sui titoli di testa della prima puntata già russava in diagonale sul divano, occupandolo tutto. Salvo poi svegliarsi di botto nei momenti più inquietanti e biascicare una domanda surreale, facendo urlare dallo spavento pure Frankie. Ora, David, tu non mi conosci ed è vero che nella Bassa non abbiamo segherie. Ma credimi: prendi una location come Argelato, prendi un protagonista come l'Inquisitore Spagnolo, affidagli pure la stesura dei dialoghi, e vedrai che facciamo il botto senza aspettare altri 25 anni. Che la Loggia Nera, paragonata alla Bassa di notte, è un pigiama party di preadolescenti.</span></li>
<span style="font-size: large;">
</span>
<li><span style="font-size: large;"><b style="font-family: inherit;">Albert </b><span style="font-family: inherit;">è il personaggio più esilarante della serie. Irresistibile quando sghignazza in sordina sul racconto di Ed e del suo triste matrimonio con Nadine.</span></span></li>
<span style="font-size: large;">
</span>
<li><span style="font-size: large;"><b style="font-family: inherit;">L'agente Cooper</b><span style="font-family: inherit;"> è bello, bello, bello in modo assurdo. Lo è sempre, in ogni inquadratura, con ogni tempo, perfino con il giaccone F.B.I. di quattro taglie più grande. Ma quando entra al casinò, indossando uno smoking, non è più un bell'uomo: è un test di tenuta delle coronarie.</span></span></li>
</ol>
</div>
</div>
<div class="" data-block="true" data-editor="5n62t" data-offset-key="4raq6-0-0" style="background-color: white; color: #4b4f56; font-family: Helvetica, Arial, sans-serif; white-space: pre-wrap;">
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="4raq6-0-0" style="direction: ltr; font-family: inherit; position: relative;">
<span data-offset-key="4raq6-0-0" style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
<div class="_1mf _1mj" data-offset-key="4raq6-0-0" style="direction: ltr; font-family: inherit; position: relative;">
<span data-offset-key="4raq6-0-0" style="font-family: inherit;"><span style="font-size: large;"><br /></span></span></div>
</div>
Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-72226719972595805292017-02-10T14:11:00.001+01:002017-02-10T14:11:49.271+01:00MARCO GIALLINI E BOLLORI (BREVE STORIA TRISTE)<span style="font-size: large;">Ieri sera sul palco dell'Ariston, su questa scala auto montante che pareva Hogwarts, è apparso <b>Marco Giallini</b>. Alto, elegante ma scamiciato, faceva la sua maledetta figura. Cortese, ma con la caratteristica espressione di un <b>Rocco Schiavone</b> in piena rottura di coglioni di livello almeno 8. Sornione. </span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Il cervello mi si è subito spataccato contro il monte di ormoni che quest'uomo mi smuove. Non importa che ruoli interpreti. Non importa di quanti attori cani lo circondino, non conta nemmeno che gli facciano fare la comparsata in pieno <b>Sanremo</b>, a fianco di un Gassman affetto da bambuccite declinata in sneakers. Lui è al di là di tutto e tutti, e io con lui, inebetita, in coma poco vigile.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Approfittando della mia temporanea infermità, l'Inquisitore Spagnolo mi si è avvicinato chiedendomi di sentire la temperatura del biberon. Dato che non rispondevo, sempre inebetita, mi ha scoperto un polso e ci ha rovesciato sopra mezzo litro di latte a livello di calore "Lava di Mordor + girone infernale", procurandomi ustioni e buchi nella carne.</span><br />
<span style="font-size: large;">Triste fine dei miei sogni Giallini.</span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-50484446508512847592017-01-03T14:26:00.001+01:002017-01-03T23:01:33.767+01:002016 vs 2017<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLQf7-5Uyb0-lOGjUUiqmxfx8gIH4V4U30s3FWwzXIg3KeOF4yI9HDoQyk7KBBjQHqSSEVtDgABS5YgRb6b1HiSW3DZw5YodKDSrCbrRnundrpOg5lmsa53qcxJiHs2GGFVk3ImMt0Xnk/s1600/20150825_084429.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLQf7-5Uyb0-lOGjUUiqmxfx8gIH4V4U30s3FWwzXIg3KeOF4yI9HDoQyk7KBBjQHqSSEVtDgABS5YgRb6b1HiSW3DZw5YodKDSrCbrRnundrpOg5lmsa53qcxJiHs2GGFVk3ImMt0Xnk/s320/20150825_084429.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<span style="font-size: large;">Caro 2016,</span><br />
<span style="font-size: large;"> non credo di sconvolgerti troppo se ti dico che molti pensano tu sia stato un anno di merda. Mi ricordi un verso di De Andrè "(...) signor becchino mi ascolti un poco/il suo lavoro a tutti non piace". Ecco, anche tu non hai riscosso grandi consensi, cosa vuoi che ti dica io per risollevarti?</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Sicuramente non posso detestarti, </span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;">sei l'anno che ha portato qui mia figlia. Però mica possiamo raccontarci che è stato tutto rose e fiori, o no? Vorrai mica che ti illuda, che mi illuda, dicendo che come te nessuno mai. Eri partito bene, come certi ragazzini studiosi delle elementari che alle medie campano di rendita (questa frase andava un botto ai tempi miei), poi un po' ti sei perso, un po' ti ho perso io, per cui ho dovuto riprenderti per il collo, negli ultimissimi metri.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">L'inizio è stato col botto: il 22 gennaio alle ore 9.10 mi hai recapito Iaele direttamente tra le braccia, per nulla spaventata dal viaggio di 27 ore all'interno del corpo umano (il mio). E no, 2016, non c'è stato nessun colpo di fulmine. Lo so, lo so, tutti quei blog e quei corsi preparto che descrivono e spiegano scientificamente il legame madre-figlia, così simile al colpo di fulmine per il compagnuccio di quarta ginnasio. Non so che dirti, sul cuore ho sempre avuto una patina di cemento armato, sarà quella che fa da isolante. Fatto sta che ci ho messo del tempo a conoscere mia figlia e a capire quanto mi piaceva essere sua madre. Lei la patina di cemento l'ha polverizzata, tutti gli altri potrebbero trovarla ancora al suo posto. Ma ci sto lavorando.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Poi cosa vuoi, da subito mi ti sei inabissato: il dominio degli ormoni e la mia incapacità di accettare i cambiamenti e le cose della vita in generale, hanno preso il sopravvento, portando rabbia, sconforto e senso di solitudine. Non mi sono mai sentita così sola come in quei primi, lunghi mesi da madre. Non era la mancanza di aiuti, era la mia incapacità di accettarli, di chiederli quando servivano, di spiegare a voce quello che mi succedeva dentro. Al punto che ho preferito non parlare proprio, ignorando mail e messaggi per settimane, abbandonando la scrittura per quasi un anno. Non so in quanti se ne siano accorti, ma la voce, quella vera, mi è andata via per un sacco.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Con la voce se ne è andata la passione, verso tutte le cose che amavo o credevo di amare. Certo, non è che potessi ibernarmi come quella gran bella figheira di Jennifer Lawrence. Ho dovuto andare avanti comunque, ma l'ho fatto in modalità pilota automatico, con un certo numero di avarie, credo nessuna importante, visto che sono stata traghettata fino al 2017. Il che mi ha dato il vantaggio di avere molto tempo per pensare e ascoltare. Non gli altri (scusate, eh), ma il continuo andirivieni dentro di me. Qualcosa l'ho messa a posto, qualcosa è in corso di riparazione, l'importante e che ci ho messo le mani.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">La cosa bella dei figli non è soltanto l'amore e il divertimento che portano con sé. Non è nemmeno soltanto il fatto che ti portano a spasso nel tempo, tirando fuori dalla scatola impolverata la bambina che sei stata. Più di tutto, è che ti costringono a fare i conti con chi sei, chi sei stata, cosa sei in grado di fare. Sei costretta a fare delle scelte, che sai essere fondamentali, perché dal tuo modo di essere madre dipenderà in gran parte il loro modo di essere adulti. Paura, eh? A volte sì. Ma alla fine ho scoperto che, contrariamente a quanto sosteneva Don Abbondio, il coraggio si trova, lo si inventa perfino.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Quindi, no caro, 2016, non ti insulto, ma nemmeno ti ringrazio. Ringrazio invece me stessa, per la forza, e ringrazio tutte le persone che mi hanno aspettato per tutto questo tempo, come una moderna Aurora, un filino meno bionda. Vi prometto tutto il mio impegno per far sì che ne sia valsa la pena.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Ed ora veniamo a te, 2017. Ben arrivato, innanzi tutto. Il mio proposito è semplicemente quello di usare di nuovo la voce smarrita nell'anno passato ed usarla bene. Se posso esprimere un desiderio, forse meglio dire una speranza, è questa: per me, per mia figlia, vorrei un mondo dove uomini e donne sappiano trattarsi reciprocamente meglio e con più equità. Dove nessuno sostenga che i bimbi sono meno svegli delle bimbe, dove nessuno dica a mia figlia cosa potrà o non potrà essere, dove lei stessa sappia che può diventare quello che desidera, a patto che sia disposta a lavorarci. Dove non mi tocchi leggere in continuazione vignette maschiliste con sotto commenti estasiati di donne che non sanno che valore darsi. E dove la maternità non sia un tabù, di cui non si può raccontare il vero volto, sepolto sotto ettolitri di bavosi nomignoli dati ai figli. Che averli è bellissimo, forse davvero la cosa più bella di tutta una esistenza, ma certo non può diventare l'ultima cosa bella che hai fatto nella tua vita.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Già che ci sei, mi piacerebbe anche un mondo poverissimo di luoghi comuni e proverbi muffi. La saggezza popolare è una gran bella cosa, certo. Se presa con le pinze, il microscopio e l'amuchina. E purché non venga mischiata alle chiacchiere da bar. In quel caso produce sostanze tossiche, mentre qui c'è bisogno di aria fresca.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Un'ultima cosa, 2017: hai presente quei soggetti che guidano macchinozzi sportivi e tamarri? Ma sì, dai, quelli che ti superano quando ti fermi alle strisce, dimenandosi in gestacci come una ragazzetta di Non è la Rai e urlando improperi muti grazie ai finestrini alzati. Hai capito, no, quelli che un secondo dopo devono riportare braccia, piedi e pure denti sul volante per evitare il pedone a cui stanno accarezzando il malleolo (lo stesso pedone che avevi lasciato passare tu). Ecco, quelli. Se non sai che farne di loro, 2017, scrivimi pure in privato, che un paio di idee niente male ce le ho.</span><br />
<br />Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-8502690618194345272016-03-21T08:21:00.001+01:002016-03-21T08:21:33.699+01:00BREVE DIALOGO SURREALE DI ALIMENTAZIONE, VIRILITA' E PUNTI FERMI DELL'ESISTENZA<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkjnHhT3kRFjgeFE1CGDdjayqQORiRGs3E0GdcNKzi7FFAl8YGk61O7wwxuX4XXxA4A21FHbvTdVgfQOVi1TC7Z0t7EdIvF__GUWB_rIFVIzn4lhCIkr3tJK_8Okob9tE454FJR2fpdtM/s1600/Robert-Redford_980x571.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="186" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkjnHhT3kRFjgeFE1CGDdjayqQORiRGs3E0GdcNKzi7FFAl8YGk61O7wwxuX4XXxA4A21FHbvTdVgfQOVi1TC7Z0t7EdIvF__GUWB_rIFVIzn4lhCIkr3tJK_8Okob9tE454FJR2fpdtM/s320/Robert-Redford_980x571.jpg" width="320" /></a></div>
<span style="font-size: large;"><i><br /></i></span>
<span style="font-size: large;"><i>(Lui siede sul divano, con in braccio la figlioletta di pochi mesi. Lei è in cucina, intenta a preparare il pranzo domenicale, che comprende anche la sofisticata portata di salsicce e patate. Lui, dopo aver sniffato l'aria soddisfatto, esordisce così.)</i></span><br />
<span style="font-size: large;">LUI:- Certo che ti piace proprio la salsiccia. L'avevi chiesta a tua madre anche per il pranzo di ieri!</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI <i>(rassegnata)</i>:- Sono anni che ti ripeto che non impazzisco per la salsiccia. L'ho fatta prendere a mia madre perché so che a te piace molto.</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI <i>(sorpreso)</i>:- Va be', ma non è che piace a me, la salsiccia piace a tutti. <i>(Guardandosi intorno illuminato, forse in cerca del biografo)</i> Un uomo a cui non piace la salsiccia non è un vero uomo!</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><i>(Lei ride silenziosa, omettendo di evidenziargli il possibile doppio senso volgarotto insito nella frase che ha appena pronunciato e che decisamente fa a pugni con la comune idea maschile di virilità. Lui intanto, convinto di essere un novello Oscar Wilde, sempre pronto a sfornare aforismi, prosegue a snocciolare insegnamenti di vita alla figlia.)</i></span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">LUI:- Capito Iaele? Sono cose importanti. E te ne insegnerò tante altre. Ad esempio: un soldino risparmiato è un soldino guadagnato, la Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte...</span><span style="font-size: large;"> </span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><i>(C'è chi, stolto, potrebbe chiedersi cosa c'entra Robert Redford con le strambe verità esistenziali dell'Inquisitore Spagnolo. Innanzi tutto, quando si parla di virilità, Robert Redford c'entra. Sempre. Forte. </i></span><br />
<span style="font-size: large;"><i>In secondo luogo, poi, solo lui sa risvegliare la sedicenne che alberga in me. Quando ho visto questa immagine sulla copertina di Vanity Fair, che prometteva articolone centrale e molte foto all'interno, non ho potuto fare a meno di comprarlo, già pregustando il momento in cui avrei ritagliato tutte le immagini pubblicate per decorarci il mio diario. Siccome però, una volta a casa, ho realizzato che non ho più un diario da circa 20 anni, ho dovuto trovare una moderna soluzione alternativa. Perché da qualche parte dovevo pur appuntarmelo, tutto quel fascino biondo.)</i></span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-22453612570005969582015-12-29T17:31:00.001+01:002015-12-29T17:32:49.745+01:00L'INSTABILE EQUILIBRIO DELLE POCO AFFIDABILI PERCEZIONI UMANE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpuN05urIzqJYdjY0vg9eKGgF8z96OLAcEmGYTY7HUW1AbXLASXgIR1JYuNaEBvv2ZAItPNYjfBih9HKMU7gDwlqVm6PaBOTEM9a1AyONRZSQGFr9-M0HBo0Qyv7WX0Xki3FXHmuGtlig/s1600/2ff-assolo-final.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpuN05urIzqJYdjY0vg9eKGgF8z96OLAcEmGYTY7HUW1AbXLASXgIR1JYuNaEBvv2ZAItPNYjfBih9HKMU7gDwlqVm6PaBOTEM9a1AyONRZSQGFr9-M0HBo0Qyv7WX0Xki3FXHmuGtlig/s320/2ff-assolo-final.jpg" width="320" /></a></div>
<span style="font-size: large;">Ho una convinzione, più o meno da tutta la vita, su cui ho basato un'abbondante percentuale di litigi con fidanzati, uomini in generale, ingegneri, perfino giudici: l'oggettività fa raramente parte delle nostre vite. Forse è addirittura pura illusione. </span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Rifletteteci un attimo: cosa c'è di davvero oggettivo, cioè inconfutabile e costante per chiunque, senza distinzione alcuna? </span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;">Credo nulla, soprattutto perché il dato di partenza è già una fregatura: a decidere cosa sia oggettivo è l'osservatore umano, che per sua natura è instabile e partigiano. Tutto quello che osserviamo passa per i filtri della nostra esperienze, delle nostre emozioni e di tutto ciò che influisce sul nostro modo di essere senza che nemmeno ce ne rendiamo conto.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Ve ne fornisco pronta dimostrazione. Prendete la locandina in apertura di questo post: l'ho scovata scorrendo Facebook ed ho avuto una prima reazione istintiva , tra l'altro non proprio originale. Un altro film con la Morante NO. Poi ho letto che il film non è solo con, ma è anche DI Laura Morante. Il NO si è fatto più insistente, insieme alla domanda di tutta una vita: perché il cinema italiano non è ancora stanco del solito personaggio di donna nevrotica pseudo impegnata, in realtà fragilissima e succube dell'approvazione maschile/paterna, che la Morante ci propina da svariate decadi? Ogni volta che vedo un suo film mi prudono le mani, per il desiderio di prenderla a sberle e chiederle come le sia venuto in mente, in un mondo già così a sfavore della donna, di fare dello stereotipo della sindrome premestruale/premenopausa la sua ragione di recitazione. </span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Poi l'occhio mi è caduto sul volto sorridente da Giove Pluvio di Marco Giallini e lì c'è stata l'inversione di tendenza. Al cuore non si comanda e il mio batte da tempo di amore immotivato per questo barbuto attore, la cui presenza mi illumina ogni pellicoletta che il nostro cinema riesce a produrre. Per cui, brusco cambio di percezione: magari il film non è così male, magari la Morante per una volta si è presa un po' di Xanax ed è riuscita a recitare la parte di una donna non costantemente bisognosa di supporto psichiatrico. Magari è perfino bello e profondo.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Però. C'è sempre un però. In questo caso il però è biondo ed ha recitato diverse puntate nel ruolo della Cagna: Carolina Crescentini. La detesto da tempi insospettabili e rimango dell'idea che l'essere stata selezionata per il ruolo dell'attrice di soap incapace di declamare il proprio nome e cognome nella fiction Boris non sia riprova che, al contrario, è sveglia e talentuosa. Ed eccola, nella stessa locandina con Giallini, solo più defilata. Sospetto, molto sospetto.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Mi scorro i nomi degli attori che partecipano al film: la Crescentini è abbastanza in cima alla lista, segno che potrebbe imporci la sua presenza sin dai primi minuti di pellicola. Il nome di Giallini, invece, non lo trovo. Poi eccolo, in fondo, per ultimo, dopo la microscopica riga di caratteri che ci informa che la sua è una "partecipazione straordinaria". Un modo delizioso per inquadrare il compito di specchietto per le allodole di un attore che, evidentemente, non fa presa solo sui miei di ormoni. Quindi ok, si abolisce l'emendamento, vale la regola d'oro: un altro film con la Morante NO E POI NO.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">L'oggettività, concludo io, non è di questo mondo, ma il libero arbitrio cinematografico sì, per fortuna. Un diritto che ho conquistato combattendo duramente, liberandomi di un certo ex, fanatico della filmografia di Segal e Van Damme, e poi anche di quell'altro ex, consumatore compulsivo di film tratti da fumetti. Mi sono volutamente fatta mancare una terza tipologia di ex, quello amante dei film italiani/francesi/islandesi DI NICCHIA, perché anche il masochismo conosce dei limiti. Ed ora, veleggiando verso la maturità, mi godo il conquistato diritto alla soggettività parziale, senza il minimo accenno di senso di colpa. Comunque Giallini poi forse un'occhiatina la vale...</span><br />
<br />Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-77926391531501290662015-12-02T09:45:00.003+01:002015-12-02T09:45:54.771+01:00DICEMBRERIE (RELOADED)<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPlde3NkViV3r7R4opBpINGVML2hIrfHqN2CPJDcX4pCmzVPYD4_bjos_pjZEwEXV_hsuoViCUiAkcauYx0yqVYsiUOVas054DwLNC5234Fb50fNWvdfU9mMOm0d4s6fGKkoLyu1N7uLw/s1600/FRANKIE+DICEMBRERIE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPlde3NkViV3r7R4opBpINGVML2hIrfHqN2CPJDcX4pCmzVPYD4_bjos_pjZEwEXV_hsuoViCUiAkcauYx0yqVYsiUOVas054DwLNC5234Fb50fNWvdfU9mMOm0d4s6fGKkoLyu1N7uLw/s320/FRANKIE+DICEMBRERIE.jpg" width="320" /></a></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">Questo post appartiene alla felice cerchia di quelli che avevo pubblicato tempo fa e che Blogger ha deciso di cestinare, per motivi ignoti. Comunque credo c'entrino il riscaldamento globale e i cerchi nel grano. Fatto sta che non compare più nella cronologia della sua epoca di pubblicazione, che era originariamente il <b>21 dicembre 2013</b>. </span></div>
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<span style="font-size: large;">Ma, come ci insegna 50 Sfumature di Grigio, non tutto il male vien</span></div>
<a name='more'></a><span style="font-size: large;"> per nuocere. Perché questo articolo è attuale oggi come lo era 2 anni fa. Parla delle stranezze che accompagnano o precedono il mese di dicembre, in cui tutto è possibile. Purtroppo. </span><br />
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<span style="font-size: large;">Dunque lo rispolvero, sia per rimediare al boicottaggio subito, sia perché quest'anno dicembre è stato foriero di un'indiscutibile follia social.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Non vi siete accorti di nulla? Allora vi faccio notare che:</span></div>
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<span style="font-size: large;">1) Su facebook ha imperversato per settimane l'esilarante pagina delle profezie di <b>Oriana Fallaci</b>.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Ora. La signora a me non è mai sembrata simpatica. Sicuramente, e già molto prima di essere colpita dalla malattia, aveva dato prova di un carattere duro e arrabbiato che non ne faceva esattamente la regina delle feste. I suoi ultimi lavori mi hanno sempre dato l'idea di essere frutto di sofferenza e paura, un'abbinata potente quanto "mozzicone di sigaretta-scia di benzina" in un film di Van Damme. <b>Ma, altrettanto sicuramente, non è stata soltanto questo.</b> Sapeva scrivere, il che è molto più di quanto si possa dire di tantissime persone che, oggi, di scrittura ci campano. E sto pensando a nomi molto più illustri e tronfi di Fabio Volo.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Ha assistito a molte cose in vita sua, le ha raccontate a chi non poteva o voleva vedere quello che ha visto lei. Ha detto qualcosa che condivido, molto altro che non penso, ma è stata una donna intelligente e particolare. Non so cosa volesse dire essere donna e giornalista ai tempi suoi, ma, considerate le discriminazioni di genere che mi sorbisco tutti i giorni io, donna moderna, immagino non fosse un gran sollazzo. Roba da far incazzare parecchio, penso. E lo penso perché io stessa sono incazzata da 37 anni. Eppure, come lei, continuo a combattere per essere me stessa e non una bambolina a cui qualche cazzone fa pat pat sulla testa.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Farsi sberleffo di una donna del genere, in un mondo in cui la mediocrità è già un obiettivo di alto profilo, mi pare ingiusto e superficiale, da ingrati ed un enorme spreco.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Ok, la storia della profetessa inascoltata era una roba da "Omero for dummies" e la diffusione che questo messaggio ridicolo ha avuto è stata inquietante, al punto che me la sono sentita riproporre, con le stesse identiche parole di molti post, dalla mia ginecologa che, per età e carattere, non mi vedo a calcare le scene di facebook. Ma allora spernacchiate chi l'ha proclamata Cassandra della guerra santa. Lo so, loro sono tanti e poco noti, lei una sola e conosciuta. A me però le scorciatoie non sono mai piaciute, al pari delle giustificazioni.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">2) Noto da circa una settimana l'esilarante evento facebook che propone di <b>scambiarsi regalini natalizi con la Franzoni</b>. E giù di battute a base di mestoli, zoccoli, pigiami macchiati di sangue, corredati di foto natalizie con la villetta di Cogne sullo sfondo. Non conosco l'inventore della cosa, spero però non abbia più di 12 anni. </span></div>
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<span style="font-size: large;">Più di lui, che potrebbe essere una devianza accidentale, mi danno da pensare le duemila e passa persone che seguono con interesse l'evento. Temo non possano essere tutti studenti delle medie. Lo ammetto, non sono un'appassionata di cronaca nera, non mi interessa lo sviluppo dei grandi delitti italiani, tanto vi posso anticipare lo svolgimento giudiziario di quasi tutti: il colpevole non è quello catturato, sì invece è proprio lui/lei, no non è stato nessuno (<b>sentenza della Cassazione che ci insegna a credere nei rapimenti degli alieni, poiché non c'è mai un responsabile per nulla</b>). Epilogo a parte, questa vicenda mi ha sempre fatto profonda tristezza. Non solo per la vittima, non solo per una madre che, per quanto evidentemente bisognosa di cure serie, dovrà convivere tutta la vita con la perdita di un figlio, ma perché tutto l'ambiente intorno a lei mi sembrava estremamente chiuso e malsano, mi dava i brividi. Le famiglie sono sistemi complessi e possono essere terribili, possono stritolare individui come nulla fosse. Me ne rendo conto tutti i giorni anche senza guardare Chi l'ha visto e non mi viene da ridere. Son strana, lo so.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">3) Infine, la bacheca per insulti ad <b>Adele</b>. </span></div>
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<span style="font-size: large;">Siamo tutti d'accordo, credo, sul fatto che le sue canzoni siano raramente distinguibili l'una dall'altra e di una malinconia che non percepivo più dai testi dei bei tempi di Masini. La buona notizia è (lo so, si stenta a crederlo): non è ancora obbligatorio ascoltarla. Che senso ha deriderla? Non è che io sia preoccupata per la fanciulla, che gode di condizioni economiche e professionali sicuramente migliori di tanti e certo delle mie. Anche in questo caso però non ci vedo niente di divertente nell'offendere qualcuno per il lavoro che svolge. Oltretutto, ha il buon senso di non essere in politica, per cui le è impossibile imporre una sua eventuale pochezza al paese tutto. Non c'è ragione di creare movimenti di tale portata. Se no, se questo è il nuovo modo di agire in branco dei social, vi prego, qualcuno promuova subito una pagina contro la canzone 21 grammi di <b>Fedez</b>. Non sarà di istigazione all'uso di droghe pesanti, ma, considerato che la passano e ripassano in radio, è impossibile sperare che non abbia già indotto più d'uno all'alcolismo serio. </span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">In tutti questi casi, non sono i soggetti della burla dicembrina che mi preoccupano, sono certa sapranno difendersi senza il mio aiuto. Ma la gente che a queste burle aderisce quella sì, mi dà da pensare. Ce la meniamo in ogni dove, soprattutto sui social, per il fenomeno del bullismo. Due compagni di scuola, che si stanno rispettosamente sulle palle, non hanno più la libertà di regolare la vicenda a suon di sputazzi e calci negli stinchi senza che i rispettivi genitori li trascinino in Tribunale, o da un terapeuta, per stalking, minacce e, perché no, violenze sessuali bulliche (le ho create io ora, ma penso andranno forte in certi ambienti scolastici). E poi ci sollazziamo ridendo per pagine come quelle riportate sopra? Mi sa che l'empatia la coltiviamo solo a parole e, come sa il pubblico di Criminal Minds, la sua carenza è il tratto distintivo dei serial killer sociopatici.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-size: large;">L'ironia è sicuramente una virtù, soprattutto se praticata verso se stessi con dissacrante passione. Lo sostengo da tempo e per questo la coltivo con costanza. Eppure, più importante ancora di saper far nascere un sorriso, c'è la consapevolezza di quando sia opportuno spegnerlo.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Buone dicembrerie a tutti, ma proprio tutti. Anche a Fabio Volo.</span></div>
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<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjITIEyXLcpwsOuIVNn8ieJTNb94PSEXfpcnF5HGligOTVvYo0KZMYDWB7JDkvfcutudgRPdaCuT8DyCc4YwcL8MQNg5Ini-f4xkOWamBdm4R8Wu9rf9U65glCulaKREZku_sbS9U8Xt2c/s1600/agrifoglio.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="41" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjITIEyXLcpwsOuIVNn8ieJTNb94PSEXfpcnF5HGligOTVvYo0KZMYDWB7JDkvfcutudgRPdaCuT8DyCc4YwcL8MQNg5Ini-f4xkOWamBdm4R8Wu9rf9U65glCulaKREZku_sbS9U8Xt2c/s320/agrifoglio.png" width="320" /></a></div>
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<br /></div>
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<span style="font-size: large;">Dicembre, il triangolo delle Bermuda del nostro calendario: ci entri che sei il te stesso di sempre, lo attraversi completamente trasformato nel corpo e nell'anima, con il mondo che sembra perdere tutti i punti di riferimento a cui ti ha abituato. Ne esci sconvolto, con molti organi compromessi e ricordi confusi. Rimangono, indelebili nella memoria, a monito eterno per tutti i futuri Natali su cui allungheranno l'ombra della paura, le immagini delle Dicembrerie.</span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Le Dicembrerie (vocabolo nato dall'indesiderabile accostamento di Dicembre e stramberia) sono fatti assurdi, inspiegabili, che accadono soltanto in questo periodo dell'anno e che spesso sono compiuti da persone che escono alla luce del sole unicamente in questo periodo dell'anno. Io ne ho individuate tre, al momento, ma sono aperta ad altre segnalazioni, visto che, inspiegabilmente, le autorità preposte a queste materie (cioè sostanzialmente i soliti, Roberto Giacobbo, Enrico Ruggeri e Adam Kadmon) non ne danno notizia.</span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">La prima Dicembreria è data dal popolo degli <b>Stupiti</b>. Questa etnia è composta solo per una minuscola percentuale da persone che sono pressoché normali per il resto dell'anno e subiscono il virus dello stupore in questo mese. I restanti, tantissimi, sono persone che, evidentemente, vivono nascoste per 11 mesi, per poi saltare fuori come una mina antiuomo il 1 dicembre. Si aggirano tra di noi, riconoscibilissimi, perché sembra siano stati flashati da un laser o depositati in quel momento sulla terra dagli alieni, per mezzo di abbacinante raggio traente. Fatto sta che, siano a piedi, in bici, in moto o addirittura su quattro ruote, il risultato non cambia. Si muovono ondeggianti, incerti, sempre e comunque lentissimi, fino a quando non si fermano di colpo, immobili. Può avvenire in ogni momento e in ogni luogo, purché a) il loro fermarsi sia in grado di ostruire un passaggio pedonale affollato o almeno un'arteria stradale non secondaria b) dietro di loro, congestionati nello sforzo di raccogliere l'aria sufficiente per il vaffanculo che il galateo richiede, ci siano non meno di 30 persone disposte alla rissa. Lo Stupito non se ne avvede, perché staziona con il naso all'insù intento ad ammirare le decorazioni natalizie, le frecce di Corte Isolani, i famosi tetti di Bologna (cercasi volontari per spiegargli che si guardano dall'alto, non dalle travi) o semplicemente l'artistica forma che, grazie alla caduta, assume il guano di piccione che sta per piombargli in un occhio. Tutto è stupore per lui, ma guai a disturbarlo: un'accarezzatina leggera leggera di clacson trasforma lo Stupito in un goblin di Tolkien, orecchie a punta e canini aguzzi, gli anatemi più originali già posizionati ai blocchi di partenza sulla lingua. Terrificante. </span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Ma il mistero più grande resta l'origine degli Stupiti: dove nascono, dove vivono, chi gli dà da mangiare e perché si nascondono tutto il resto dell'anno per poi uscire sotto le festività invernali? Ma soprattutto perché, se agli altri esseri umani, che vanno al lavoro tutti i giorni, capita in continuazione di trovare la macchina che non parte o le portiere incollate dal ghiaccio, al punto da indire assemblea straordinaria per deliberare l'acquisto di un phon condominiale ad alta potenza, allo Stupito, che usa la Panda/Punto soltanto 20 giorni scarsi all'anno, tutto funziona sempre perfettamente? Davvero ogni cosa si spiega con la classica, indomabile botta di culo? O qualcuno li aiuta, nel silenzio del collaborazionismo? Questo è l'effetto che fanno le Dicembrerie: già solo parlare di loro confonde le menti e conduce alla pericolosa piaga della complottologia mondiale.</span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Passiamo alla seconda Dicembreria, la mia preferita: la <b>Pianificazione Propositiva</b>. Perché siamo in quel periodo dell'anno in cui si fanno i piani di battaglia e i pronostici per il mese di gennaio, come se si fosse tutti in fila su un'immaginaria linea di partenza nuova di zecca, in attesa soltanto del colpo di pistola dei fuochi d'artificio per scattare, rinnovati nella mente e nel fisico. Questa attesa regala una sensazione così positiva che ai più vien perfino voglia di scriverli, questi progetti per il nuovo anno, attività che aiuta a sentirsi veramente ganzi e manageriali, tanto più efficienti quanto più si è stati dei cazzari sparpagliati per i precedenti undici mesi. </span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Credo che ciò che carica ettolitri di adrenalina sia l'idea del cambiamento in cinque minuti, la sensazione che fino a sessanta secondi prima si fosse persone del tutto diverse, ma che grazie alla Pianificazione Propositiva di Dicembre ci si sia state redente di botto, già dimentiche di tutto quanto fatto, o, più spesso, non fatto nell'anno uscente. In questa Dicembreria, lo ammetto senza difficoltà, spunto pure io. Ogni anno subisco il fascino della organizzazione a perdita d'occhio, precisa, infallibile nelle previsioni, scadenziata come un Google Calendar vivente. Per molti anni ho cercato di costringermi dentro la tecnica dello "schematizzo ergo sum", pur essendo chiaramente una donna da ultimissimo minuto dei supplementari. Perché, comunque, l'illusione del controllo assoluto e dell'esenzione preventiva da ogni possibile errore grazie all'organizzazione è seducente. Complice, lo ammetto, la solita ingerenza del solito fidanzato, grande teorizzatore del "vedi che vita fantastica che ho io grazie al fatto che mi organizzo per tempo e prevedo sempre tutto, NONCOMETE", nonché esponente di spicco di quella nutrita cerchia di uomini che, invece di fare il tifo per l'esistenza riuscita e felice della propria compagna, trovano sollievo nello schiacciarla e ricavarne l'immagine di riflesso che tanto li consola: lei inetta e disorganizzata, loro fighi e con il potere in mano. O, più spesso, la fava (cit. Amici Miei).</span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Negli anni ho affastellato molti dicembre-mese-della-Pianificazione-Senza-Pietà. Pianificavo tutto e con grandissimo senso della realtà. Si partiva con la <b>dieta</b>: poiché a capodanno andavo in montagna, era mio desiderio arrivarci figa e snella, in modo da scendere aggraziata come cat woman dalle piste. Non essendo così entusiasta da credere nella possibilità di mangiare poco durante vigilia-natale-santo stefano, pianificavo coscienziosamente il prima e il dopo questi giorni, secondo il regime alimentare approvato da molte dittature ben riuscite: prevedevo il consumo, in una giornata, unicamente di ceci, oppure unicamente di cicoria, o ancora soltanto di arance. Avessi conservato gli schemi di quei giorni, avrei battuto Dukan sul tempo e oggi quella miliardaria sarei io. </span></div>
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<span style="font-size: large;">Poi pianificavo il piano di attacco per gli <b>esami universitari</b> della sessione di gennaio: facevo un elenco dei giorni mancanti all'appello e suddividevo le pagine da fare per ogni giornata, in modo da arrivare in scioltezza al giorno fatale, avendo finito addirittura il ripasso con anticipo. Avrebbe potuto funzionare, ve lo assicuro. Certo, in un mondo in cui le giornate fossero state fatte di 55 ore, cioè il tempo davvero sufficiente, seppure a fatica, a rispettare il ritmo di 150 pagine al giorno di diritto civile. Però non è tutto è da buttare, di quel tentativo di trasformarmi in uno scanner, perché se oggi sono in grado di leggere un libro di 200 pagine in qualche ora, il merito lo si deve ai chili di carta giuridica fagocitata all'epoca. Mi ci voleva una tale concentrazione, a capire alla prima lettura di che andasse delirando l'autore nelle sue astruse teorie sul negozio giuridico, che qualsiasi altra lettura, anche in lingue diverse dall'italiano, mi risulta oggi intuitiva. Ragione per cui, prima o poi, vorrei la soddisfazione di una seconda laurea in scienze della comunicazione, da prendere con calma, in una settimanina. La vorrei davvero e non me ne voglia chi quella laurea ha già: passare attraverso giurisprudenza pone tutti i mali del mondo in una prospettiva diversa e invariabilmente rosea.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Il bello dei progetti figli della Pianificazione Propositiva è che sono eterei come una falena: non se ne rispetta nemmeno mezzo e nessuno dei propositi di inizio anno sopravvive mai abbastanza da aiutare a disfare l'albero di natale. Ma è proprio il loro fascino, quel senso di eterno sfiorato per una attimo, l'idea di aver trovato la chiave del cambiamento. <b>Come una cotta o un brillocco, hanno il potere di farti credere per qualche istante al "per sempre"; allo stesso modo finiscono in niente, ma con molti meno danni collaterali.</b></span></div>
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<span style="font-size: large;">Terza ed ultima Dicembreria, rilevata solo di recente, è il <b>Delirio da Riproduzione</b>. Lo premetto, qui entro in un campo non di mia competenza, per carenza di esperienza personale, ma su cui mi sento rassicurata dalla conoscenza di molte donne che, pur avendo generato dei pargoli, non hanno lasciato il cervello spiaccicato su qualche parete e gestiscono la loro maternità con la grazia e la comprensione di un gerarca nazista. Quindi vado.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Grazie ai social network ho potuto scoprire questa Dicembreria, che consta dell'improvvisa orgia natalizia di post, pagine e immagini di madri e/o per madri che imbrattano la rete in ogni dove. Si vede che il clima buonone del Natale induce a tirare fuori questi argomenti, oppure, più realisticamente, si vede che queste signore dalle strane convinzioni a dicembre non hanno più voglia di fare nulla e trascorrono le ore lavorative a cercare e diffondere pensieri di eccezionale rilievo umanitario e sociale. Ecco allora una serie di post a tema "essere schiavizzati dal proprio figlio mentre questo sventra la poltrona con un cacciavite/vomita come l'esorcista su quattro pareti contemporaneamente/disegna con sostanze indelibili e tossiche sui pavimenti di cotto in cui hai investito la pensione che non avrai/ti usa come cestino dell'immondizia, appiccicandoti addosso le gomme masticate: se è successo anche a te condividi". Incuriosita, ho aperto i commenti, solo per scoprire che sono davvero pochissime le mamme che hanno commentato con un comprensibile "Ma educarli no?", mentre migliaia sono le donne che ridono amorevoli, confermando che è capitato anche a loro, eccome, ma che bello, che bello, che bello. Addirittura ce ne sono di quelle, che con figli già grandi, rimpiangono di non poter più azzerbinarsi in questo modo, che slumano, invidiose, quante invece possono comunicare orgogliose al mondo che loro si fanno ancora trattare così dai figli ultratrentenni. Praticamente delle fabbriche di produzione ed esportazione di serial killer e futuri partner demmerda.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Lo so, non ho figli, non posso capire. Verissimo, spesso mi chiedo se sarei davvero in grado di amare in maniera così profonda ed incondizionata un altro essere umano solo perché proviene dal mio utero è la risposta è sempre che non lo so, che mi viene da dubitarne, ma che non escludo a priori che possa effettivamente capitarmi. Posso però dire, lavorando ogni giorno fianco a fianco con donne che i figli ce li hanno e ogni tanto se li portano in studio, che sicuramente si può non essere così soddisfatte di crescere dei piccoli tiranni. Che si può sorridere del bel disegno che il proprio bambino ha fatto accanto a te sulla tua scrivania e il secondo dopo però ruggirgli dietro, immobilizzandolo, perché ha preso il corridoio per un campo di calcio (sul quale io pure stavo effettuando con lui alcuni dribbling ben riusciti con una palla di carta, salvo correre a nascondermi dopo l'urlo, fingendo un'adultezza che evidentemente mi manca). Sono queste le consapevolezze che mi fanno dormire serena la notte.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Ecco qua, la mia lista delle Dicembrerie è terminata. L'ho fatta con curiosità ed affetto, perché queste stranezze invernali contribuiscono a farmi sentire il clima natalizio tanto quanto l'odore dei biscotti alla cannella o le musiche di Frank Sinatra. <b>E a me il Natale piace, tantissimo, incondizionatamente, per davvero.</b> Ed essendo io una cinica dalla nascita, come molte ex amiche possono testimoniare, è mia intenzione sfatare un mito e sdoganare la festa: odiare il Natale, imprecare contro presunti obblighi non sentiti e regali non voluti, autonominarsi paladini contro l'ipocrisia imperante, odiare sottovoce e di nascosto i parenti che abbraccerai per la prima e ultima volta nel 2013, ebbene tutto questo NON è una cosa da cinici. E', innanzi tutto, una ricetta molto maschile, ma che non esclude una nutrita componente femminile, ed è, secondo le mie ricerche, composta da due parti di pigrizia, una parte di tirchieria e una parte di conformistica adesione alla moda. Perché, per utilizzare una frase tanto cara agli Odiatori del Natale, chi è cinico, lo è tutto l'anno, mica solo a dicembre.</span></div>
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<span style="font-size: large;">Questo potrebbe essere il mio post natalizio, l'ultimo scritto leggibile che pubblico prima che l'eccesso di zuccheri, trigliceridi, ma soprattutto alcool, mi renda difficoltoso coordinare il movimento delle dita, costringendomi a digitare sulla tastiera con il naso. E' probabile che d'ora in poi si leggano su questo blog lunghe file di y o k, segno che sono viva, sebbene non in possesso di tutte le mie facoltà. Quindi ci sta senz'altro che io ne approfitti e faccia ora il miglior augurio natalizio di sempre, quello che solo la penna immortale di <b>Carletto (Dickens)</b> poteva fissare nei secoli, a beneficio di noi profani moderni : <b>God bless us, every one!</b> Dicembrari compresi.</span></div>
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Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-23275885425484532392015-11-24T13:26:00.001+01:002015-12-02T09:46:13.126+01:00DIALOGO SURREALE DI ETERNO RIPOSO CON DIRITTO DI RIPENSAMENTO<span style="font-size: large;"><i>(Sabato mattina tristarello. Lui e Lei passeggiano con il cane per le strade di Argelato, un ridente paesino della bassa emiliana, al confine con la provincia ferrarese. Lui esalta le qualità della giornata campagnola: nebbia fitta, umidità da cascate e campane a morto, quale sottofondo musicale gentilmente offerto dalla chiesa del paese. Trasportato dall'atmosfera, lascia emergere il suo prepotente lato da giovane Werther </i></span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;"><i>e, abbandonando per un attimo la lettura degli annunci mortuari affissi a bordo strada, esordisce con la solita irruenza)</i>:</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">LUI:- Mica mettermele, eh?! Io non le voglio.</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI <i>(sbigottita da tanta enfasi)</i>:- Cosa?</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI <i>(come se fosse ovvio)</i>:- Le campane a morto. Non voglio niente del genere, il mio funerale deve essere una cosa riservata e modesta.</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI <i>(già soddisfatta della botta di oggettività che Lui manifesta, data dall'aver ammesso che la caducità di questa esistenza lo colpirà senz'altro per primo)</i>:- Va bene. Ma vuoi essere cremato o seppellito?</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI <i>(dubbioso)</i>:- Non è che l'idea di risvegliarmi in un forno acceso mi piaccia tanto...</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI <i>(comprendendo che il ragazzo ha visto troppi film dell'orrore e letto troppi racconti di Edgar Allan Poe e dunque ipotizza una morte apparente non riconosciuta per tempo)</i>:- Non è che svegliarsi dentro una bara sottoterra sia tanto meglio...</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI <i>(che chiaramente attendeva soltanto il "la" a questa sua geniale trovata)</i>:- E tu mettimi un pulsantino dentro la bara, da premere quando mi sveglio, collegato ad una luce che si illumina sulla lapide per segnalare che sono ancora vivo.</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI <i>(incerta se ridere della follia, chiedere un preventivo ad un bravo elettricista o spiegare a Lui che a poco gli serve il tutto, se quando pigia nel cimitero non c'è nessuno a vedere la luce o a capire cosa significa)</i>:- Vuoi un allarme nella cassa da morto, nell'eventualità che fossi ancora vivo?</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI <i>(illuminandosi in volto)</i>:- Esatto. Un SALVABARA BEGHELLI.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><i>(Tutti i diritti di sfuttamento economico dell'idea Salvabara Beghelli sono ovviamente riservati. A me, in quanto futura erede dell'Inquisitore Spagnolo, dopo che avrò accidentalmente dimenticato di avvitare la lampadina segnala-morto vivente.)</i></span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-36133884614638941992015-11-05T20:39:00.001+01:002015-11-05T20:39:59.843+01:00DI CARRELLI, AMNESIE, MODA' E BAMBUCCI MONOMANIACALI<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: large;">ATTENZIONE: questo post è stato pubblicato originariamente il 15 gennaio 2014. Lo ripropongo ora per rimediare ad un erronea eliminazione. Sorry.</span></b><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Tra i buoni propositi per il nuovo anno, ci ho infilato pure quello di scoprire un orario in cui un rinomato supermercato, che chiameremo con l'enigmatico nome di Straesse (copyright di mio padre) per rispetto della privacy dei carrelli, è abbordabile e non intasato. Ad oggi avevo provato la mattina presto (errore madornale, terra dell'Anzianotto Pensionato, che attende il suo turno avvinghiato alle serrande fin dalle 6.30, livido in volto per freddo e rabbia, perché nessuno gli apre. Soprattutto il lunedì mattina, quando l'apertura è pomeridiana), l'orario promiscuo tra le 17 e le 18.30 (doppio errore madornale con carpiato, l'orario dei lavoratori ordinari, che escono dagli uffici e piovono direttamente dentro il supermercato) e l'ora tarda, tra le 20 e le 21 (errore imperdonabile, </span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;">essendo un orario che accomuna un po' tutti, dal lavoratore finoatardi al discotecaro che si è svegliato una mezz'ora prima, al maschio cazzaro che "certo che li compro io i tovaglioli di carta, vuoi che non ci riesca?! Mi fai cretino?!" e si risveglia dal coma da Playstation alle 20.50). Ieri credevo di aver avuto il colpo di genio: le 14.30. Voglio dire, chi, a parte un disperato avvocato che ha ormai smarrito il concetto di pausa pranzo e di pranzo in generale e forse persino di alimentazione in generale, potrebbe mai avere opportunità e movente per fare la spesa a quell'ora.? Infatti, nessun altro. Il problema è che a Bologna gli avvocati sono più di quattromila, molti dei quali oggi stazionavano nel pregiato supermercato, come mi ha subito informato la sfilarata di borse Piquadro che mi colpivano ripetutamente le gambe e il gran svolazzare di eterei foulard animalier che riempivano i miei occhi. Il dato positivo è che gli avvocati, qualunque cosa facciano, la fanno al triplo della velocità di chiunque altro, per cui non si correva il rischio di rimanere bloccati nelle corsie da persone stanziate in maniera semipermanente davanti ai sacchetti del sale di Cervia, perché tutti sfrecciavano, frenetici e taglienti, dribblando i dipendenti Straesse, sempre a rischio di venire travolti o mutilati .</span></div>
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<span style="font-size: large;">Sopravvissuta al test di orario, mi sono trascinata la borsa della spesa fino alla macchina. Ogni volta faccio lo stesso errore: valuto se prendere o no il carrello, considero che alla fine devo comprare tre cose (cotone idrofilo, guanti di di lattice e yogurt), le quali pesano poco e non ha dunque senso trascinarsi dietro un bolide dalla ruota storta, quando posso usufruire del comodo cestino di plastica (sebbene la Straesse sia rimasta la sola ad avere cestini senza rotelline, che al secondo vasetto di di marmellata diventano insollevabili). Tutto giusto, non fosse per l'istinto da affastellamento compulsivo che mi invade superate le barriere dell'ingresso, in risposta al quale compro merce per almeno 30 euro, scegliendo accuratamente le cose più pesanti, tra le quali non mancano mai un paio di chili di pompelmi rosa e una confezione multipla di detersivo da lavatrice in bottiglioni. Solo quando ho pagato e tento di sollevare le maniglie del borsone, che paiono saldamente ancorate al pavimento, ricordo di avere parcheggiato la macchina all'angolo estremo del cortile. Credo che questo rapporto tra amnesia temporanea e acquisto improvvisato di merci pesanterrime meriti un approfondimento scientifico. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
Raggiunto gloriosamente il bagagliaio, mi siedo al volante e, tra un rantolo e l'altro, considero che nonostante tutto, mi sento positiva e piena di aspettative verso qualcosa di bello, che ancora non so cos'è. In cerca di una risposta a questa mia premonizione, pigio il tasto della radio ed è subito chiaro che il mio sesto senso non era indirizzato alla musica: speravo in qualcosa di ritmato ed allegro, mi imbatto invece nei Modà. La voce piangente del cantante latra addolorata il verso "Tuuuuuu...così forte e sola...tuuuuu" ed io mi ritrovo a riflettere sul perché del successo di questo gruppo, che oltre a fare armonie sempre abbastanza simili, sforna testi di cui spesso mi sfugge il senso e la grammatica. Già il precedente vaneggiare di campi di fragole non mi aveva convinto, ma stavolta sono andati oltre, perché a chi diavolo parla il nostro Francesco Silvestre, in arte Kekko (...) quando dice che lei lo attraversa? Ad un fantasma? Ad un'ex inviperita, che tenta di piallarlo con una schiacciasassi e uniformarlo all'asfalto della strada? Non sono un'esperta di rapporti romantici, ma se un tizio mi attraversa, io quantomeno mi preoccupo, fosse anche solo per l'italiano, che è un attimo ritrovarsi sui viali trafficati di Bologna, con lui che premurosamente ti aggancia dicendoti "dai la mano a Kekko, che t'attraversa".</div>
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Comunque, come ci sono le giornate no, ci sono pure quelle sì, che lo sono a prescindere dai fatti, Modà compresi, ragione per cui ho mantenuto intatto il mio umore gioioso fino al rientro in studio. Lì non c'è più stata gara, ha vinto lo sconcerto. La metamorfosi del vicino bambuccio del piano di sopra è ormai preoccupante, al limite dello sdoppiamento di personalità. Ricapitolando, il bambuccio nell'ultimo anno ha dimostrato una passione compulsiva per (in ordine di apparizione): a) abluzioni pomeridiane, con lodevole cura dell'igiene personale, ma dispendio di molti litri di acqua rumorosamente versati sulla mia testa; b) tutta la musica ad altissimo volume, da Jovanotti a Miles Davis, passione che aveva indotto più volte i miei colleghi a suonargli festosamente il campanello, al fine di esprimergli le più vive felicitazioni per la scelta del motivetto reggae con cui ha martellato i timpani di due scale di condominio per una settimana intera; c) nelle festività natalizie, forse per un richiamo alla natività, produzione artigianale di suoni, grazie al sesso più rumoroso che mi sia mai capitato di ascoltare; d) novità dello scorso pomeriggio, ripetuti esercizi al piano del manuale Clementi. Io sono contenta, davvero, che abbia inclinazione per così tante arti, dalla selezione musicale, all'utilizzo del proprio strumento, al suono del pianoforte, ha senz'altro una vita e una mente ricca, sebbene non sempre in maniera motivata. Però a tutto c'è un limite e io credo che, quando ti ritrovi a rimpiangere Kekko che, un po' cafonamente, interrompe la tipa che lo attraversa per spiegarle che "non esiste il mondo perché per prima esisti tu" (concetto pericolosissimo, da non esprimere ad alta voce, soprattutto nella fila spedizioni e pacchi degli uffici postali), si sia di fronte alla prova tangibile che quel limite è stato ampiamente superato.</div>
Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-21199558019762619992015-11-04T20:33:00.000+01:002015-12-29T17:31:54.658+01:00DIALOGO SURREALE DI NONNA E DI MELE<span style="font-size: large;"><i>(Domenica pomeriggio. Lui e Lei si sono lanciati in una nuova sfida culinaria: trovare e sperimentare tutte le ricette esistenti di torta di mele, per eleggere la preferita. Così, ogni domenica, sperimentano una nuova torta. Questa settimana tocca alla ricetta della nonna di un ex di Lei, il che non lascia presagire nulla di buono. Mentre Lei mescola gli ingredienti principali, Lui viene incaricato di pelare e tagliare le mele, secondo il fulgido esempio di Gianni Morandi. Che, tra l'altro, piuttosto che cantare di banana e lampone avrebbe fatto meglio a parlare più sinceramente di patate e piselli.</i></span><br />
<a name='more'></a><br />
<span style="font-size: large;"><i>Iniziano insieme a lavorare, ma dopo poco Lui è già smarrito: vaga per la cucina, aprendo tutti gli sportelli, alla ricerca di quello che definisce il suo pelapatate professionale. A quanto pare, a forza di film dell'orrore su presenze spiritiche, il guaio è successo e quel tritura attributi di Cracco si è installato nel corpo di Lui, decretando che un banale coltello non basta a sbucciare una banale mela Gold. Lei, notando che la ripresa tarda ad arrivare e che tutti gli altri ingredienti sono già pronti nella ciotola, prende in mano la situazione e rinviene il Graal di tutti i pelapatate nella lavastoviglie. Lui riparte, motivatissimo. Dopo dieci minuti, ha pulito forse una mela. Lei si rassegna e, non avendo altro da fare, inizia a preparare la cena. Dopo un po' si gira e trova lui che vaga per casa con dei libri in mano. Gli urla di tornare al suo posto a sbucciare mele e, magari, anche a tagliarle. Lui sobbalza e si giustifica dicendo che aveva visto Lei fare altro e quindi pensava non ci fosse fretta. Il dettaglio che Lei facesse altro perché aveva ultimato la propria parte gli era, chissà come, sfuggito. Lei resta a fissarlo. Lui inizia finalmente a tagliare gli spicchi, ricavandone dei pezzi grossi come tappi di sughero, irregolari, uno diverso dall'altro. Cracco deve essersi appisolato proprio quando serviva davvero).</i></span><br />
<span style="font-size: large;"><i><br /></i></span>
<span style="font-size: large;">LEI <i>(a braccia conserte, friggendo dalla voglia di strappargli di mano il coltello)</i>:- Ma come le tagliamo bene queste mele. Bei pezzettoni enormi, perfetti per NON cuocersi dentro una torta.</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI <i>(sereno e lento come suo solito)</i>:- Esatto. Sono pezzettoni rustici, per una torta rustica. Del resto - <i>(aggiunge, facendo riferimento al titolo della ricetta, che è torta della nonna)</i> - questa è la torta di una nonna, non può essere che così.</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI <i>(incuriosita)</i>:- Cioè la nonna è per forza rustica?</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI <i>(con tono da documentario)</i>:- Ovvio, è una nonna. La torta le viene rustica perché mica ci vede, ti pare che possa notare come sono i pezzi delle mele? Già è tanto se non ci sbava dentro.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><i>(Mi sento di chiedere scusa a tutte le nonne del mondo per questa deviante interpretazione del concetto di rustico. Per farci perdonare, Lui invierà a ciascuna di voi, in pacchetto personalizzato, il pelapatate professionale di cui non potrete più fare a meno. Ve lo consegna Cracco. Lo riconoscerete perché invece di suonare il campanello vi urlerà alla porta "Daaaaaiiiiii!").</i> </span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-24576327302836767682015-10-25T20:49:00.002+01:002015-10-25T20:49:43.071+01:00DIALOGO SURREALE DI LAVAGGI ED INVENTIVA<span style="font-size: large;"><i>(Sabato pomeriggio di faccende domestiche. Lui e Lei si incrociano per casa, ognuno operosamente addetto a qualche compito. Fuori è autunno e Lei ne è così contenta da aver concesso a lui, in una botta di generosità e democrazia, di caricare da solo una lavatrice. Dopo un po' Lei entra per caso nel bagno dove si trova l'elettrodomestico e l'occhio le cade sull'oblò. E là, a farle "ciao ciao" dalla guarnizione di gomma, spunta un fazzoletto di carta, appallottolato e infradiciato, avviato verso un destino ineluttabile di squagliamento e disseminazione su tutti gli altri capi. Lei esplode in un urlo incontrollato)</i></span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">LEI (sempre elegantissima):- Perdindirindina! (giuro, eh, proprio così. Mai potrebbe uscirsene, che so, con un "Ma cazzo!")</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (che aspettava geppetto in un angolo, orecchie tese e coda di paglia a dimensione pavone):- Non è come credi!</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (ringhiando):- E quindi com'è, se non che come al solito hai dimenticato di controllare le tasche degli abiti prima di lavarli?!</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI:- No, no e no, è un panno acchiappa colori!</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (presa in contropiede per una frazione di secondo dalla tranquilla convinzione di Lui, incespica. Poi ha una visione dell'armadietto dei detersivi e si fa sospettosa):- Non abbiamo mai comprato panni acchiappa colori...</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (spavaldo e tronfio):- Come lo sai? Non puoi saperlo, l'ho comprato io! E' un panno acchiappa colori! (e sottolinea il concetto con il gesto di Sordi ai lavoratori) Dimostra il contrario, se ci riesci! </span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (pensando mesta che per dimostrare il contrario basta attendere la fine del lavaggio):- ...</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (trionfante e rivolto al cane):- Hai visto Frankie? L'ho lasciata senza parole! Per una volta si è ammutolita!</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;"><i>(Un dì, se non andranno sempre cazzeggiando di ricerca inutile in ricerca inutile, mi piacerebbe che quell'abusato team di scienziati si dedicasse alle cose davvero serie della vita. Come individuare il gene responsabile della cronica incapacità maschile di ricordarsi di svuotare le tasche degli abiti prima di lanciarli dentro la lavatrice. Quel giorno felice smetterò di vedere la mia biancheria spartirsi il cestello con brugole, bulloni e fazzoletti intrisi di olio e moccio.)</i></span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-64298261262253659522015-10-18T11:02:00.003+02:002015-10-18T11:10:24.096+02:00IN AMORE VINCE CHI SI CURA (DI TE)<span style="font-size: large;">Di solito non m'imbrodo né mi lodo, sono attività che non amo. Si tende a rendersi sempre un po' ridicoli quando si applaude se stessi. Di solito, poi, dell'Inquisitore Spagnolo ne parlo per celebrare la mente non convenzionale e l'umorismo spesso involontario che lo contraddistinguono, per cui chissà tu che leggi che idea ti sei fatta di questo bruno giovane, che quando si rabbuia riesce ad assumere la stessa aria di seria riprovazione sfoggiata dal mio cane <a href="https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10207362288590991&set=a.1946583979833.2128271.1099544352&type=3&theater" target="_blank">Frankie</a>. Magari è per questo che si piacciono, per una strana corrispondenza di imbronciati sensi.</span><br />
<span style="font-size: large;">Ho anche notato che i miei racconti sono interpretati da alcuni come una sorta di perenne lamentela sul mondo che mi circonda, una sorta di anticipo su quella vecchiaia che trascorrerò in fila nella sala d'attesa del medico di base, spettegolando sull'ultima tirocinante ventenne che si è trovato e su come ai miei tempi queste cose non succedessero. </span><br />
<span style="font-size: large;">Io dico che non è così e</span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;"> per dimostrarlo oggi vi racconto una cosa bella. Una di quelle cose che ridà fiducia nell'umanità, sopratutto in quella parte di umanità che intavola gare con gli amici, righello alla mano, fondate su lunghezze più o meno pregevoli.</span><br />
<span style="font-size: large;">Ieri sera ero stanca e sono svenuta sul divano, con molta grazia però. L'Inquisitore Spagnolo è svenuto con me. Ci siamo riavuti verso le 2 di notte, quando il film che stavamo guardando era finito da un po' e si era già alle pregiate programmazioni XXX di Cielo, che rispolvera film presunti erotici degli anni '70 a beneficio, immagino, di qualche Anzianotto vivace che non ha ancora completato il corso sull'uso di Internet all'Università della terza età. Io ero stravolta dal sonno, quindi mi sono limitata a fare finta di riporre i piatti della cena che ancora erano rimasti in giro, a spogliarmi e ad infilarmi a letto. Ho sentito l'Inquisitore Spagnolo armeggiare e poi non ricordo altro.</span><br />
<span style="font-size: large;">Stamattina mi alzo e scopro che, non solo ha portato fuori e poi sfamato il povero Frankie, il quale, più ottimista del principe <a href="https://www.youtube.com/watch?v=H5JONoyCLAs" target="_blank">Filippo</a>, attendeva il nostro risveglio, ma ha anche sistemato per davvero i piatti della cena, riordinato il tutto e, dopo aver raccattato il mio cellulare in giro per casa, lo ha posato sul mio comodino e LO HA MESSO IN CARICA. Sono forse piccole cose, ma che dicono davvero quello che, ve lo giuro, qualunque donna vuole sentirsi dire: mi curo di te. Questo è quello che davvero ci vuole. Non il mazzo di fiori del primo anniversario, che marcisce in attesa di un successore che non arriverà mai. Non la collanina d'oro che, finita la relazione, verrà rivenduta perché diventata oggetto del diavolo che ricorda cose che è meglio dimenticare. Semplicemente questo, il gesto fatto senza che fosse chiesto, senza un'occasione particolare, senza un motivo specifico se non il sapere che del cellulare hai bisogno e che la mattina dopo ti aggirerai spaesata senza di lui, costretta a lasciarlo in carica per ore.</span><br />
<span style="font-size: large;">Naturalmente non ho nemmeno bisogno di sottolineare l'ovvio, e cioè che, se penso ai precedenti fidanzati, non ne trovo uno che mi avrebbe rimboccato le coperte per poi occuparsi di cane e casa alle due di notte. O, se mai l'avesse fatto, sarebbe stato per una sorta di investimento: cioè la possibilità di ipotecare sin da ora le prossime due vite, trascorse a rinfacciarmi quella volta che aveva portato fuori il cane mentre io, da egoista, ero svenuta a letto. Ma le mie reincarnazioni sono al sicuro, non è mai successo. Ho avuto un uomo che non alzava nemmeno la scopa per raccogliere un mucchietto di pelo con cui Frankie aveva decorato il pavimento, in attesa del mio intervento. Salvo poi, a seguito di visita a sorpresa di comuni conoscenze, esclamare che l'avevo fatto vergognare davanti ai SUOI amici per lo stato della casa. O anche un altro uomo, che se ne andava a letto sereno, dopo un sabato sera fuori, invitandomi a portare fuori il cane, in pieno centro città alle 2 di notte, all'inno di "il cane è tuo, ci devi pensare tu". </span><br />
<span style="font-size: large;">Questa è l'inizio di una vera parità dei sessi: io mi curo di te, tu ti curi di me, non importa se la società pensa che sia accettabile o meno, virile o meno, femminile o meno. Questo, per me, è amore.</span><br />
<span style="font-size: large;">Bello, vero? Lo so. Sembro quasi seria. Ma questo è il mio blog e a questo post manca qualcosa. Un bel dialogo surreale che ci introduca al nuovo giorno, ad esempio. </span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">DIALOGO SURREALE DI RISVEGLI MUSICALI</span><br />
<span style="font-size: large;"><i>(Sabato mattino presto. Lui e Lei dormono abbracciati nel letto. Poiché hanno un appuntamento, Lui ha inserito le sue solite tre sveglie diverse sul cellulare, con suoni diversi. Grazie a Dio ha rinunciato agli allarmi da sottomarino della seconda guerra mondiale e optato per musiche da meditazione orientale, dopo appena un paio di litigate alle 6 del mattino con Lei. Parte la prima sveglia, Lei lo sollecita a ditate e Lui si decide a spegnerla, per poi tornare nella posizione in cui dormiva. Con la seconda sveglia si ripete la scena. Alla terza e prima che Lei possa sditazzarlo...)</i></span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (<i>Con autentico entusiasmo, abbracciando Lei con forza e avvinghiandola anche con le gambe, di modo che non si possa più muovere):- </i>Non dire niente, questa godiamocela! </span><br />
<i style="font-size: x-large;">(Ed inizia a canticchiare a mezza voce stonata la melodia della suoneria)</i><br />
<i style="font-size: x-large;"><br /></i>
<span style="font-size: large;">E' chiaro che devo rivedere il concetto di cura di cui sopra. A volte, amore è anche organizzare incontri periodici con un buon terapista.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-86495290446045216632015-10-15T08:53:00.000+02:002015-10-15T08:54:25.124+02:00FIAT A TE E TUTTI I TUOI DISCENDENTI<div style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: large;">ATTENZIONE: questo post è stato pubblicato originariamente il 23 gennaio 2014. Lo ripropongo ora per rimediare ad un erronea eliminazione. Sorry.</span></b><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Dopo le guide dicembrine e queste ultime settimane, in cui il mondo si è appena ricordato che esiste una vita all'infuori di casa e del panettone, ne ho la certezza: Fiat non è un marchio, non è un acronimo, nè tanto meno il richiamo ad una squisitezza di cioccolato e grassi saturi. No, Fiat è un anatema, un incrocio ben riuscito tra un'imprecazione e una maledizione, ma di quelle temute, quelle che portano i presenti a sgranare gli occhi e toccare con mano salda legno, ferro o carne, a seconda della credenza vissuta come più autentica. Sul punto mi sento ingannata: </span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;">anni di rassicuranti pubblicità a sfondo maschilista-familiare, tentativi di associare i relativi mezzi ad un'immagine più giovane ed i(n)spirata come quella di Lapo e la verità è ben diversa. La verità è che, quando vedo quella quattro lettere davanti a me, mi si accappona la pelle, soprattutto se le sto guardando dall'interno della mia auto, perché dall'anatema vengono solo disastri. Che poi era da dire, Fiat è anche una forma verbale latina e, come insegna Harry Potter, tutte le peggiori maledizioni sono in quella lingua.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Le prove sull'efficacia dell'anatema sono quotidiane: se ho fretta perché ho un appuntamento e mi sono già goduta una mezz'ora di tangenziale intasata, dilapidando l'anticipo da ansia con cui parto da casa, e sto facendo psicologicamente conto sulle stradine senza semaforo che portano in studio, è garantito che al primo incrocio mi si piazza davanti una bella Punto a metano, color grigio smunto, dotata di cruise control, ahimè bloccato sui 35 chilometri orari. Alla guida un Candido Anzianotto, cranio soffuso di piumosa peluria bianca e altezza inferiore al metro e cinquanta, che inchioda ad ogni stradina/passo carraio/fermata di autobus vuota/rientranza per i bidoni dell'immondizia, nel dubbio che possa uscire qualcuno all'improvviso. Ne deduco che l'Anzianotto Candido è un credente di Star Trek, pensa che gli ostacoli si materializzino d'improvviso da una dimensione parallela e, nel dubbio, si astiene da ogni forma di circolazione ordinaria. Anche una volta verificato che nessun pedone assatanato sta per uscire a sorpresa dal bidone dei rifiuti organici, la ripartenza non è immediata. L'Anzianotto Candido deve prima fare mente locale sul fatto di essere in macchina, quindi la spegne nel tentativo di accenderla, perché credeva fosse spenta, poi passa alcuni minuti a preoccuparsi che la carburazione non funzioni, perché preme l'acceleratore a vuoto, infine si accorge che ciò su cui affonda il piede è in realtà l'alluce valgo della moglie, che giace addormentata e sbracata accanto lui. Segue un insulto borbottato pianissimo in direzione della donna, guai a svegliarla, che sono botte date con la borsa del lavoro a maglia e lì ci sono pure i ferri, dopodiché finalmente muove i primi timidi giri di ruota. Così per oltre 5 chilometri. Quando arrivo a destinazione il cliente, che all'epoca dell'appuntamento originale aveva 25 anni, mi accoglie con lo spumante perché è diventato nonno per la seconda volta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Se capita la mattina che parto di casa rilassata, con meta in una via non distante, alla terza rotonda è quasi scontato che mi si pari davanti un bel Doblò. Purtroppo, essendo che a Longailand, Comune di Calderara, le prime due rotonde ce le hai nel cortile condominiale e la terza è di fianco ai parcheggi, è chiaro che non ho fatto molta strada quando l'Artigiano occupa il mio campo visivo con il suo mezzo. Sulle prime non mi allarmo, di solito l'Artigiano ha il piedino pesante e più fretta di me, per cui mi aspetto di vederlo scomparire all'orizzonte entro pochi secondi, il tempo di inserire la Velocità Smodata. Per questo motivo, unitamente al fatto che sto controllando nello specchietto come mi sta il lucidalabbra, quasi gli salto nel retro, realizzando così che la sua velocità di crociera oscilla tra i 40 e i 50 orari in strade di campagna che vedono più spesso ricci che non essere umani. Alle rotonde è ancora peggio, entra sicuro, ed io con lui, e poi inchioda in mezzo, anche se non c'è nessuno in vista per i due paesi successivi. Ad ogni incrocio spero di vederlo svoltare lontano da me, ma invano: il Doblò mi perseguita fino alla destinazione, salvo poi proseguire sereno e fischiettante.</span><br />
<span style="font-size: large;">Il mezzo più temuto, la regina delle maledizioni motorizzate, è la Panda. La Panda è il vero capolavoro Fiat, è il mezzo trasversale, l'asso pigliatutto che piace al Giovane Scanzonato come pure all'Anzianotto Pensionato, passando per l'Ex Giovane Attempatello. Una macchina che non ha età e non conosce fallimenti, piace sempre e comunque e, ciò che davvero è grave, resiste sempre e comunque. La Panda è come un De Beers, è per sempre, una volta entrata in una famiglia ci rimane per un minimo di due decenni buoni, passando di padre in figlio.Il che, tra l'altro, non è un detto maschilista, ma una solida realtà: la Panda, nonostante dimensione e recenti colorazioni, piace di più all'uomo di casa. Il suo essere così trasversale è la cifra della sua pericolosità. Quando una macchina così si pone tra te e il tuo destino non hai nessuna idea di cosa aspettarti: potrebbe trattarsi del tranquillo Pensionato, e qui si torna al punto sopra, ma potrebbe trattarsi anche del ragazzo con foglio rosa, che la P di Perchècazzoguidisustrada dovrebbe tatuarsela sulla fronte, o ancora dell'ex galeotto pluri sfregiato, che si immette tagliando la strada agli altri e facendo peli agli angoli della carrozzeria. Manovre per cui ci vuole della concentrazione e molte doti naturali, figuriamoci se in tutto questo poteva trovare anche il tempo di inserire la freccia. E comunque il fatto che al successivo semaforo si metta sulla destra non può essere elemento dirimente per escludere a priori che, sempre senza freccia, non abbia invece intenzione di girare a sinistra, che lui è libero di andare dove gli pare.</span><br />
<span style="font-size: large;">L'anatema circolante ha un nemico naturale e non sono io. Per citare De Andrè, le mie contromisure si limitano all'invettiva e a parecchia osservazione a scopo scientifico. Ma c'è chi si dedica con passione a combattere, insultare e sverniciare in velocità il possessore di Fiat: la sua nemesi, il Golfista. Qui non è colpa del mezzo, non è che uno diventa Golfista perché compra la relativa auto, bensì ci nasce (cioè un po' truzzo e incurante delle altrui esigenze esistenziali ) ed è questo il motivo per cui poi si compra proprio quel mezzo. Il Golfista mette le proprie chiappe sulla Golf non appena materialmente possibile, quindi in molti casi fin dai 17 anni e tre quarti. Da lì in poi lo attende una lunga (perché di solito il Golfista gli incidenti li causa, non li subisce) e gloriosa carriera fatta di dadi pelosi appesi allo specchietto, luci blu sotto la macchina, vetri oscurati, alettoni performanti sul tetto e minigonne ribassate. Queste ultime spero di averle chiamate nel modo giusto, non sono Golfista e non ho mai capito a che servissero, se non a rendere parecchio discutibile l'estetica del mezzo.</span><br />
<span style="font-size: large;">Si capirà, dalla tecnicità del mio linguaggio, che ho frequentato un Golfista e sono sopravvissuta per raccontarlo. Sicuramente a lui va il merito di uno svezzamento della mia guida, raggiunto con incoraggianti "ma dormi?! Lo vuoi superare?! Ci passa un treno in quella spazio!", nonché il vanto scientifico di aver messo fine ai miei problemi di mal d'auto, perché come lui soltanto il Blu Tornado di Gardaland. E poi un Golfista cambia tutta la tua prospettiva, ti toglie quel noioso vezzo di voler mantenere una distanza di sicurezza tra te e l'auto davanti e t'insegna che lo spazio d'arresto non è mai superiore ai 10 cm. Poi c'è anche tanto esercizio fisico: rotazione del volante con il ginocchio, con il gomito, con lo zigomo, cambio della marcia con colpo d'anca, il parcheggio in massimo due manovre nello spazio di un soffio (nel senso, parcheggio di così ridotte dimensioni che entra l'auto ed esce l'aria). Sono stati bei momenti, che lascio senza rimpianto perché 35 anni, quasi 36, è una stupenda età, ma non per lasciarci le penne. Il cuore, poi, non è più quello di una volta.</span><br />
<span style="font-size: large;">Oggi, per par condicio, sono passata ad un possessore di Fiat Punto a gpl. Non si tratta di un lavoro da badante per un arzillo signore di 80 anni, ma di appaiamento ad un giovane uomo di 32, che pensa sia normale guidare una macchina così con un discreto anticipo sul primo by pass. Conducenti di questo tipo sono rari, anche se mai abbastanza, stravaganti, ma esistono, e ti insegnano la bellezza della varietà: quella data dal guidare una deliziosa scatoletta di tonno, mentre gli altri vanno in macchina; quella di guidare ai 50 orari sulla trasversale di pianura (praticamente un'autostrada non ufficiale) e agli 80 nel traffico della San Donato; quella di stare sempre in coda a tutti, salvo effettuare il sorpasso di un macchinario agricolo soprannominato "il Mammut" in vetta ad un ponte, subito prima della discesa e con un incrocio ad appena pochi, trascurabili metri di distanza; quella di distrarsi nel meditare su chi abbia inventato i guard rail e fare un paio di chilometri a cavallo della linea di mezzeria. Chissà, se continuo in questa mia vertiginosa ascesa verso la sperimentazione più spregiudicata, non è escluso che finisca addirittura a testare un conducente di Multipla. Forse però è meglio evitare: certi mostri sacri vanno vissuti a rispettosissima distanza, hai visto mai che la pancetta e il doppio collo sfoggiati dalle carrozzeria siano contagiosi anche per i trasportati.</span></div>
Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-50188453547647225042015-10-14T10:30:00.001+02:002015-10-14T11:01:13.646+02:00DIALOGO SURREALE DI METEOROLOGIA PER DIRITTO DI NASCITA<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7smrhrG7SdTHzZ_tbqo-76MqAAyTIWDZSkfuN_Qbc-zFeAUXzdr6B4tb20SJWdoPBcQc9TS6x_T2SoMgvZCQ4UY5ryO_LBGH9nxj54sLxzEi7dCloZQJP2OxDtfZunIWp1eL5NrQ6idY/s1600/NATI+NELLA+BASSA.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7smrhrG7SdTHzZ_tbqo-76MqAAyTIWDZSkfuN_Qbc-zFeAUXzdr6B4tb20SJWdoPBcQc9TS6x_T2SoMgvZCQ4UY5ryO_LBGH9nxj54sLxzEi7dCloZQJP2OxDtfZunIWp1eL5NrQ6idY/s320/NATI+NELLA+BASSA.jpg" width="192" /></a></div>
<br />
(<i>Mattina presto. Lui, sulla soglia di casa, si appresta ad uscire. Lei lo saluta restando all'interno, senza ancora aver guardato fuori per capire il grado di orrore della giornata</i>).<br />
<br />
<span style="font-size: large;">LUI:- Ah, mi raccomando: se fai una lavatrice stendila fuori, così si asciuga.</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (sporgendosi dalla porta perplessa, memore delle previsioni di alluvioni a secchiate):- Fuori? Con questo tempo?</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (con sguardo radioso ed invasato alla Rossella O'Hara che giura che non soffrirà mai più la fame):- Certo, non vedi che sta uscendo il sole?</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (sporgendosi di nuovo a fissare un cielo plumbeo e un'aria gocciolante di umidità):- Quale sole?! Ma se c'è una nebbia umida che pare di stare sott'acqua! Se stendo fuori posso fare a meno di lavarli i vestiti...</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (sorridendo indulgente, con l'aria di chi spiega cose molto ovvie ad una bambina molto tarda):- Si vede che non sei nata nella Bassa. Questa non è nebbia. Questa è foschia. Se ci guardi attraverso si vede benissimo che uscirà il sole, non appena sarà svanita. Oggi è bel tempo, FIDATI.</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (pensando alla sua terra natia, Mantova, posizionata qualche metro sotto il livello del mare e patria della nebbia a muro):- Ok.</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">(<i>Due ore dopo Lei ha fatto ciò che avrebbe fatto ogni donna. Ha finto di concordare con il maschio e ha fatto di testa sua. Così la biancheria è al sicuro, stesa nel bagno di casa, mentre fuori piove talmente tanto che il cane si è rifiutato di uscire per la passeggiata e dorme sereno sul proprio materassone. Probabilmente nemmeno lui è nato nella Bassa</i>).</span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-43216519910763394602015-10-12T09:54:00.001+02:002015-10-25T21:00:04.254+01:00ADDIO, MIO TERENCE, ADDIO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQ5XBKaOc_UtzBe_XHIsleZNQxfDu0CtAjjmJioZ6KAMpg8X6VUFmyQ2lgUshNC7joP3xkRlc31h5yZ8gwHBAOoXFE_0b-AROfcIvKIQrow_BtRWONXcflNk860hG0kiMI4PDikYx7c4g/s1600/TERENCE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQ5XBKaOc_UtzBe_XHIsleZNQxfDu0CtAjjmJioZ6KAMpg8X6VUFmyQ2lgUshNC7joP3xkRlc31h5yZ8gwHBAOoXFE_0b-AROfcIvKIQrow_BtRWONXcflNk860hG0kiMI4PDikYx7c4g/s320/TERENCE.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Circola un post divertente su Facebook, in cui si parla del cartone animato Candy Candy e del fascinoso Terence, ovvero l'amorazzo "cattivo" della protagonista, il cui appeal era di parecchi punti superiore a quello di quel geppetto buono buono di Anthony, primo amorazzo un po' decotto di Candy, per fortuna morto prematuramente (ma non troppo). L'autrice del post prende spunto dalle differenze tra i due <b>archetipi maschili</b> rappresentati e considera quanto ci vorrebbe un Terence qualunque nella vita di tutti i
giorni. Anche per questioni di "appoggio". E non parliamo di quello morale.</span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;"><o:p></o:p></span><br />
<span style="font-size: large;">Mi è venuto da associarlo mentalmente ad un articolo che periodicamente Facebook ripropone, con un titolo che invita a scoprire perché gli uomini ti amano ma non te lo dicono. Ci aggiungo pure il carico radio, dove va di moda parlare di come <b>il testosterone spieghi le differenze tra uomo donna</b>, in particolare la capacità maschile di valutare e percepire gli spazi e la capacità, a quanto pare tutta femminile, di comunicare. Se queste teorie fossero vere, avremmo la soluzione ad ogni problema del pianeta: basterebbe relegare i maschi nel loro giusto ruolo di monta (...) carichi con muletto e porre le femmine in qualunque ruolo, soprattutto dirigenziale, che implichi un minimo di analisi, valutazione e comunicazione. Se queste teorie fossero vere, dovrei concludere di aver avuto un'allucinazione, l'altro giorno, quando ho assistito, per tutto il tempo che va dall'arancione di un semaforo al tornare verde dello stesso, ai ripetuti tentativi di un uomo di parcheggiare la propria auto in uno spazio enorme, senza riuscirvi. Altra rilevante differenza di genere: una donna si sarebbe imbarazzata e sentita in colpa al secondo tentativo e avrebbe abbandonato il parcheggio. Il Maschio Parcheggiatore, invece, ha continuato sereno ad intasare l'intera corsia di svolta a destra, senza farsi un problema al mondo. Sarà che è uno strano animale e forse si accoppia in autunno, quindi non ha tempo di notare altro. Chiederò agli Angela.</span><br />
<h3>
<span style="font-size: large;">Tutti i Terence della mia vita</span></h3>
</div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Torniamo agli aridi fatti. <b>Io Terence nella vita ce l’ho avuto</b>. Burbero, un uomo che pare ridere del mondo intero. Che invece di dirti
che sei bella o speciale o intelligente o anche solo ben depilata (e ti pare
poco?) ti prende in giro e ti affibbia nomignoli ridicoli, che per te trasudano affetto da ogni sillaba. Salvo poi scoprire, solo anni dopo, che erano proprio ciò che sembravano: prese per il culo di puro divertimento (il suo). E se mi dite che mascherano l'interesse, io vi chiedo di sedervi al vostro posto nel banco, perchè è chiaro che siamo saliti tutti su una macchina del tempo e <b>siamo tornati in terza media</b>, primo trimestre. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Parliamo qui di quel maschio che quando ti incontra al massimo ti
fa un sorriso sornione (<i>è felice di vedermi o ha uno spinacino incastrato nei
canini?</i>), guai a sfiorarti. E guai a sfiorarlo. Solo quel sorriso lì, quello intraversato tipo camion nel bel mezzo dell'autostrada o, nello specifico, del tuo flusso sanguigno, che spesso si tronca ad altezza stomaco alla vista di una tale effusione. Questo qui, dai:</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDp7dqkPx8bnIwRaxQZP7AM1UtrW7f6n1HmGj2N8EfeOoW3A0Za6dev-v2nSYDc7ZK_s5siCjPsjWKVYBwlYbB5GB9gqy5zQ0gQMQreDxGm3h_i-IbKJcjUsgbW_-NtLJkBilAsay4jD0/s1600/terence+sornione.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDp7dqkPx8bnIwRaxQZP7AM1UtrW7f6n1HmGj2N8EfeOoW3A0Za6dev-v2nSYDc7ZK_s5siCjPsjWKVYBwlYbB5GB9gqy5zQ0gQMQreDxGm3h_i-IbKJcjUsgbW_-NtLJkBilAsay4jD0/s1600/terence+sornione.jpg" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Nonostante i brividi da intraversamento, è il maschio che alla fine ti lasci scivolare addosso, perché intuisci che non c'è da cavarne nulla di buono. Poi succede qualcosa e tutto cambia. Magari, che so, sei lì che passeggi in montagna con amici, per una
strada sconnessa e verticale, alzi gli occhi dalla punta scivolosa delle tue Adidas e
vedi una mano, la sua, tesa, che ti afferra e ti sostiene, ma, soprattutto, ti provoca spostamenti di organi
interni che nemmeno sapevi di avere. Qui scatta il trappolone, quello che potremmo definire <b>"il buio oltre la siepe che però ho scambiato per luce"</b>. Quel momento di profonda dabbenaggine in cui Terence, abitualmente uno stronzo egoista senza ritorno, fa un gesto di normale educazione e ti fotte. Non in senso letterale, che poteva essere anche cosa gradita, in senso tremendamente metaforico. Ti fa passare un gesto di normale cortesia per l'espressione sofferta del suo sentire, per qualcosa di molto ben nascosto che c'è, ma che solo a te ha lasciato intravedere. Perché lui è complesso. Perché lui ha paura ad aprirsi, ma con te ha lasciato intravedere uno spiraglio del suo fantastico mondo interiore. Perché lui, in realtà, dentro di sé, nel profondo, nel buio del suo travagliato vissuto, credimi, è una inestricabile e prolungata rottura di coglioni. Solo che tu ancora non lo sai.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Finché c’è, Terence può anche avere un suo perché. Spesso è un "perché cazzo ci sono uscita", ma poco importa, anche le dentate nel cemento servono, nella vita. A volte piacciono, perfino.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il
punto è che Terence c’è davvero poco e male. Il problema ancora peggiore è che,
ogni volta che ti sei rotta dell’affettività ad intermittenza e sei
sulla porta con la valigia bianca e rossa di quella scapigliata di Candy, arriva
lui che ti afferra da dietro e provoca altri spostamenti di organi. Salvo poi
mollarti, quando è certo che la valigia torni nell'armadio. E via così, in un
valzer di borse fatte e disfatte e di trattenute dell’ultimissimo momento. Fino
a che quelle mani che ti tirano indietro provocano un ultimo, definitivo
spostamento di organi: una discesa libera di zebedei. I tuoi però, i suoi sono irreperibili da molto, come la spina dorsale.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Il segreto di Terence, ahimè, è fare leva sul più grande bug femminile di tutti i tempi: Io Ti Salverò. E' quel voler credere a tutti i costi che, anche se tutto il mondo trova che Terence sia un sociopatico affetto da egoistiche manie compulsive alquanto fastidiose, in lui c'è qualcosa di straordinariamente buono e valido e generoso, che rivelerà solo a te perché solo tu sei speciale e glielo sai far emergere. Quell'insensato senso femminile per cui, qualunque cosa facciamo, ce la dobbiamo essere conquistata con unghie e denti sanguinanti. Come se la nostra esistenza non fosse, anche senza un'aggiunta di masochismo, terribilmente faticosa.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-size: large;">Io oggi lo dico: che palle questi uomini che non sanno
dirti ti amo, ti voglio bene, sei importante per me, ma ti tocca intuirlo da come si osservano la pellicina delle unghie.
Che palle la storia che la comunicazione verbale non è nelle corde dei loro
neuroni, cioè l’ennesima scusa para-scientifica per giustificare la pigrizia epica
di molti di loro. Che palle l’uomo che ti elargisce briciole di presenza e di
vita insieme, per le quali devi pure ringraziare. Che palle pure Terence, che non ha il coraggio di
lasciare quella lagnosa manipolatrice di Susanna-senza-gamba e di ammettere al
mondo che vorrebbe portarsi a letto ogni sera una che, superate le 8 primavere, crede ancora sia normale uscire
con dei codini spumosi ai lati della testa.Che palle, ovunque tu sia, uomo sentimentalmente stitico ed analfabeta. E chiunque tu sia, marito, compagno, amorazzo passeggero, amante, amico, padre, zio, persino cugino, non importa. Sei una palla.<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-size: large;">Lo so, siamo tutti prodotti di Mamma Società che ci ha cresciuti. Quella che ci ha insegnato che un uomo con il Mocio Vileda in mano è ridicolo e risibile, perché vittima della donna con cui sta, che gli affibbia compiti che sarebbero suoi. La stessa società che ci dice che l'uomo che manifesta dei sentimenti è fesso e poco virile. Credo però che i tempi siano un tantino maturi per rimboccarsi le maniche e tentare di fare qualcosa di diverso da ciò che ci è stato inculcato a forza, di andare oltre quei post di Facebook che ancora riscuotono tanto successo e che recitano variazioni sul tema del "non rompere i maroni e dammela". </span><br />
<h3>
<span style="font-size: large;">Nuove leve, nuovi desideri</span></h3>
<span style="font-size: large;">Un giovane uomo, con cui ho avuto modo di chiacchierare di recente, mi ha chiesto perché noi donne, nella coppia, siamo sempre così scontente e pronte a rinfacciare quello che abbiamo fatto. Credo siano due problemi differenti. </span><br />
<span style="font-size: large;">Siamo <b>scontente</b>, arrabbiate e spesso incazzose, per la frustrazione di quanto sopra. Per uomini che, non importa l'età anagrafica, non paiono dare segni di cambiamento né di voglia di farlo, questo cambiamento. A cui bisogna sempre correre dietro in qualche modo, scegliendo due opzioni: assuefarsi completamente al loro modo di essere, avvolgendo la loro vita con la nostra, che fa da confine (come canta pure quel passito di Ramazzotti), oppure imporsi completamente, sostituendo la loro vita con la nostra, cosa che a molti maschi fa comodissimo. La parità, <b>due esseri umani che apportano ciascuno il proprio</b> in una relazione di qualsiasi tipo, con rispetto di entrambe le figure, è ancora appannaggio di pochissimi, davvero troppo pochi. </span><br />
<span style="font-size: large;">Sul <b>rinfacciare </b>non posso dire niente di positivo: quando una donna si mette ad elencare al compagno le cose materiali che ha fatto per lui, vuol dire, per me, che siamo sempre fermi qualche passo indietro rispetto a ciò di cui parlo. Perché si cerca di dare importanza al proprio ruolo di donna attraverso quei compiti che ci sono stati tramandati come "nostri" e che spesso dagli uomini vengono derisi.</span><br />
<span style="font-size: large;">In conclusione, per il potere da me conferito a me medesima, dichiaro che Terence ha da cavarsi dai piedi, per eccessiva noia sopraggiunta. Con l'unica, rilevante eccezione di quanto auspicavo, sul finale, <a href="http://appuntidicinismovario.blogspot.it/2015/05/la-strategia-dellocchio-da-cernia.html" target="_blank">qui</a>. Per il resto, <b>uomini</b>, è giunta l'ora di imparare ad essere qualcosa di nuovo e migliorato. Di imparare a parlare di ciò che vi passa per la testa e di saper dire, a voce alta e chiara, quando si vuole qualcuno. E per voi, <b>donne</b>, sparito definitivamente l'arrotino, è invece arrivata l'ora di smettere di macerarvi nell'ombra, a fianco di chi rimane sempre uguale, confidando nella telepatia per fargli arrivare il vostro messaggio di quanto lui non corrisponda a ciò che speravate. Anzi, meglio e prima, smettete di sperare e cominciate a desiderare. Inutile prendersi un Terence qualunque, rimanendo nel ruolo di eterna Candy (che guarda caso faceva la CROCEROSSINA). Prendetevi quello che desiderate davvero, perfino se si tratta di (orrore) un uomo che non fa fatica alcuna a declamarvi tutto il suo amore in tetrametri giambici mentre passa lo straccio in sala.</span><br />
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-43982246496955879832015-10-11T09:24:00.003+02:002015-10-14T11:03:40.198+02:00LO SCONSIGLIO HORROR DELLA SETTIMANA: HONEYMOON<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_r1HJMFUMQ-FN9elLCzRDGmVyW-xtaoyzUTnkx6yv3BXCSPF3RZiqKJxlleuQ9pZeTbO9aeOVGcD87LodG3ZOWvQ4PmcObOwNId0akaIrA44q08qh_SC05qJIg-cew5FowbJtyvDtFN4/s1600/Honeymoon_film_poster.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_r1HJMFUMQ-FN9elLCzRDGmVyW-xtaoyzUTnkx6yv3BXCSPF3RZiqKJxlleuQ9pZeTbO9aeOVGcD87LodG3ZOWvQ4PmcObOwNId0akaIrA44q08qh_SC05qJIg-cew5FowbJtyvDtFN4/s320/Honeymoon_film_poster.jpg" width="207" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Ormai sono
famelica di film dell’orrore, e lo sono con grande democrazia, spaziando dal
capolavoro d'autore al finalista del Ciofeca Film Festival. Ho visto persino
quel film, che credo si chiami Unfriended, in cui un fantasma uccide i compagni di liceo attraverso Facebook e
Skype. Se non è apertura mentale questa.</span></div>
<span style="font-size: large;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Come al solito, lo sconsiglio di oggi è merito di un’oculata scelta dell’Inquisitore Spagnolo. Diciamocelo, con gli Anzianotti già entrati in letargo e la mia attuale impossibilità di andare in palestra, non saprei di che scrivere, senza di lui. Grazie, mio gramo compagno.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Questa
settimana il mio sconsiglio horror è Honeymoon. </span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;">Un film del 2014,diretto da Leigh Janiak<span style="background-color: #f9f9f9; font-family: sans-serif; line-height: 16.38px;">,</span> che mi ha regalato zero brividi ma molte grattate: il fastidio urticante di questa pellicola ricorda da vicino i problemi primaverili con le fragole. Ma andiamo
con ordine.</span><br />
<span style="font-size: large;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">La storia
inizia con la visione di un video di nozze, girato da due giovani sposini al
termine della propria festa, in cui si alternano lui e lei a raccontare del loro
primo incontro. Di lui, che non regge il cibo indiano e passa la nottata sulla
tazza invece che, eventualmente, su di lei; e di lei, che si ammala proprio quando dovevano andare in campeggio
(chiaramente un malanno opportuno, per schivare la tenda, l’umido e gli insetti. Massima comprensione), rovinando i piani di lui, che improvvisa una tenda con le lenzuola del letto di malattia
di lei e lì sotto, tra aspirine e tazze di tè, le chiede di sposarlo. Ho
provato subito un’antipatia spontanea verso questo siparietto e credevo fosse
per la melassa da storiella di Dawson’s Creek. Ma poi ho
capito che ad innervosirmi era soprattutto lei, con le sue smorfiette storte,
quei capelli rossi, quelle ciglia chiare, praticamente bianche, che mi ricordano
tanto una varietà di mucche allevata in alto Adige e…CAZZO È LA TIPA DI GAME OF
THRONES! La protagonista del nostro vincitore settimanale dell’angolo dello
sconcerto cinematografico è infatti l’attrice che impersona Yngritte in Game of
Thrones (al secolo, Trono di Spade). Credevo di non sopportarla nella serie tv per via della parte che le
avevano assegnato: una bruta vestita di pelli che fa la dura e la figa,
senza averne titolo, spernacchiando tutto il tempo un disorientato Jon Snow,
per poi finire a pronunciare la frase più riciclata, soprattutto in ambito
comico, ovvero “tu non sai un bel niente Jonsnow”. Notare il nome scritto tutto
attaccato, tanto nella serie lo chiamano quasi sempre così, come ad un appello
scolastico, nome e cognome in fila.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">E quindi è
ufficiale, lei è antipatica di suo, anche spogliata di vello animale e con
la pelle un filo più idrata di quando fingeva di vivere tra gli iceberg.
Insopportabile. Sarà che fa pure un altro orrido siparietto, in cui giocano sul
nome di lei, che è Bea e si pronuncia come Bee (ape) e lui la chiama ape regina e lei gli risponde facendo “bzzzz” e posandogli le dita, come un
insetto vagante, sulle labbra. Sguardo intenso da “ci ameremmo tutta la vita,
se questo non fosse un film horror e il finale non fosse destinato ad essere
tanto tragico quanto smelenso è l’inutile prologo”. La mia mente invece non ha
potuto evitare di correre con il ricordo ad un libro della serie Bridget Jones,
credo fosse il primo, in cui lei, in un attimo di sconforto e per risollevarsi
il morale, rispolvera dal passato il suo ex storico, che aveva lasciato e che continuava ad amarla, con il quale si chiamavano rispettivamente Apina e
Vespino.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Terminto l'inutile siparietto da vomitata di gruppo, i due
sciroccati sposi partono felici per una bella luna di miele in Canada, in uno
chalet della famiglia di lei, all’interno di una foresta fitta e buia, con la
compagnia soltanto di un videoregistratore molto vintage. Si capisce che
non sono attenti e non hanno una buona cultura cinematografica: da che mondo e
mondo, e comunque da oltre 10 anni, il binomio chalet nel bosco +
videoregistratore ti fa subito The Ring e quello sì che faceva paura e quindi
meglio dirottare la luna di miele su una bella spiaggetta di Cesenatico,
luminosa e affollata. Ma loro niente, passano diversi minuti di film a trombare
come se non ci fosse un domani, a chiamarsi “marito” e “moglie”, a preparare
insieme colazioni che il mio cane rifiuterebbe e che Bastianich tirerebbe
contro il muro, a fare giretti in barca sul lago deserto perché siamo fuori
stagione, a ritrombare come se non ci fosse nemmeno un dopodomani. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Finalmente,
dopo un periodo di tempo indefinito e comunque troppo lungo, succede qualcosa
di losco: mentre i due sciroccati dormono con le tende delle finestre spalancate sul bosco, si vede all'esterno una luce fortissima, tipo faro, che inizia a percorrere la stanza, soffermandosi sui loro volti. Li guardi perplessa e ti dici: ora si svegliano, hanno un faro da confine di zona militare puntato sugli occhi, se ne accorgeranno. Avranno mica le palpebre schermate in piombo? Forse sì, perché nemmeno si rivoltano nel sonno.</span><br />
<span style="font-size: large;">Poi capita la seconda cosa incomprensibile e allarmante della pellicola: lui si alza per andare a pescare. E viene subito da pensare che quelli con il faro fossero zombie e che gli abbiano mangiato il cervello. Perché per quale ragione un maschio,
mingherlino, pallido, che non è mai stato in quella zona e che non aveva mai
visto una barca in vita sua (al punto che al primo giro che fanno aveva buttato
l’ancora senza prima legarla al mezzo) dovrebbe alzarsi alle 3 e 45 di notte,
vestirsi, rubare una canna da pesca dalla collezione del padre di lei, facendo
cadere tutte le altre, inciampare sulla soglia di casa rovesciando un secchio
di vermi (tutto vero), per andare da solo e senza motivo alcuno a pescare? Per
fortuna dura poco: il meschino esce nel bosco, constata che è un filino troppo
buio, si gira rientra in casa e scopre che tutti gli orologi elettrici della
casa, sveglia inclusa, erano saltati per un black out e che quindi era notte
fonda. Probabilmente usare il cellulare sembrava troppo poco rude per uno che voleva giocare a Bear Grylls nei boschi canadesi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Rientrato in
casa scopre che lei è sparita. Dopo una serie di richiami a base
di “bzzz”, smette di fare il minchione, capisce che la situazione è seria ed esce correndo nel bosco.
Dove, come già detto, non è mai stato, che non conosce e che è buio come il
fondo di un pozzo. Eppure magia, dopo molte inquadrature di urli la trova,
nuda, in piedi su un mucchio di foglie, con il capo chino per cui ti aspetti
che alzi il viso di colpo, rivelando un fantasma, piaghe incurabili, occhi
bianchi o una maschera da ex presidente degli Stati Uniti, ma niente. Era solo
sonnambula. Lui la riporta a casa in braccio e lei appare stranetta sin da
subito, parla in maniera ancora più irritante, sembra smarrita e, ciò che più
di tutto allarma il nostro Bear, non vuole più scopare. Niente. Nemmeno un
assaggino di sesso orale, un po’ di petting, nulla di nulla. Finalmente, il nostro protagonista maschile si preoccupa seriamente e fa quello che ogni maschio del suo calibro fa quando è seriamente preoccupato da una situazione che non comprende: mette su il broncio. Invece di fare qualcosa, tipo portarla a forza in ospedale visto che si
comporta come se fosse posseduta e, soprattutto, visto che ha strane ferite infette nell’interno
coscia, lui fa l'offeso. E qui, in base alla mia personale esperienza di uomini demmerda, passiamo dall'horror al documentario di denuncia. Basta saperlo.<o:p></o:p></span></div>
<h3 style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">
Come va a finire (pratica il salto del paragrafo se vuoi tenerti cara la sorpresa)</span></h3>
<div>
<span style="font-size: large;">Si sarebbe portati a pensare che la parte in cui giocano agli sposi felici sia la più mortale, per i livelli di noia indotti. Invece, che dire, il meglio deve ancora a venire.</span></div>
<div>
<span style="font-size: large;">Recuperata Bea, stranita e graffiata, i due protagonisti cercano di riprendere da dove avevano interrotto, nonostante il broncio da duenne di lui. Cioè, sostanzialmente, cucinare cose improponibili con ingredienti lasciati lì dai nonni di lei e copulare ripetutamente. Ma lei pure è di colpo regredita all'età preadolescenziale, per cui oltre il bacio niente. Lui la becca anche mentre, da sola in bagno, recita allo specchio la balla preserva illibatezza che ha intenzione di rifilargli per la serata. Astuto come un cervo (<a href="https://www.youtube.com/watch?v=laRIWbSUYr8" rel="nofollow" target="_blank">cit</a>.) le tende anche una trappola, le chiede che fine ha fatto la camicia da notte "speciale" che lei aveva portato e indossato la prima notte e che aveva addosso l'ultima volta che l'aveva vista prima della sparizione nel bosco. Notazione trascurabile ma necessaria: la camicia da notte "speciale" era un capo indecente, in tessuto acrilico, di quelli che consentono di accendere i fiammiferi sfregandoceli sopra. Lei, che pare in stato confusionale ma determinata a negare qualunque evidenza, dice di averla messa a lavare. Lui la tira fuori da dietro la schiena, dopo averla trovata nel bosco, cosparsa di un muco appiccicoso e trasparente davvero disgustoso.</span></div>
<div>
<span style="font-size: large;">Il film prosegue così per tanti, tantissimi minuti, con lei che fa cose strane (pare avere perso anche quei pochissimi rudimenti di cucina che aveva e brucia fette di toast meglio dell'Inquisitore Spagnolo), dimostra di non ricordarsi dettagli recenti della loro storia, non vuole fare sesso e tiene un quaderno in cui annota frasi ripetitive che la riguardano. A parte quest'ultimo particolare, gli altri farebbero pensare soltanto che ha capito l'errore fatto e vuole prendere le distanze il prima possibile dall'imbronciato compagno. Il nostro Bear, deciso ad andare a fondo della questione, va invece a trovare gli unici vicini che aveva individuato nei primi giorni, una coppia che gestisce un ristorante. Quando vi arriva è tutto buio, quasi abbandonato, lui è sparito e lei è sola, con faccia emaciata e sconvolta, e gli dice che il marito si è "nascosto" (particolare gustoso da tenere a mente). Bear, a cui non sfugge nulla, scopre che anche lei tiene un quadernetto su cui scrive ossessivamente frasi dello stesso genere dell'altra, cioè appunti su chi è, come si chiama e con chi è sposata. Come se non fosse più lei e avesse bisogno di ricordarselo, si potrebbe pensare. O come una che non ci crede di chiamarsi Bea e di aver sposato la versione bianchiccia di Bear, dico io.</span></div>
<div>
<span style="font-size: large;">Bear torna allo chalet e trova lei che cerca di infilarsi in vagina un tagliere da salmone. Non sto ironizzando, è il film. Pozza di sangue. Uno normale la piglia, la carica a forza sulla macchina, e la porta nel primo avamposto ospedaliero che riesce a trovare, anche per evitare la morte per emorragia prima della consulenza psichiatrica. Non Bear, però, che la trascina a forza fuori dal bagno, la lega al letto mani e piedi ed inizia ad interrogarla (con grandissima delusione dell'Inquisitore Spagnolo, che aveva sperato in un'inattesa svolta porno). Poi, in un impeto sadomaso, le infila una mano tra le cosce e la ritira coperta di quel muco schifosetto di cui sopra. Anche su incitazione di lei (che improvvisamente è ritornata in sé? Non è chiaro), va più a fondo nella faccenda e le estrae dalla zona pubica quello che sulle prime a me pareva un cordone ombelicale. Improbabile, con la pancia piatta di lei, ma plausibile rispetto alla teoria di un misterioso aborto, collegato alla sua passione per il legno infilato nei genitali. Dopo altri lunghi minuti di sfilamento di questo cavo, scena grazie a cui sappiamo già di che parlerà il prossimo Scary Movie, lo toglie tutto e si capisce finalmente cosa sia: una sorta di vermone, un lunghissimo parassita, con tentacoli ancora mobili in cima, che si era attaccato dentro di lei.</span><br />
<span style="font-size: large;">Momento di entusiasmo del pubblico: dai che adesso ci arriva e la porta in ospedale. O almeno butta il vermone lontano un paio di miglia per lo schifo e scappano. NO. Bear lo appoggia stancamente sul letto di fianco a lei e fa l'arrabbiato, come se fosse colpa di lei che va in giro ad infilarsi invertebrati parassiti nelle parti intime. Lei si libera ed inizia un altro penoso siparietto, con lei completamente imbrattata di sangue e muco, e lui che gioca a I dolori del giovane Werther, mostrandosi musone e risentito perché lei è andata nel bosco, la famosa notte, a farsi penetrare da un vermone di incerta provenienza e non gli ha nemmeno chiesto se voleva andare con lei. La poverina tenta di spiegargli che non riusciva a dirglielo, ma quello tiene una testa di legno massello. Seguono altri minuti di conversazioni irritanti, in cui magari stava tutto il senso del film, ma ammetto che me li sono persi. Ero troppo impegnata a vedere fino a quanto riuscivo a disarticolare le mandibole nello sbadiglio per prestare attenzione. Saltiamo dritti alla scena finale, dove lei, nonostante l'eliminazione del vermone travestito da cordone ombelicale (ne aveva altri? Quello estratto le si è infilato di nuovo fino alle tonsille? Non c'entrava niente con la sua stranezza, era uno strano caso di tenia pelvica?), sembra di nuovo posseduta e, dopo aver preso a manganellate in testa lui e averlo lo stordito, lo lega mani e piedi e lo porta in barca. Lui si sveglia sereno e le chiede imbronciato che vuole fare. Lei, sempre impiastricciata di muco e sangue, gli dice che lo vuole nascondere e tenere al sicuro (ah-ah! Come il vicino scomparso con moglie emaciata!). Nel mentre, gli lega l'ancora ai piedi. E lui ancora la fissa torvo come chi pensa "sei una pessima moglie: spacchi i maroni e non ME LA DAI MAI". Ci vuole il lancio dell'ancora fuori bordo e il suo sguardo interdetto che va dalla corda che scorre veloce sul bordo della barca all'altro capo della stessa corda, saldamente legato ai suoi piedi, per dargli il tempo necessario a capire che lei lo sta per trasformare in una boa subacquea. Finalmente si rianima, scalcia e urla. E si arriva al vero paranormale: lei, piccolina e magra, che pare un grillo rossiccio, riesce a spingere fuori dalla barca lui, che per quanto tisico è alto il doppio, largo il doppio ed è, perdinci, un uomo. Stupore in sala, mentre lui scompare nell'acqua, tra molte bollicine.</span><br />
<span style="font-size: large;">Chiusura con scene che passano dal presente - con lei che, sempre in sudicia camicia da notte, sale nel bosco, di notte, insieme all'altra sciroccata moglie del vicino, verso la luce che si vedeva passare all'inizio sulle loro facce mentre dormivano - al passato, attraverso l'ennesima proiezione del video del matrimonio. Inquadratura finale con primo piano del suo viso, ora bianco e mangiucchiato, che fissa una sagoma apparentemente maschile stagliata nella luce che seguiva, mentre in sottofondo sempre lei, ma nel video, dice che prima era sola e ora non lo è più.</span><br />
<h3>
<span style="font-size: large;">
Il vero sconsiglio</span></h3>
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Questa volta non c'è niente da salvare, questo film è uno sconsiglio purissimo. Noioso, ridicolo, fastidioso, per nulla spaventoso, ginecologicamente splatter, non si fa mancare proprio nulla per essere cestinato dai titoli di testa in poi. Eppure un motivo per
parlarne c’è: <b>è un film denuncia</b>. Ciò che denuncia è
un problema troppo a lungo taciuto, un dramma consumato nell’ombra di qualche
colpo di scena da salto sulla sedia. Il dramma del <b>Pallosissimo Prologo Felice</b>.
È una sorta di legge non scritta: tutti film horror di serie Z cominciano con
un prologo felice, che serve a far vedere quanto stavano bene i nostri eroi
prima di incappare nella strega/ostello/fantasma/demone/televisore impazzito.
Non si sfugge a questa regola.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">E più il
film fa schifo, più il Pallosissimo Prologo Felice risulta allungato, smelenso
e noioso. Ma Honeymoon credo detenga un record personale, perché possiede il
prologo più lungo e noioso in cui mi sia mai imbattuta. Batte perfino i film
horror per teenager, quelli che partono con un numero di amici tra 3 e 6,
giovani carini e accoppiati ma pure un po’ promiscui, che si mettono in
macchina ridendo sereni con la prospettiva di un week end fichissimo o di un favoloso
viaggio post diploma e si avviano verso le braccia della morte più
raccapricciante possibile. In Honeymoon metà del film è prologo felice. È come
se avessero innestato Love story sul finale di un Jeepers Creepers a caso. Inevitabile
la voglia di vedere entrambi i protagonisti finire in una pozza di sangue e budella
macilente.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: large;">Questo film
possiede anche la seconda, in ordine di fastidio, delle sciagure da horror: il
<b>finale controverso</b>. Nelle ultime scene dovrebbe esserci la chiave di ciò che è
loro capitato, ma in realtà non si capisce una sonora minchia. La spiegazione
potrebbe essere di qualunque genere e andare da Jurassic Park ad Incontri
ravvicinati del terzo tipo, passando per The Blair Witch Project. Quindi vi
scongiuro, in nome della dipendenza trash: qualcuno lo guardi, oltre a me, e mi
faccia la cortesia di dirmi cosa significa il finale. Che qui c’è gente che non
dorme per la paura che regista e sceneggiatori non abbiano intenzione di fermarsi qui.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-19629381870830614982015-10-09T19:40:00.000+02:002015-10-14T11:04:58.841+02:00DI SETTEMBRINE MALINCONIE E FASTIDIOSI BAMBUCCI<div style="text-align: justify;">
<b>A<span style="font-size: large;">TTENZIONE: questo post è stato pubblicato originariamente il 9 settembre 2013. Lo ripropongo ora per rimediare ad un erronea eliminazione. Sorry.</span></b><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Bello l'autunno, con la sua idea di qualcosa che ricomincia per tutti. Tecnicamente, lo so, non siamo affatto in autunno e non ci saremo ancora per un po' e sento fin da qui le grida indignate di quanti non sono ancora andati in vacanza, stanno per e non ne vogliono sapere di sentirsi dire che partono che è già autunno. Se ne facciano una ragione, le stagioni sono argomento incerto e visto che diamo per assodato che le mezze non ci sono più, allora io faccio partire l'autunno a sentimento, cioè quel sentimento di malinconia-freschino-buiopresto che tanto mi piace e mi riempie di aspettativa.</span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;"> Il che prova che il tempo passa per tutti (osservazione di inaudita originalità, si comincia con il citare gli umarelli e si finisce per camminare con le mani giunte sulla schiena): finchè c'era la scuola l'aspettativa era un sentimento riservato soprattutto ai mesi di aprile-maggio, quando si cominciava a sentire in lontananza l'odore del mare di giugno con tutto quel che ne poteva venire; all'università l'aspettativa mi slittava quasi tutta verso luglio, tempo di ultimo appello e di qualche fuga vacanziera in montagna; durante il mio periodo di collaborazione in altrui studi legali l'aspettativa era definitivamente fissa con lo sguardo su agosto, unico periodo di lungo distacco dal lavoro, dalle scadenze, dalle cancellerie.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Oggi, che nella mia vita non è più fisso nemmeno l'arredamento della mia camera da letto (mi piace ruotarlo di tanto in tanto, mi dicono non essere un buon segno di equilibrio e stabilità) l'aspettativa l'ho parcellizzata a casaccio durante l'anno e compare quando pare a lei, di solito quando meno ne ho sentore, ad esempio in questo periodo. Non devo andare in vacanza da nessuna parte, non sto per mollare lo studio e dare fuoco ai faldoni, eppure l'inizio di settembre non mi mette il senso di tristezza da crollo imminente del benessere e inizio di un altro lungo periodo di apnea. Non mi viene da piangere a vedere gli ombrelloni chiusi sulla spiaggia, nè mi trema il mento al rumore della serranda della sala giochi in cui andavo da bambina che chiude fino al prossimo maggio. Al contrario, tutto questo mi mette gioia e aspettativa. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Non è che sono sadica e mi piace vedere gli altri soffrire di mal da fine dell'estate (be', sì, magari un pochino, ma soltanto per una cerchia selezionatissima di fieri rompiballe), è proprio che ricollego l'autunno a sensazioni piacevoli, di inizio di un nuovo anno, attività in cui settembre è molto più ferrato di gennaio. Riprendere la scuola come riprendere le lezioni all'università mi è sempre piaciuto, mi pareva un passo in più verso la mia crescita (prima che la bastarda si facesse cambiare il nome, a mia insaputa, in "invecchiamento"), ugualmente mi piaceva ritornare in studio dopo la chiusura estiva, all'epoca in cui ancora credevo che il mio impegno sul lavoro avrebbe prodotto un riconoscimento, magari economico, magari superiore ai 200 euri mensili lordi. Era pure però, lo ammetto, lo stesso periodo in cui non capivo cosa facesse ridere nella frase "lei suona il piano, lui la tromba", tanto in voga tra i miei allora amici, frase che per le mie orecchie, angeliche ed un filo stordite, parlava soltanto di due distinte passioni musicali. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: large;">Altri tempi, altra capacità di analisi, altri problemi. Ma l'aspettativa di settembre la sento ancora oggi e mi piace. Nella sua aria fredda, nel suo sole tiepido, nella sera che scende prima e tu credevi soltanto di non aver aperto gli scuri (mica avevi capito che era già finita la luce), ci sento la speranza per cose che ancora non so, ma che mi piacciono già. Anzi, una la so: ho la forte, determinata speranza che quel portatore sano di mononeurone ipotrofico che è il bambuccio rintanato nell'appartamento sopra al mio studio torni alla scuola, all'università, al carcere, al campo di estirpamento barbabietole da cui è stato prematuramente strappato causa vacanze ed ivi risieda il più a lungo possibile, impegnato in qualsiasi attività gli garbi, anche se penalmente rilevante, purchè la smetta di allietare tutte le mie ore lavorative con la sua scelta musicale, la quale è senz'altro vasta (andiamo dal jazz, all'house, al rock, al raggae, ai musical di Sir Andrew Lloyd Webber), ma pecca di volume smodato e regolazione dei bassi effettuata sul presupposto di una riedizione moderna di "Anna dei miracoli", in cui è lo stereo a dare la scossa definitiva alla povera bimba. Esperimenti che il giovane di speranze più che bruttine pare riservare all'estate. Durante l'inverno, infatti, quasi non mi accorgo della sua esistenza, non fosse per la sua insana passione per le abluzioni pomeridiane, che lo porta a far scorrere acqua in una vasca per almeno un'oretta. Il che porta me alla considerazione successiva: o la vasca l'ha comprata dalla Pellegrini ed è dotata di 6 corsie da 50 metri e relativi blocchi per il tuffo di partenza, o il poverino non ha mai risolto problemi di matematica alle elementari e per questo non conosce l'uso del tappo.Ma pazienza: meglio il rasserenante scroscio dell'acqua che quei beoti dei genitori si troveranno meritatamente a pagare, che le urla di Marilyn Manson in hd. Se scopre Cristina D'avena giuro che sposto lo studio. </span></div>
Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-10314124595507905152015-10-09T09:34:00.002+02:002015-10-14T11:05:43.160+02:00IL VILLAGGIO DEI DANNATAMENTE GENTILI<b style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">ATTENZIONE: questo post è stato pubblicato originariamente il 23 luglio 2013. Lo ripropongo ora per rimediare ad un erronea eliminazione. Sorry.</span></b><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">Non ho difficoltà ad ammettere che crescere in una città come Bologna offre molti vantaggi: ci sono cose da fare, posti da vedere eppure tutto è straordinariamente a portata di gamba o, nel mio caso, di ruota di bici. In una città così la macchina conviene dimenticarla, anche perchè altrimenti ci pensano i vigili urbani ad indurti l'amnesia coatta, trasportandola in un deposito auto sperduto e gestito da galantuomini che ti conteggiano sempre almeno un bel centone di sosta sul loro prestigioso asfalto, persino quanto la sosta è durata 30 secondi grazie al fatto che, sull'onda della furia omicida, tallonavi di corsa e da vicino il carroattrezzi.</span><br />
<span style="font-size: large;">Eppure vivo in provincia, nella bassa più bassa, dove l'argine e la sponda del fiume sono entrambi parecchio più in alto del balcone di casa tua. Dove a svegliarti alla mattina ci pensa l'adorabile contadino trebbiatore, accompagnato nel ritmo dalle galline più logorroiche che abbia mai sentito e, in un sottofondo corale da tragedia greca, dalle maledette cicale. E ci sto bene. Ne sono felice.</span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;"> E tutto questo senza essermi riprodotta neppure una volta e appellarmi quindi a quelle valutazioni da madre moderna bolognese tipo: "sì, sai, ci siamo trasferiti in un bel cascinale del 1800 in mezzo al bosco, dove si accede soltanto tramite un pratico sistema di carrucole e pulegge appese agli alberi, ad appena 40 minuti dalla più vicina strada asfaltata e nota ai cartografi ufficiali. L'abbiamo fatto per Biancamaria e Guiberto, vogliamo che i piccoli crescano a contatto con la natura e nutrendosi solo di bacche, muschi e licheni biologici".</span><br />
<span style="font-size: large;">Io non ho pargoli a cui creare intolleranze indotte al cibo ordinario, non ho fisse per l'orto biologico e neppure l'asma da polveri sottili con cui giustificare il mio trasferimento, ho solo il dato semplice e verificato per il quale trovo che qui si stia proprio bene.</span><br />
<span style="font-size: large;">Gli amici che non capiscono questa mia insana passione per nebbie e malta mi dicono (con voce quasi isterica da chi cerca di fermare l'aspirante suicida sul bordo del cornicione) "il centro è comodo, hai tutto a portata di mano" e io a chiedermi cosa esattamente ho a portata di mano (sulle labbra avrei la citazione di storica risposta del Necchi nel primo "Amici miei", cioè la fava). Se voglio fare la spesa, e a meno che non si tratti di una bottiglia di birra San Miguel di emergenza, tocca estrarre la macchina dal garage progettato negli sessanta, quando la 500 era un auto per famiglie numerose, e andare fino al primo supermercato serio, cioè fuori dal centro. Anche ad averne uno vicino la situazione non migliora: sorvolando sui prezzi, devi effettuare una scelta di vita, tra il frigo un minimo pieno e la perdita dell'uso delle braccia. Perchè se non vuoi tornare di nuovo a fare la spesa il giorno dopo e almeno che tu non sia dotato di molto tempo libero e tanto amore per i supermercati, ti tocca prendere almeno una cassa di acqua e un po' di frutta, che soprattutto in estate può significare melone e/o anguria. E se hai una commozione cerebrale e credi di essere Wonder Woman e provi a caricare tutto sulla bici, scoprirai in breve, di solito nel mezzo di un incrocio, come la forza di gravità e la pendenza della strada abbiano sempre la meglio sulla tua pretesa di pedalare con una confezione di 6 bottiglie da due litri incastrata tra la canna della bici e il mento, un melone appeso al braccio destro, un'anguria al braccio sinistro e il resto della spesa nel cestino. Non mi si dica poi che sono a portata di mano i cinema, che ormai muoiono come le mosche e allora tocca andare alle multisala, che guarda caso sono fuori dalla città.</span><br />
<span style="font-size: large;">Comunque, se proprio ci tenete a saperlo tutti, non sono nè l'erba rigogliosa al posto dell'asfalto, nè il profumo di lavanda e gelsomino contrapposti al puzzo di piscio e vomito, e neppure l'aria di parecchi gradi più fresca a farmi preferire la provincia denuclearizzata al centro, storico e non.</span><br />
<span style="font-size: large;">Sono le persone. Non so se sia un fenomeno ristretto a Longailand o se riguardi tutta la provincia bolognese, ma qui la gente è (attenzione) gentile. Civile. Piacevole, persino. E senza bisogno di venderti nulla.</span><br />
<span style="font-size: large;">Quando sono arrivata nel mio nuovo condominio avevo una paura precisa: vicini cafoni, stronzi e rumorosi che cominciassero da subito a lamentarsi del cane, del pelo che vola, del fatto che hanno paura e questo fatto da solo dovrebbe fondare una legislazione che vieti i cani nel mondo. Invece ho passato qualche giorno a chiedermi se i miei vicini fossero tutti frequentatori di rave party fino alle otto del mattino, visto che non davano alcun segno di sè per rumori o voci nelle ore serali. Infine, una mattina quelli del piano di sopra sono scesi, addobbati in identiche tute da ginnastica, freschi e delicati come una pubblicità sulle colla per dentiere che ti permette di addentare le pannocchie crude, di quelle dove lui e lei stagionatini pomiciano su una spiaggia eccitati in maniera imbarazzante , e mi si sono presentati, chiedendomi come stavo, se mi trovavo bene, se avevo bisogno di qualcosa. E poi via di coccole ad un disorientato Frankie, anche lui più abituato alle occhiatacce che non alle mani gentili.</span><br />
<span style="font-size: large;">Questa scena si è ripetuta perfettamente identica con tutti gli altri vicini, perfino quelli bambino muniti, i quali, invece di ululare a Gianandrea di non avvicinarsi a quel grosso cane, che in quanto nero sicuramente morde e dovrebbe girare con una museruola a chiusura blindata, hanno invitato la loro figlioletta (bellissima, con le treccine, voce dolce, educatissima, si chiama Sara. E scusatemi se è poco.) a non spaventare Frankie e ad avvicinarsi con delicatezza per accarezzarlo, solo se io davo il permesso. A ruota è poi giunto il vicino che mi ha proposto la pizzata di condominio in cortile, luogo nel quale tutti scorazzano allegri e divertiti, senza sterili discussioni su quante piastrelle della pavimentazione ogni condomino abbia diritto di calpestare nè tentativi di usucapirne una parte recitandola con plurimi stendini. Qui gli umarelli ti sorridono benevoli anche se gli cammini in mezzo al campo arato, la gente ti saluta e sorride anche se ti conosce solo di vista, tutti mi fanno i complimenti per il cane. Un coppia deliziosa, dopo aver saputo che prima abitavo a Calderara (cioè 2 km a sud ovest di Longailand) mi ha chiesto come mi trovassi qui, con lo stesso fervore che si riserva a chi viene dal centro di New York e ha poi concluso dicendo che in effetti qui la vita è migliore, perchè Calderara è troppo "caotica". Per un po' ho creduto mi prendessero in giro, ma ho verificato che no, erano seri.</span><br />
<span style="font-size: large;">Dopo una simile iniezione di Pleasantville ho cominciato a pensare di stare esagerando, che in fondo la gente è gentile un po' ovunque, perfino a Bologna, basta essere aperti e positivi. L'ho pensato camminando verso la macchina, parcheggiata nel cortile interno del condominio in cui ho lo studio, appena fuori dal centro della predetta città. Cortile dove ho tutto il diritto di stare e dove sono sempre molto attenta a non dare fastidio agli altrui mezzi, parcheggiando con mille manovre per farmi sempre più piccina e incastrata. Ho continuato a rifletterci anche mentre prelevavo dal parabrezza il biglietto vergato a mano da una coraggiosissima condomina di appena 112 anni, a cui la macchina dovrebbe servire solo come fioriera, che sbozza la carrozzeria contro ogni oggetto contundente e cerca di accollare la colpa alle manovre di noi utilizzatori del cortile. Alla fine ho ceduto, tutto mi è stato chiaro, la rivelazione è giunta mentre, lette le minacce di rimozione forzata del mio mezzo perchè, a suo insidacabile giudizio, parcheggiato troppo a sinistra, meditavo se usare una chiave o un cacciavite per scriverle "anch'io ti voglio bene" su ambo le portiere: a Longailand le persone sono diverse. Probabilmente, se facessi ricerche negli archivi dei giornali locali, scoprirei che un'ottantina di anni fa nel paese ci fu un impressionante black out generale, con svenimento collettivo, a seguito del quale tutte le allegre signore si risvegliarono incinta e tutti gli allegri signori avvertirono un certo cerchio alla testa. Capirei pertanto che quel delizioso film che è "Il villaggio dei dannati" (versione originale, con bambini dalle parrucchette bionde, niente porcherie moderne) non è proprio tutta invenzione, sebbene senza risvolti horror. E molte cose avrebbero finalmente senso.</span><br />
<span style="font-size: large;">Forse ho un animo da studiosa intergalattica, forse mi piace il colore verde, o forse mi sono soltanto rotta le balle della scortesia che da sempre noto in molti abitanti di Bologna, ma io nella bassa ci sto bene e non piangerò tutte le mie lacrime per il fatto di non avere il cinema direttamente sotto il culo o il museo (a cui alla fine non trovo mai la voglia di andare) a pochi sudici metri da casa. E comunque, se mai dovesse pungermi vaghezza di riprodurmi, giuro che non chiamerò i miei figli con astrusi nomi gotico medievali, che li svezzerò al Mcdonald, che li porterò periodicamente a fare un aerosol di tubi di scappamento bolognesi, e che li lascerò ogni giorno per qualche ora nella piazza dell'orologio con gli umarelli, perchè la provincia è magica, ma la vita vera è dura. Poi muori.</span><br />
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<br />Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-59365520027969650492015-10-09T09:14:00.000+02:002015-10-14T11:05:53.024+02:00INCAZZATISSIMA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO<span style="font-size: large;">Trattasi di vera comunicazione di servizio, per cui chiedo scusa ai miei 3 lettori: il mio futuro ex fornitore di blog (ovvero blogger qui presente) ha pensato bene e in totale autonomia di regredire alcuni post già pubblicati negli scorsi anni al grado di bozze, in modo che non siano più leggibili per nessuno tranne che per me. Per renderli di nuovo visibili sono costretta a ripubblicarli, specificando in intestazione qual era la data originaria dell'articolo. Precisazione senza la quale sembrerebbe che io sia impazzita e creda di vivere nel 2013. Oltre a sembrare insolitamente prolifica sul piano editoriale.</span><br />
<span style="font-size: large;">Che dire? Wordpress arrivoooooooooo!</span><br />
<span style="font-size: large;">La redazione tutta in tutta la propria rabbiosa indignazione.</span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-24188467620922632772015-10-06T08:21:00.000+02:002015-10-14T11:06:43.444+02:00DIALOGO SURREALE DI PASTA ED INGANNEVOLE INFORMAZIONE<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2m_9LphVFbcUS5GWLZlaaYz4HkTcoC6o96q4g1W8zsdeRI7JC7owfaSQLmQoGAUjIN824R8-ltH5JBQL_pt1WBO1Cfja6tSvDWGW6d1ewB09feurI10m5NhAMUIxHh9fUdDBlnU153wc/s1600/20151006_081820.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2m_9LphVFbcUS5GWLZlaaYz4HkTcoC6o96q4g1W8zsdeRI7JC7owfaSQLmQoGAUjIN824R8-ltH5JBQL_pt1WBO1Cfja6tSvDWGW6d1ewB09feurI10m5NhAMUIxHh9fUdDBlnU153wc/s320/20151006_081820.jpg" width="320" /></a><i><span style="font-size: large;"></span></i><br />
<i><span style="font-size: large;"><i><span style="font-size: large;">(Mattino presto, Lui e Lei si accatastano sul bancone della cucina per consumare il primo pasto della giornata. Lui come sempre si occupa di tutto: dispone la tovaglietta, le prepara una ciotola e un piattino, tira fuori lo yogurt dal frigo, le versa l'acqua, le cuoce due toast integrali fino alla mummificazione e le svampa la bustina della tisana sulla fiamma del fornello. Poi apre la mensola e, dopo una lunga osservazione pensosa, estra</span></i><i><span style="font-size: large;">e un pacco di pasta di semola fatta a forma di riso. Di quel genere di pasta che le mamme propinano in brodo ai propri figli malati o ai genitori anziani.)</span></i></span></i><br />
<a name='more'></a><br />
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<span style="font-size: large;">LUI (autore dell'acquisto):- Ma quindi come si cucina questa pasta?</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (paziente):- Te l'ho detto, in brodo.</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (faccia accartocciata per la delusione):- Quindi è una schifezza...ma chi se la compra?!</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (cercando di evitare di sottolineare l'ovvio, e cioè che LUI l'ha comprata):- Non lo so, le mamme, magari le persone di una certa età. A me in brodo i risoni piacevano molto. Tua madre non te li faceva quando eri malato?</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (schifato):- No!</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (cercando di risollevare la colazione):- Va be', è pur sempre pasta di semola, magari posso farci qualche ricetta, inventarmi qualche sugo per farla asciutta...</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (entusiasta, svelando il vero motivo alla base dell'acquisto, cioè una cecità progressiva condita con abbondante distrazione):- Oppure potresti cuocerla come un risotto!</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (cauta):- Potrei, a parte il fatto che non è un risotto e ha una cottura molto breve...</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (tenace):- Però la pasta risottata esiste.</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI (delicata):- Vero, ma questa cuoce in pochi minuti, risottarla può essere un rischio...(guardando Lui ormai prossimo alle lacrime) Va bene, dai, ci provo, magari con dei funghi, una risottatura veloce...</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (che fissa la pasta con astio da diversi secondi):- No, lascia stare, ho capito.</span><br />
<span style="font-size: large;">LEI:- Cosa?</span><br />
<span style="font-size: large;">LUI (voce ricolma di indignazione):- Che sono stato ingannato, mi hanno venduto una pasta per vecchi. Dovrebbero essere onesti e scrivercelo chiaramente sopra: attenzione PASTA GERIATRICA!</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span>
<span style="font-size: large;">L'Autorità Garante per la Trasparenza nella vendita della Pasta è avvertita: sta per partire la class action.</span>Appunti di cinismo variohttp://www.blogger.com/profile/08821044659292849272noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2226091552372761028.post-77836237444223847602015-10-03T08:19:00.002+02:002015-10-14T11:07:24.435+02:00LO SCONSIGLIO HORROR DELLA SETTIMANA: JANARA, IL FILM CHE (MI) MANCAVA<br />
<div style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;">
<img src="http://d2s9ix2b4sctqt.cloudfront.net/big/671947.jpg" height="320" width="225" /></div>
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<span style="font-size: large;">Ispirata come una boccetta di Vicks Vaporub, inauguro oggi la rubrica di Sconsiglio Cinematografico. Per consentire a me, padrona di scienza infusa di cinematografia, di istruire voi, poveri figli miei, che non siete padroni di un cazzo (cit. cinematografica di grande valore e facile facile. Chi indovina?).</span><br />
<span style="font-size: large;">Questa settimana ho visto il film "Janara", selezionato personalmente dall'Inquisitore Spagnolo, che si è innalzato ulteriormente nella mia stima, da quando ho scoperto che ha un fiuto infallibile per le chicche del trash improbabile. I film che vi scova lui non ve li trova nemmeno il Morandini in carne e ossa. I film che trova lui, probabilmente, non li conoscono nemmeno i parenti stretti dei relativi registi.</span><br />
<span style="font-size: large;">Già la locandina di Janara prometteva bene: la scritta "ispirato ad una storia vera" è sempre una garanzia. </span><br />
<a name='more'></a><span style="font-size: large;">Ti terrorizza, ti fa venire il dubbio che Wes Craven tutte cazzate non avesse poi detto. Questo prima del film. Dopo il film ti chiedi se l'ispirazione era riferita alla nonna squinternata del regista che non si pettinò per vent'anni di fila, proprio come l'attrice protagonista (e Renè Ferretti saprebbe come appellarla, molto meglio di me).</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/MJ8VpnprHaY/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/MJ8VpnprHaY?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
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<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;">Fino ad oggi non conoscevo la parola Janara, che a quanto pare esiste davvero come termine, e relativa leggenda, nel beneventano, né tante meno conoscevo vita e opera del regista Roberto Bontà Polito. Il quale, prima e al di là di qualsiasi inquadratura ardita, mi ha colpito per la metrica del nome, il suono che produce se lo si pronuncia tutto d'un fiato. Robertobontàpolito. Pare una formula magica dell'incantevole Creamy. </span></div>
<span style="font-size: large;">Il film, interpretato da attori giustamente sconosciuti o dimenticati, inizia con un signore incanutito, il quale traffica con delle foto in cantina. In sottofondo, voci femminili e lamenti, che crescono fino ad essere inquietanti e, soprattutto, fino a che il signore stramazza morto a terra.</span><br />
<span style="font-size: large;">Stacco improvviso di scena ed eccoci in macchina con la protagonista femminile, disperatamente bisognosa di un buon balsamo per i capelli ricci, e il suo lui, che guida parlando allo smartphone, con cui lei sta girando un video per il futuro figlio. Rischiano la morte a più riprese, mentre si palleggiano le scarpine da neonato comprate a 30 secondi dall'esito positivo del test, ma alla fine e contro ogni previsione arrivano a San Lupo, nel beneventano, paesino di origine di lei, dove è da poco deceduto il nonno. Cioè il vecchio ciappinaro che si sviluppava le foto da solo in cantina. Non è mai troppo tardi per ricordare al mondo che il fai da te è pericoloso.</span><br />
<span style="font-size: large;">I nostri eroi vengono accolti a fraterne mestolate dalla sorella di lei, che, pur gestendo una struttura non meglio definita (albergo? Ristorante? B&B? Mensa scolastica?), gli nega ogni tipo di alloggio e di ristoro, in un deja vu che fa subito Betlemme. Si intuisce una certa disarmonia tra le sorelle, ma la protagonista sorvola, ed esce con il Pandolone a cui è appaiata a cercare un'altra sistemazione. Ma essendo che i nostri eroi si fanno benvolere da tutti al primo sguardo, non fanno due metri che un gruppetto di soggetti dall'aria torva li prende a male parole, avvicinandosi minaccioso, con la chiara e condivisibile volontà di picchiare il Pandolone.</span><br />
<span style="font-size: large;">Sul più bello, interviene il parroco del paese, un certo Andrea, dal credibilissimo accento statunitense. Attimi di tensione, soprattutto perché Don Andrea è alto come un puff(o) e scompare tra le gambe degli altri attori. Poi gli animi si placano, Pandolone è salvo e il Don, che si rivela amico di vecchia data della protagonista, spiega l'arcano: il paesino di San Lupo è da mesi funestato dalla sparizione dei bambini del luogo, forse colpa di misteriosi pedofili, al punto che ne rimangono sì e no un paio. Contando anche il Don. I malintenzionati che li hanno assaliti li avevano scambiati per giornalisti venuti a lucrare sulle sfighe degli abitanti.</span><br />
<span style="font-size: large;">Confortati da così belle novità, l'Arricciata e il suo Pandolone trovano alloggio presso una vecchia amica di lei, sposata con un'alcolista per nulla anonimo e con un figlio che reca seco l'allegria di un sepolcro. Il clima delle cene è dei più festosi, con i padroni di casa sull'orlo di un sanguinoso divorzio e il bambino prossimo al suicidio. Ci arriverebbe chiunque che, in una simile situazione ed essendo sgraditi ospiti, conviene mangiare a testa bassa, ringraziare, e filare a letto o, meglio ancora, filare dritti da dove si è venuti e la tomba del nonno la salutiamo poi via skype. Considerato pure il racconto sulle sparizioni di bambini e il fatto che la protagonista è incinta, uno tenderebbe a fuggire con una certa celerità. Ma non il Pandolone, che riesce a trovare da litigare anche con l'alcolizzato, il quale se ne va stizzito, avendo prima premura di tirare in ballo la storia della Janara. Ovvero una strega capellona, a sua volta afflitta dal problema del crespo, che secondo la leggenda si faceva i fattacci suoi nel bosco. Fino al giorno in cui non rimase incinta e pensò bene di minacciare il paese, sostenendo di aspettare il figlio del diavolo e chiedendo un piccolo incentivo economico per abbandonare l'amena località, lei e la sua prole. I notabili del borgo, per nulla ottusi e/o maschi, le fecero una contro offerta che non poteva rifiutare: lei finiva arsa viva sul rogo, con lei pure il pupo, hai visto mai che sia davvero imparentato con il Maligno, e tutti tornavano a vivere felici e contenti.</span><br />
<span style="font-size: large;">Come da copione, la Janara sale sul rogo fiera e da lì manda i migliori auguri di pronta sparizione a tutti i bambini del paese, che da quel momento, ciclicamente, scompaiono notte tempo, rapiti proprio dalla strega, secondo le credenze locali. L'alcolizzato spiega che solo una ciotola di sale sulla soglia di porta e finestre può fermare la Janara. Perché, vi chiederete. Perché la Janara, affetta da manie compulsive non diagnosticate, non può resistere dal mettersi a contare tutti i granelli di sale. Intanto che gioca a fare Rainman viene giorno e lei perde il suo potere maligno. Concluso il raccontino, l'alcolista esce a far danni e gli altri vanno a letto sereni.</span><br />
<span style="font-size: large;">Coerentemente con la serie impressionante di scempiaggini inanellate fino a questo momento, la protagonista si alza notte tempo, svegliata da incubi in cui le appare la strega capellona che le parla nel bosco, va in cucina per bere e, muovendosi al buio come chiunque farebbe dopo un incubo spaventoso, fracassa la ciotola di sale posta a guardia della finestra aperta. E quindi che fa, lo raccoglie e se lo getta alle spalle? La riempe con sale fresco e la rimette al suo posto? No. Lei, donna moderna padrona del proprio destino e dei propri bulbi, fa spallucce e torna a letto, con ogni telefonatissima conseguenza sul sepolcrale figlio della coppia di futuri ex coniugi.</span><br />
<h3>
<span style="font-size: large;">
Come va a finire Janara (se ami la sorpresa, evita la rivelazione e salta al paragrafo successivo)</span></h3>
<span style="font-size: large;">Gran parte del resto del film è decisamente trascurabile. I fatti di un qualche rilievo, spesso comico, sono pochi, tipo: la sorella mestolara dell'Arricciata si tromba il Pandolone. Così, senza preavviso e senza alcuna finalità narrativa, se non quella di far emergere la sua natura di meretrice, per cui già anni addietro aveva sottratto il fidanzato alla sorella, inducendola ad abbandonare per il dolore il paesino di 10 anime in cui era nata. Non per altro, eh.</span><br />
<span style="font-size: large;">Ancora, il paese si convince, grazie alla predica improvvisata del Don, che le sparizioni sono una conseguenza dei peccati degli abitanti. Ergo, dagli alla zoccola sorella dell'Arricciata. Seguono alcune memorabili scene di massa (7 comparse, probabilmente imparentate in gradi differenti con il regista Roberto Pimpulu Pampulu Parimpampù), che, in un attimo di distrazione, mi hanno fatto credere di stare guardando un trailer di Maccio Capatonda.</span><br />
<span style="font-size: large;">Basti sapere che la Janara esiste davvero, che ovviamente è parente della protagonista (se no chi li spiegava quei capelli) e che si è davvero portata via tutti i bambini. In una parentesi di cultura, viene infatti spiegato che la Janara si chiama così dalla parola latina che vuol dire porta, in quanto la strega è il tramite tra questo mondo e quello dei morti. A questo punto, forse per far conto pari, si porta via pure la zia della protagonista, la quale aveva tentato di far diventare strega in carica la nipote, ignorando la gravidanza. Un dettaglio importante, pare, visto che la signora viene trascinata nel limbo dei minchioni per i piedi e scompare urlando.</span><br />
<span style="font-size: large;">La protagonista fa appello ai sentimenti veri della Janara originale, nel frattempo apparsa, ricordandole che non tutto è perduto, che può ancora rimediare. Ad esempio, comprando un buon prodotto districante e una spazzola sciogli nodi. La Janara pare colpita e, scomparendo, emette un lunghissimo, straziante lamento. La letteratura non offre appigli sicuri in merito, ma pare plausibile ritenere che il lamento fosse dovuto alla scoperta, da parte della Janara che voleva finalmente farsi un taglio decente, che fosse, ovviamente, lunedì.</span><br />
<span style="font-size: large;">Siparietto finale, con salto avanti nel tempo di qualche mesetto, dove troviamo i nostri eroi che giocano ai genitori felici, già dimentichi delle vicende beneventane. Qui c'è un'interessante inversione, sebbene non proprio nuova, dei canoni horror: invece del Pallosissimo Prologo Felice, di cui parlerò nel prossimo sconsiglio, il nostro Roberto Polopolopollon utilizza un brevissimo epilogo felice. Cioè quella parentesi rasserenante, in cui i protagonisti credono di essere scampati al pericolo e si svaccano, ignari della sciabolata che la nera signora sta per tirare loro. E infatti.</span><br />
<span style="font-size: large;">Ritroviamo dunque Pandolone e l'Arricciata nelle loro faccende quotidiane: lei è in bagno da due ore a cospargersi le chiome con olio di semi di lino, lui lavora al pc, con un occhio vigile e bonario verso il monitor della telecamera che punta sulla culla. Vede spuntare una testa riccia e arruffata china sull'infante e sorride minchione: sarà quella paglietta infeltrita di mia moglie, pensa con tenerezza. E continua a postare felice foto di gattini sul profilo Facebook. Se non che, proprio sul micino che ti manda i kissini, spunta alle sue spalle l'Arricciata, con i capelli prudentemente avvolti in un asciugamano, fresca di doccia. Sul viso di lui spunta l'espressione da "oh cazzo". L'inquadratura scivola fluida sul monitor, dove si vede una testa sì arruffata, ma alquanto grigia, essendo quella della zia trascinata nell'aldilà. Panico e corsa verso la culla, ma troppo tardi. La Janara ha colpito e l'inquadratura sfuma sui protagonisti disperati.</span><br />
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Consiglio o sconsiglio?</span></h3>
<span style="font-size: large;">Devo ammettere che in Janara non è tutto da buttare. Innanzi tutto, non guardatelo se siete in dolce (...) attesa. Gli ormoni sono traditori di loro e ci manca soltanto l'ansia da sparizione del pargolo ad opera di una strega che non conosce le regole per la cura dei capelli, che sono poche e una ragazza Cosmo lo sa (cit.). Alla fine qualche <b>pro </b>in questo horror lo si trova, del tipo:</span><br />
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<li><span style="font-size: large;"> alcune <b>scene davvero inquietanti</b>, soprattutto all'inizio e a metà del film, quando la protagonista capisce che la strega le si sta rivelando. Del genere vedo-non vedo, con cuscino su metà della faccia e desiderio di cambiare stanza per la tensione.</span></li>
<li><span style="font-size: large;">La storia in sé. <b>L'idea della strega e dei bambini</b> che scompaiono mi ha inquietato non poco.</span></li>
<li><span style="font-size: large;"><b>L'immagine data alla strega</b>. Questa figura un po' stracciata, con una massa di capelli crespi e gonfi che ti compare nei punti più impensati della casa mi ha tormentato in più di una notte. Complice il fatto che ho molti specchi in camera da letto e che io stessa ho i capelli crespi e gonfi. Confondersi è un attimo.</span></li>
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<span style="font-size: large;">Primeggiano comunque anche i <b>contro </b>di un certo livello, quali:</span><br />
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<li><span style="font-size: large;">Sicuramente gli <b>attori</b>. Il livello di recitazione è, nei momenti migliori, da soap opera della programmazione pomeridiana. Nei punti peggiori raggiunge le vette della comicità. Il che però, tutto sommato, potrebbe anche essere un pregio.</span></li>
<li><span style="font-size: large;"><b>La regia</b>. Ci sono inquadrature, soprattutto nelle scene di folla (cioè quando più di 3 attori sono presenti contemporaneamente), che davvero non hanno nulla da invidiare al trailer de "Il Sesto scemo" o "La febbra".</span></li>
<li><span style="font-size: large;"><b>Il fatto che questo film non sia stato girato negli anni'80.</b> Se così fosse stato, entro 30 minuti dall'uscita nelle sale avremmo avuto la parodia del Trio Solenghi Lopez Marchesini. E lì sì che avrei potuto gridare al capolavoro, senza ironia alcuna.</span></li>
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<span style="font-size: large;">Attendo al varco i coraggiosi che lo vorranno guardare, per sentire altri pareri. E, soprattutto, scoprire se anche ad altri, oltre che a me, il personaggio del Don è rimasto scolpito nella mente e nel cuore. Non so perché, sento improvvisamente che in questa casa manca un puff(o)...</span><br />
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