Di norma amo scherzare (...) sulla schiacciante superiorità della mente di noi donne rispetto a quella (...) maschile. Devo ammettere però che, di recente, la riflessione su decenni di relazioni sentimentali scazzaterrime, mie e altrui, ha incrinato le mie certezze in merito a questa maestosa eccellenza naturale.
L'ho detto e lo confermo,
noi donne l'ansia ce l'abbiamo di serie e forse questo mina un tantino, qui e là, la nostra capacità di giudizio; ma ci deve essere per forza qualcosa di più. Tipo un accenno di vena masochistica. Insomma, o ci piace soffrire o essere felici ci fa paura. O tutte e due le cose.
noi donne l'ansia ce l'abbiamo di serie e forse questo mina un tantino, qui e là, la nostra capacità di giudizio; ma ci deve essere per forza qualcosa di più. Tipo un accenno di vena masochistica. Insomma, o ci piace soffrire o essere felici ci fa paura. O tutte e due le cose.
La leggenda dell'uomo maledetto e bastardo, che stende le donne più di una corda per i panni, è ben poco leggenda: per noi il fascino dello stronzo egoista, sentimentalmente stitico, sessualmente incontinente, talmente concentrato su di sé da sussultare sorpreso quando ti trova in casa (la TUA casa, da anni), è assolutamente irresistibile. Sguazziamo serene nella salamoia del dubbio (qualcuna con tanto di paperella di plastica), ci crogioliamo goduriose nella selva di segnali contrastanti, perché leggere la parola "amore" dove non c'è nemmeno la traccia mezzo cancellata della parola "simpatia" è il nostro passatempo per eccellenza. Anni di repliche della "Signora in Giallo" ci hanno convinte che con una matita e un blocchetto di carta è possibile far saltar fuori qualsiasi messaggio desiderato.
La sindrome da paginone della Settimana Enigmistica in abbinata a quella della crocerossina ci fa compagnia da sempre, per cui abbiamo una consumata preferenza per i maschi complessi (leggasi: sociopatici), ombrosi (leggasi: cafoni), feriti dalla vita (leggasi: una palla di lamento continuo e di ininterrotta declinazione di qualsivoglia responsabilità), incapaci di comunicare con gli altri (leggasi: analfabeti. Pure), patiti del sesso occasionale o, addirittura, a pagamento, refrattari a rapporti duraturi con chiunque e qualunque cosa. Crediamo sempre di essere le sole a vedere il Bello dietro la Bestia, le uniche che ne comprendono la bontà, che capiscono il suo bisogno di essere risvegliato dal vero amore, il nostro. Siamo le eterne concorrenti di un'edizione speciale di Giochi Senza Frontiere in ambientazione sentimentale, nella quale non vinciamo mai e in cui riusciamo ad ottenere soltanto che a condurre non siano nè Frizzi nè Jocelyn. Che è comunque più di quanto gli spettatori canone-paganti della Rai abbiano mai osato sperare.
La sindrome da paginone della Settimana Enigmistica in abbinata a quella della crocerossina ci fa compagnia da sempre, per cui abbiamo una consumata preferenza per i maschi complessi (leggasi: sociopatici), ombrosi (leggasi: cafoni), feriti dalla vita (leggasi: una palla di lamento continuo e di ininterrotta declinazione di qualsivoglia responsabilità), incapaci di comunicare con gli altri (leggasi: analfabeti. Pure), patiti del sesso occasionale o, addirittura, a pagamento, refrattari a rapporti duraturi con chiunque e qualunque cosa. Crediamo sempre di essere le sole a vedere il Bello dietro la Bestia, le uniche che ne comprendono la bontà, che capiscono il suo bisogno di essere risvegliato dal vero amore, il nostro. Siamo le eterne concorrenti di un'edizione speciale di Giochi Senza Frontiere in ambientazione sentimentale, nella quale non vinciamo mai e in cui riusciamo ad ottenere soltanto che a condurre non siano nè Frizzi nè Jocelyn. Che è comunque più di quanto gli spettatori canone-paganti della Rai abbiano mai osato sperare.
Magari tutto questo ci appare intrigante, ma la verità è un'altra cosa ed è ora di dirla: quando uno non comunica con gli altri o è sociopatico davvero, o non ha nulla da dire, quindi inutile mettergli in bocca ed in testa profondi pensieri che non gli hanno mai nemmeno accarezzato il lobo frontale del cervello. Quando non ti chiama, non ti messaggia, non ti cerca è perché non ha nessuna voglia di sentirti, leggerti, vederti. Quando lascia che tu porti fuori il vostro cane alle due di notte, da sola, facendo lo slalom tra cocci di bottiglie rotte, tossici che rantolano a terra e ubriachi appesi alle confezioni di Tavernello, è perché nella sua scala di valori la tua morte violenta per aggressione viene purtroppo una tacca sotto il mantenimento della forma a divano delle sue chiappe. Quando, dopo anni di convivenza, fa la spesa per uno (e quell'uno è invariabilmente lui, mai tu) è perché ha saldamente rimosso la tua presenza al suo fianco. Quando si incazza se è ora di cena e tu sei ancora al lavoro o, dio volesse, per i fatti tuoi, non è gelosia, è segno che ti ha preso per sua madre e quindi sì, hai conquistato il dovere morale di accudirlo. Quando finalmente, stremata, lo lasci e lui piange tutte le sue lacrime con gli amici, su Facebook, su Twitter, sulla chat di Ruzzle, e il tutto fa dal solito divano, non significa che ha capito troppo tardi quanto gli hai cambiato la vita, significa che, per l'ultima volta, il match fidanzata Vs. chiappa-a-forma-di-sofà è finito con un telefonatissimo 0-10. E c'è da sperare che fosse davvero l'ultima volta.
Lo so che molte si ritroveranno negli agghiaccianti dettagli di cui sopra, ma posso giurare che i riferimenti a milioni di storie sono casuali, anche se non inconsapevoli. E non sto nemmeno svelando indelicatamente alcun segreto esistenziale: qualsiasi uomo, di qualunque età, condizione ed orientamento sessuale, interrogato sulla questione, risponderebbe esattamente quello che ho scritto sopra ed avrebbe ragione. Perché loro non sono noi. Perché loro sono semplici. Talmente semplici che a noi non paiono credibili, per questo i pareri li chiediamo soltanto alle altre donne, per scavare a 4, 6, 8 e più mani sotto questa semplicità che ci dà la nausea. Non molliamo mai, si sa, le nostre convinzioni le difendiamo fino alla morte, soprattutto se sono straordinariamente infondate. Ma non è colpa nostra: siamo così abituate ad avere ragione, che le poche volte in cui ci troviamo dal lato del torto semplicemente non riconosciamo il posto. Insomma, un problema di percezione dello spazio, un po' come nei parcheggi.
Lo so che molte si ritroveranno negli agghiaccianti dettagli di cui sopra, ma posso giurare che i riferimenti a milioni di storie sono casuali, anche se non inconsapevoli. E non sto nemmeno svelando indelicatamente alcun segreto esistenziale: qualsiasi uomo, di qualunque età, condizione ed orientamento sessuale, interrogato sulla questione, risponderebbe esattamente quello che ho scritto sopra ed avrebbe ragione. Perché loro non sono noi. Perché loro sono semplici. Talmente semplici che a noi non paiono credibili, per questo i pareri li chiediamo soltanto alle altre donne, per scavare a 4, 6, 8 e più mani sotto questa semplicità che ci dà la nausea. Non molliamo mai, si sa, le nostre convinzioni le difendiamo fino alla morte, soprattutto se sono straordinariamente infondate. Ma non è colpa nostra: siamo così abituate ad avere ragione, che le poche volte in cui ci troviamo dal lato del torto semplicemente non riconosciamo il posto. Insomma, un problema di percezione dello spazio, un po' come nei parcheggi.
Non accettiamo la semplicità nemmeno quando la Divina Provvidenza (al secolo la Sacrosanta Botta di Culo), commossa dai nostri ghirigori mentali, ci manda l'Uomo Normale, o addirittura la sua versione de luxe super accessoriata, l'Uomo Buono. Quello la cui età anagrafica corrisponde all'età mentale (di solito per ottenere la seconda devi sommare le cifre che compongono la prima), quello che ti guarda per vederti, non perché cerca di seguire il palinsesto di Nuvolari attraverso le tue narici, illudendoti di ascoltarti (crede lui), o perché gli si è impallata la pupilla mentre immagina di ordinare il nuovo panino a cinque piani di Mc Donald's. Quello che si ricorda che durante una vacanza del 2008 in Sardegna hai espresso interesse per il gelato al latte di capra crudo e te lo fa trovare in freezer la sera. Quello, in sintesi, che è contento e desideroso di stare con te (e persino con la tua cellulite), che tu ci creda o meno. Solo che noi non ci crediamo. Mai. Logica vorrebbe che, soprattutto se provenienti da una serie ininterrotta di stronzi da generazioni (garantiti dalla presentazione di regolare albero genealogico), si accolga come una benedizione l'avvento dell'Uomo Buono. Invece no. Implacabili, vogliamo che ci sia dell'altro sotto, qualcosa di non detto o non visto che solo noi possiamo scoprire. E siccome le azioni dell'Uomo Buono sono già fin troppo belle, sconfiniamo dall'altra parte e immaginiamo dei retro pensieri terrificanti, da telenovela brasiliana dei bei vecchi tempi in cui le davano su Rete4 ("non gli piaccio veramente, fa così per arrivare alla mia amica del cuore/sorellastra-appena-ritrovata/estetista-in-realtà-di-nobili-origini, che lei sì è figa") o da rivista femminile di bassa quota ("fa così perché è scientificamente provato che i maschi di scimpanzè, umani e di cinciallegra delle Ande sono accomunati da un'attenzione sessuale limitata, che si consuma in appena 6 mesi, dopo i quali passano alla preda successiva o si danno al golf") o ancora lo attendiamo al varco come dei falchetti, pronte a cogliere il primo sintomo di un possibile passo falso ("sono passati 35 secondi da quando gli ho mandato un messaggio su whatsapp e ancora non ha risposto! Lo dicevo io che non poteva durare..."). L'Uomo Buono buono lo è per davvero, ma esiste anche per lui un limite di carico degli zebedei e a volte finisce che lo stressiamo fino alla fuga, con il sollievo della conferma che non era poi così eccezionale né interessato, e la conseguente liberatoria a procedere con entusiasmo verso il successivo Uomo Sbagliato.
Penso ce ne sia abbastanza per dimostrare la mia tesi: noi donne abbiamo paura di essere felici, la sofferenza cronica ci pare sempre più congeniale e accettabile, rassicurante persino. Non mi lancerò in un'analisi su come ciò sia il prodotto di secoli di condizionamento sociale, né aprirò un dibattito sulle possibili cause genetiche della devianza. Lascio il tutto a chi è più qualificato di me, o, in mancanza, a Giacobbo, perché ne tragga una bella puntata di Voyager, eventualmente con seconda puntata di approfondimento sui collegamenti tra i Maya, gli alieni e l'Uomo Buono. Io, per il momento, mi limiterò ad un pacato appello. Gentili signore, se proprio voi, culacchielle che non siete altro, siete appena inciampate in un Uomo Buono, con tutti i suoi accessori di lusso (perfino l'applicazione da shopping "ti tengo io le borse che sono pesanti"); se per caso costui vi ha annunciato che vuole stare con voi (sì, proprio con voi, smettetela di guardarvi intorno incerte); se per buona misura ha aggiunto che gli piacete proprio tanto; se, non paga, Nostra Signora della Botta di Culo ve lo ha davvero mandato b(u)ono; ecco, in questo caso e in tutti quelli simili, fate un favore a voi stesse e alla mandria imbufalita di femmine abbonate all'Uomo Sbagliato (che spesso di sbagliato ha avuto pure il lavaggio, essendo informe come un maglione degli anni '90): abbandonate per un secondo la vostra superiorità mentale, i vostri schemi intellettivi da Machiavelli (ed intendo il gioco a carte) e gli insegnamenti appresi durante l'addestramento CIA. Respirate. Quindi, limitate le iniziative nei confronti dell'Uomo Buono alle uniche due possibili: ringraziate e godetevelo. Potrebbe essere persino meglio del gelato al latte di capra crudo.
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