venerdì 6 febbraio 2015

MONDO MA(H!)SCHIO-LA RAFFINATA ARTE DI FAR INNAMORARE UNA DONNA FACENDOLE REGALI BRUTTISSIMI

Ieri ho compiuto 37 anni e l'ho trovato molto utile. Ho potuto  prendere consapevolezza dell'enorme fortuna che mi è capitata, in campo sentimentale. In effetti il mio fidanzato si potrebbe tranquillamente definire adorabile: b(u)ono, gentile, garbato, allo stesso tempo virile e divertente. Certo, non sempre con consapevolezza, ma credo fermamente che ciò che conta sia il risultato. Non è questo, comunque, che mi fa sentire baciata dalla dea bendata, bensì il fatto che, come confermato dall'episodio del mio compleanno, Egli conosce i segreti di un'antica arte. Un'arte ormai sconosciuta ai più, le cui radici si perdono nella notte dei tempi, nascoste in qualche sperduto monastero in Tibet o all'interno di qualche film Disney, in cui occasionalmente compare pure Christian Bale: la nobilissima arte di fare regali bruttissimi o, in ogni caso, completamente fuori contesto, con ciò riuscendo soltanto ad aumentare il proprio fascino.
In quanto donna di una certa età (perché ammettiamolo, si è fatta una certa) ho alle spalle abbondanti trascorsi di regali pessimi, perfino di regali demmerda. Ricordo, ad esempio, che una volta per natale mi fu regalato un sellino per bici. Ma così, nudo e crudo, nemmeno impacchettato. Aveva un che di osceno. E' pur vero che sono una donna da bicicletta, tuttavia un sellino sotto l'albero non è proprio il sogno che culli fin da bambina, mentre rapi a zero le tue Barbie e ne scarabocchi le gambe, assurdamente lunghe, con i pennarelli indelebili. Un'altra volta, dopo che per mesi mi era stato preannunciato un regalo scelto col cuore, mi sono trovata a scartare un navigatore satellitare. Sono così ottimista che ho continuato a scartare anche la scatola del navigatore, sperando fosse un espediente per camuffare il vero regalo. Non che ci sia niente di male, in un navigatore. Non fosse che non me ne faccio una cippa. Non fosse che ogni cellulare moderno ne è, di fatto, dotato. Non fosse che, mal che vada, con un portatile e Google Maps supplisco egregiamente. Non fosse, soprattutto, che non sono un uomo, per cui so sempre come arrivare alla meta. Non fosse, in ogni caso e sopra ogni cosa, che dopo quasi 5 anni di rapporto e 4 di convivenza, prima di parlare di "regalo fatto col cuore " dovresti accertarti che i carati siano nel numero giusto, oppure avere già escluso ogni sospetto di emorroidi, perché è proprio là che potresti a breve trovarti connesso col Tom Tom, in un'intima corrispondenza di amorosi sensi.
Comunque, per amore di doverosa cronaca, la palma d'oro del Regalo da Sbocco va senza dubbio al supposto regalo di San Valentino 2008. Dico supposto perché, con una lungimiranza che ancora mi riempie di orgoglio, lasciai il mal capitato il giorno 13 febbraio, impedendogli di investirmi in pieno con l'orrore da dono, che mi fu soltanto declamato, come degno epitaffio della storia. Per comprendere fino in fondo il rilievo della vicenda, dovete sapere che all'epoca avevo seguito un paio di corsi di tango, ballo che mi piaceva moltissimo. Essendo però l'espansiva che tutti sanno, trovavo difficoltà a godermi appieno la cosa, avvinta al corpo sudaticcio di qualche estraneo. Per cui ero andata avanti per mesi a scongiurare il donatore di sbocco di venire con me, anche solo ad una lezione di prova, per regalarmi la gioia di qualche ora di ballo in scioltezza, di una guancia a cui potevo appoggiarmi senza che la fronte mi scivolasse via per il viscidume. Lui niente, fermo ed irremovibile come un ottuso fittone, disposto a sentenziare che il tango assolutamente non gli piaceva, sebbene non lo avesse mai provato. Giunge la fatidica sera del 13, io lo espello dalla mia vita senza appello, e cosa mi escogita il genio per convincermi a restare? Dopo aver dichiarato di amarmi nonostante i miei difetti, sentendosi magnanimo e forte delle sue convinzioni, esordisce raccontandomi il regalo che non ha avuto il tempo di darmi: un corso di ballo latino americano insieme. Poi mi fissa, fiero, mentre nell'aria galleggia chiaro il fumetto "capito cosa ti sei persa?". In effetti la sensazione di essermi persa qualcosa è forte, per cui gli chiedo ragguagli, del tipo: perché, per quale inconcepibile valutazione mi regali un corso di balli latino americani (tra l'altro, termine generico in cui le scuole poche serie fanno rientrare di tutto, dal ballo del qua qua al sirtaki) se da mesi ti chiedo di accompagnarmi a tango? Non era più facile, di miglior successo e, diciamocelo, più normale regalarmi un corso insieme di tango? Lui gonfia quel bel petto da tacchino egoriferito, mi fa il sorriso dell'uomo che ha visto cose che noi umani, e sentenzia: "Be', i rapporti sono fatti di compromessi. Tu volevi ballare il tango, a me non piace ballare, il compromesso è che balliamo il latino americano". Avevo solo due domande per lui: 1) in quale pianeta dimenticato da Dio i balli latino americani si posizionano quale soluzione mediana tra il tango e il non ballare? 2) anche volendo accogliere la tesi relazionale dell'eterno compromesso, il senso di un regalo non dovrebbe essere fare felice la persona che lo riceve, senza se e senza ma, evitando di creare due scontenti? Non gliele ho poste, gli ho elargito io un "ma", seguito da un "vaffa" molto a tono, e ho fatto un compromesso; lui voleva che io restassi, io volevo vedere quante volte potevo passargli sopra con la macchina prima di rendere i suoi connotati irriconoscibili, il compromesso è stato che me ne sono andata lasciandolo alla sua compromettente vita. Mi dicono che oggi sia eccezionalmente patito di tango. Quanta mestizia.
Ma torniamo al tema principe. Il regalo bruttissimo.  Il quale è tutt'altra cosa, e una donna lo sa. E' quel regalo che ti disorienta, ma su un altro fronte ti fa nascere un pizzicorio irresistibile di gioia. E' il regalo che ti fa pensare "porca pupazza, ma una seduta di epilazione con luce pulsata no?! Costava meno ed era meglio", ma allo stesso tempo ti fa sciogliere di tenerezza di fronte al tentativo audace di farti felice. E' quel regalo per cui guardi Lui e pensi "E' bello come una statua greca, poteva avere pure senso estetico?" e intanto ridi divertita. Molto più felice che se avesse azzeccato il regalo. Perché una Louis Vuitton, o una Furla non sono per sempre, un  uomo che ci ha provato e ha buffamente fallito te lo tieni ben stretto, sperando che i manici in  vera pelle (la sua) non cedano. Insomma, il regalo bruttissimo è come il più rachitico e spennacchiato dei cuccioli di un canile: lo guardi, pensi che sia orrendo, che non lo vorrà mai nessuno, e non ti accorgi che nel frattempo ti ha già conquistata.
Il mio Lui ha all'attivo due regali bruttissimi, felicemente imbroccati uno di seguito all'altro. Il primo per natale: si trattava di un timido tentativo, o forse di riscaldamento, per cui si presenta con un bel sacchetto, ingannevole, di dimensioni discrete e di fattura pregevole. Ci poteva stare che fosse un qualcosa di figo. Lì però il colpo di genio: scartoccio l'impacco e rilevo, con i miei occhietti avidi, una spazzola grande come una wok, in legno, e un pacchettino dell'Erbolario. Ok, vai di ripresa, la spazzola è un di più, il regalo sarà qualche profumo conturbante o una preziosissima crema idratante per il corpo, con scaglie d'oro e scrub al diamante, uno di quei prodotti che usi e subito  ti ritrovi ad urlare allo specchio "tu chi sei?", tanto la pelle ti è cambiata. No. Niente scaglie, niente diamanti ma, soprattutto, niente crema. Mi ha regalato un deodorante all'Iris. Aspetto che urli "scherzo!", ma non lo fa. Lo guardo davvero perplessa. Lui mi guarda davvero ansioso, sperando di averci preso. Poi mi spiega: ha memorizzato che ho rotto la mia unica spazzola districante (nodi 1-manico della spazzola 0) e non so più come sembrare umana e, soprattutto, distinguermi da Mafalda. Ha memorizzato che, dopo aver provato un campione dei deodoranti in crema dell'Erbolario, ne avevo decantato le virtù per 24 ore consecutive. Ha fatto 2 (notizie) più 2 (acquisti) ed è giunto alla convinzione del regalo perfetto. Io non so che dire. E' tutto giusto, mi servivano entrambi, ma certo uno si aspetta dei regali, non la lista della spesa. Mi scende un po' la catena, a lui un po' la palpebra, sembra davvero dispiaciuto. Nei mesi a venire la sua spazzola diventerà il mio solo oggetto di culto, perché scioglie i nodi meglio di un marinaio di lunga esperienza. Ma non glielo dico. Non glielo dirò mai, perché un uomo dispiaciuto è un vantaggio che non va mai perso, soprattutto se l'unico fine della perdita sarebbe gratificare il suo ego. Credetemi, un ego maschile, qualunque ego maschile, non ne ha bisogno.
Giunge, come detto, il mio compleanno. La sera prima, a poche ore dalla mezzanotte, lui rientra a casa, tutto sorrisoni e sbattute di ciglia. Io al regalo non ci penso proprio, so quanto lavora lui, non riesco neanche ad immaginare che sia riuscito a trovare il tempo di pensare, scegliere ed acquistare qualcosa di adatto a me.
Infatti non ci è riuscito. Ma lui è un temerario, un brave heart della Bassa, non teme nulla, non si arrende mai, disprezza il pericolo e non ha paura di fallire. Quindi, non solo mi ha comprato il regalo, ma non sta nella pelle all'idea di consegnarmelo. Talmente non vede l'ora che, mentre esce col cane prima di cena, mi va a recuperare il pacco che aveva prudentemente occultato in garage. Entra in casa tutto orgoglioso, con un enorme sacchetto dorato decorato a ghirigori, chiuso alla bersagliera e abbellito in cima da una finta rosa turchese, di cui qualche lapide sentirà la mancanza. Ai bordi il sacchettone, probabilmente classificato come smaltibile nell'umido, si sta disfacendo da solo. Non è soggetto a strattoni nè a pressione eccessiva, si sta semplicemente disfando, sciogliendo, o almeno si sta sciogliendo la Pritt con cui ne avevano incollato i bordi. Un sacco così può preludere soltanto ad un Regalo Bruttissimo, almeno che non sia un camuffamento, a scopo depistaggio, di un regalo di autentico pregio. Lo penso ma non lo dico, che se poi il finto oro nasconde il re dei regali la figura di merda è irrecuperabile.
Lui è talmente fiero che continua a fissare il pacco e alla fine mi convince ad aprirlo con un quarto d'ora di anticipo sulla mezzanotte. Che poi non lo apro, mi limito a dargli un cricco, il colpo fatale per gli ultimi avamposti di Pritt sui bordi macilenti. Vedo qualcosa di blu, il tipo di blu sbagliato, e mi suona l'allarme. Ora, signori uomini, chiudete Candy Crush Soda Saga e ascoltatemi per un momento: sì, esiste un tipo di blu sbagliato. Esiste una tonalità sbagliata per tutti i colori, è la tonalità che vira dallo Sfigato Andante con Brio, giù giù fino allo Sciatto Vecchiume da Bancarella. La Cosa è blu Didò (il link ha scopi meramente illustrativi, per quanti non avessero mai giocato col Didò, Non provate a rifarlo a casa, soprattutto se siete uomini) ed è chiaramente una borsa. Una borsa con il manico A TRECCIA (restate sedute, signore, è tutto sotto controllo), le finiture in  FINTO ORO (niente panico, ripeto, niente panico) ed una FINTA CERNIERA decorativa sul davanti che sembra la bocca di un mostro in un libro di Stephen King (procedete in fila per uno, con ordine, verso le uscite di sicurezza). E' una borsa assolutamente perfetta. Certo, per essere tale del tutto io dovrei compiere 50 anni di più di quelli che compio effettivamente, essere vedova da almeno venti, frequentatrice di chiese e dedita al collezionismo di gambaletti coprenti color carne. Ma è comunque pura perfezione, quella che esprime. E' la Grande Bruttezza, perché oltretutto è enorme. Sulle prime sono troppo sconvolta per capire il genio. e vomito sul malcapitato tutte queste considerazioni, aggiungendo la domanda alla Sherlock Holmes: "Te l'ha venduta una coppia di Vecchidimerda vero?", a cui lui replica, sinceramente colpito "Esatto! Ma come fai a saperlo?!". Io mi gingillo per un attimo con l'idea vanesia di rispondere "elementare", ma desisto. Perché l'ansia e l'attesa nel suo sguardo mi stringono davvero quel pezzettino di carbone che temo di avere al posto del muscolo cardiaco. Smetto di spiegargli che, anche se non l'ho mai visto, conosco perfettamente il genere di negozio in cui è stato. Uno di quei negozietti vecchi e tristanzuoli, gestiti da una coppia di emiliani della vecchia guardia, i quali con la bocca ti sorridono invitanti, parlando di cucina casalinga e bei tempi andati, e con la mano intanto ti svuotano il portafoglio per roba di dubbissima qualità, che paghi più di una borsa di Desigual. Gente così avvezza al concetto di customer care, da utilizzare sacchetti autodisfacentesi al posto della carta regalo. Sacchetti che, sono pronta a scommetterci, vengono diretti dai bidoni dell'immondizia davanti alla fu sede dell'ultima Upim bolognese.
Lui mi fissa triste, con quei suoi begli occhi grandi, neri, lucidi, un po' all'ingiù, come si confà al maschio che ti conquista a suon di cucciolaggine. Mi sale la rabbia, verso questi due soggetti che si sono approfittati di un giovane uomo ingenuo. Un giovane uomo digiuno delle leggi fondamentali della vita di coppia, il cui primo comandamento è: mai regalare una borsa ad una donna se non è stata lei a sceglierla. Il secondo recita "Dico davvero", ed il terzo afferma "No, non ci sono eccezioni accettabili". Comandamenti trasversali, che vanno dai negozi abusivi di cinesi, fino ai banconi dorati di Hermès. Perché non è importante quanto costa, quanti loghi stilosi riporta o quante dita hanno perso i bambini che l'hanno cucita a mano: una borsa che non piace resta un colossale tonfo, nella maschia carriera di coppia. Ma non questa volta, perché questa non è una borsa che non piace, è un autentico Regalo Bruttissimo, al cui fascino nemmeno io posso resistere. Lo capisco solo quando Lui, pur di farmi avere un regalo che mi piace, mi intima di recarmi presso il covo dei Vecchi Rubacchiotti, identificare uno o più oggetti di mio gradimento e riferirglieli, in modo che possa effettuare il cambio. All'idea avverto un brivido di disgusto (come può pensare che i Vecchi Rubacchiotti abbiano davvero qualcosa che mi piace?), seguito da una fitta al cuore, un senso di perdita, e capisco che non mi voglio affatto separare da quell'ammasso di Didò a forma di borsa. Non posso pensare la Grande Bruttezza in giro per il mondo senza il mio braccio a sostenerla. Non riesco più ad immaginarmi mentre arranco per le scale del Tribunale, senza quell'accessorio sconcertante accoccolato nella curva del mio gomito. Hanno vinto loro, lei e Lui. Anche perché così tante tasche e scomparti, in una borsa, io non li avevo mai visti. E comunque, come mi è stato suggerito da saggia amica, ci sono sempre gli Uniposca, validi alleati per trasformare uno scempio in un esemplare unico.
Dunque signori uomini, cosa ci insegna questa amena storiella? Che quello che conta veramente è vedere, a volte anche solo intravedere, l'uomo dietro il regalo, cioè un essere di sesso maschile determinato nello sforzo di renderci felici. Anche quando questo sforzo è titanico e oltre le vostre possibilità, anche quando provarci vuol dire andare incontro ad inesorabili fallimenti e ad annunciate sofferenze, tanto sicure quanto dolorose. Perché, stampatevelo bene in mente (soprattutto se siete portatori sani di petti di tacchino e teorie del compromesso), l'amore è tutto qui: volere il bene dell'altro, rischiando il tutto per tutto, sfidando tutti i sensi, quello buono, quello estetico e persino quello del ridicolo.  Perché ho imparato che, forse l'eleganza no, ma l'amore può benissimo stare in una infagottata borsa di Didò.
Ah, se non siete all'altezza del compito, perché poco temerari o per nulla fantasiosi, non vi crucciate: la vostra carta di credito corredata di pin e fondo illimitato supplirà egregiamente alla mancanza. Almeno per un giorno.

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